I sindacati, giustamente per una volta, hanno rimproverato a Fuortes il voltafaccia di chi a fine settembre dice che, con il pano di risanamento votato a maggioranza e con l'accesso ai benefici della Legge Bray, l'Opera di Roma può riprendere tranquillamente il suo cammino, anche senza Muti - se ne faranno una ragione visto se non c'è ripensamento e se ne è andato non lasciando un recapito dove fargli pervenire la posta, e due giorni dopo dice che l'Opera può ripartire solo con un licenziamento collettivo dell'orchestra e del coro - come fossero una entità unica, e non fatta di singoli, artisti, come li chiama lui, quando serve - che poi torneranno - tutti si precipitano ad assicurarlo -a lavorare all'Opera di Roma, in forma di cooperativa e non è detto che sia l'unica ad essere scritturata dal teatro. Dove si vede che la confusione è grande sotto la volta del Costanzi e nella mente di Fuortes e di chi lo sostiene, ormai contro tutto e tutti ed ogni pur minima logica lavorativa.
La cosiddetta esternalizzazione dell'orchestra e del coro porterà al teatro un risparmio - ma solo sulla carta se anche nella realtà staremo a vedere a suo tempo - di 3.500.000 Euro, all'incirca la somma che l'arrivo degli sponsor in fila avrebbe portato, a dire di Fuortes - è sempre lui che fa e disfa, ed ora millanta nel caso degli sponsor che non si sono mai visti all'Opera di Roma, dai tempi di Alemanno - forse per giustificare la decisione drastica del licenziamento collettivo, che deve comunque ancora spiegarci che cosa vuol dire. Perchè una cosa è assumere alcuni musicisti riuniti in cooperativa, e dunque stipulando un contratto con un ente giuridico cooperativistico, altra cosa è licenziare un orchestra che non è un soggetto giuridico, finché non si costituisce come tale, bensì la somma di tanti soggetti, con ciascuno dei quali il teatro ha fatto un contratto che con il licenziamento interromperà. Fuortes non può inviare una lettera di licenziamento all'Orchestra ed una seconda al Coro, non c'è indirizzo cui farla pervenire. Le lettere saranno 182 quanti sono i musicisti di orchestra e coro. Senza che ancora abbia spiegato la ragione del licenziamento, che non può essere quella del fallimento perché di fatto il teatro non chiude; potrebbe essere discriminatoria, visto che si licenziano solo coloro i quali nelle cui fila ci sono state le defezioni ben note, gli amministrativi ed i tecnici non si toccano. Illecito, perchè anche nell'attesa riforma dell'art. 18, tale tipo di licenziamento non è consentito e il giudice del lavoro, qualora chiamato in causa, può sentenziare la riassunzione. Già c'è anche il rischio che i sindacati dei licenziati - che hanno i loro bei torti, in relazione alla tragedia - si decidano ad adire le vie legali, il che farebbe veramente piombare l'Opera di Roma nel baratro più nero. Ora la valanga procurata da Fuortes è solo al punto di partenza, dove arriverà seminando distruzione dappertutto non è dato ancora sapere. Certamente nella sua forza distruttrice, per quanto possa fare i salti mortali per evitarla, il primo ad esserne travolto sarebbe - dovrebbe essere - Fuortes che non è stato capace di trattare all'inizio della protesta, figuriamoci se sa farlo ora che la situazione si è ancor più aggravata.
Ma forse la tragedia dell'Opera di Roma riuscirà per una volta a ricompattare il settore che negli ultimi anno è andato avanti in ordine sparso. Ne siamo quasi certi, dopo la presa di posizione anche di Scala e Santa Cecilia che avrebbero potuto tenersi fuori dalla mischia, un volta ottenuta l'autonomia di gestione che le diversifica nettamente dalle altre fondazioni che , in coro hanno protestato.
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