E siamo arrivati al redde rationem. Ieri i giornali ex amici e fiancheggiatori del teatro, e soprattutto della precedente amministrazione, non hanno badato a spese, scritturando economisti e opinionisti forse all'oscuro del lavoro specifico dei musicisti e della situazione reale in Italia e all'estero, per sostenere la tesi di Fuortes, sapendo che è la tesi di Nastasi, che conosciamo da tempo. Il grande grosso direttore generale dello spettacolo che ha trovato un posto fisso anche a sua moglie, Giulietta Minoli, al San Carlo di Napoli, costringendo la poveretta ad andare su e giù per un tozzone di pane, vuole precarizzare tutte le orchestre, nel preciso intento di ridurne drasticamente il numero e di far girare le poche sopravvissute da nord a sud della penisola come trottole. Con quali vantaggi per la musica non l'ha mai spiegato ( ma anche per le finanze), perchè non lo sa, non capendoci un fico secco.
Per ridurre, anzi eliminare - giustamente - la possibilità che lo sciopero di un gruppetto, al quale si oppone la maggioranza, mandi all'aria una recita per ragioni non sempre comprensibili e difendibili, la ricetta che si propone è: sciogliamo l'orchestra (ma anche il coro) e rifondiamola, facendo contratti a tempo ( stagione, annuale o triennale), esternalizzando l'elemento principale di un teatro: i musicisti, che fornirebbero le loro prestazioni, secondo contratto e per le recite stabilite, lasciando loro la possibilità di esercitare anche e contemporaneamente la libera professione, prima proibita
da un decreto del solito Nastasi, un paio d'anni fa, salvo che non fosse di iniziativa dell'ente dal quale i musicisti dipendevano ( la clausola serviva a salvare la Filarmonica della Scala, emanazione della stessa orchestra del teatro, dal quale è autorizzata, e che permette ai musicisti, organizzati in autonomia (diciamo così) di guadagnare molto, restando nel ventre della Scala medesima.
L'esternalizzazione e la conseguente precarietà del rapporto di lavoro dei musicisti dovrebbe , secondo Fuortes (leggi: Nastasi) essere il toccasana per ogni male al Teatro dell'Opera di Roma, per cominciare. E non è detto che il modello sperimentato a Roma non possa poi esser esportato - che è ciò che Nastasi vuole e va accarezzando da tempo e continuerà a farlo, fino a quando qualcuno non si sveglia e lo manda a casa, come sembrava volere anche Orfini, ora al vertice del PD di Renzi, non più tardi di un anno fa, parlando delle difficoltà dei teatri. E del resto che questo modello 'all'italiana' non funzionerà ce lo ha raccontato già l'esperienza disastrosa, e più costosa, del Regio di Parma, sotto la gestione Meli ( con un'orchestra che è costata di più ma che in termini di qualità ha reso di meno. Chi volesse informarsi di quella tragedia legga il blog di Luigi Boschi, nel quale è stata raccontata per filo e per segno anche negli aspetti tragicomici oltre che giudiziari) o quella del Petruzzelli, modello Fuortes, che ha assoldato giovani musicisti, tramite concorso, li ha contrattualizzati per un triennio e dopo si vedrà. Poi quando è andato via, il successore, Biscardi, ha dovuto cancellare due titoli dal cartellone, per mancanza di soldi ( in quello stesso bilancio che Fuortes aveva risanato, come dice di aver già fatto in pochi mesi anche a Roma. ma chi gli può credere?) ed il direttore principale Rustioni ha preferito lasciare. Il posto fisso occorre dimenticarselo. ma questo andrebbe detto anche a Fuortes e pure a Nastasi che siedono saldi, incollati, alle loro poltrone da anni , almeno un decennio.
Fuortes e Nastasi hanno suggerito ai giornali amici le pezze d'appoggio di tale loro progetto disastroso: le più grandi orchestre straniere, specie quelle europee, hanno una organizzazione simile. Sì, simile, forse, ma Nastasi e Fuortes dimenticano di dire che le storie dei Wiener o dei Berliner sono molto diverse.
Con questa buffonata si vuole coprire l'incapacità degli amministratori - in ciò Fuortes e Marino sono dei campioni - di governare l'emergenza. I giornali ieri ci riferivano di scioperi anche a Chicago, per le stesse ragioni per cui in tutto il mondo si sciopera: stipendi e garanzie - come a dire che gli scioperi inseguono il m. Muti - a seguito dei quali un concerto di Muti era saltato; ma dopo quello sciopero i concerti sono ripresi regolarmente. Se Fuortes avesse saputo gestire l'emergenza forse il caos presente non si sarebbe mai neppure materializzato. E del resto anche al MET c'è stato qualcosa di simile. Gelb ha detto ai sindacati che di soldi ce ne erano meno e che quindi i compensi andavano ridotti. Di fronte a simili realtà che fare? Accettare, suggerisce la ragione e così hanno fatto a New York; esternalizzare vuole la triade Fuortes-Nastasi(Franceschini)-Marino: i barbari.
Infine. Mentre credono di poter realizzare facilmente questa rivoluzione copernicana , per cominciare a Roma, per poi estenderla altrove, all'Opera non sono capaci di trovare un direttore per l'Aida inaugurale abbandonata da Muti. Ma che c. ci stanno a fare? Pensano che rendendo ancor apiù difficile la situazione faranno ingoiare il rospo della ristrutturazione?
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