Le candidature italiane erano infinite, come al solito. Un anno fa circa la prima scrematura, ad opera di una commissione che esaminò tutte le candidature; ne eliminò definitivamente dalla corsa alcune, ne mantenne altre, una rosa ristretta.
La delusione più grande fu per l'eliminazione, dalla rosa ristretta, della città dell'Aquila, duramente segnata dal terremoto nel 2009, che allora - ma solo allora - poteva pensare che il 2019 poteva essere una data per la definitiva rinascita della città, davanti al mondo. L'eliminazione sembrò una ingiustizia e frutto di grave insensibilità nei confronti della città martoriata. No, non fu così. Noi, allora direttore di Music@, dalle pagine della rivista lanciammo immediatamente, all'indomani del terremoto, e dunque quasi dieci anni prima del 2019, la candidatura dell'Aquila, che avrebbe potuto essere una spinta a ricostruire non nei tempi classici del malcostume e 'ruba-ruba' italiani. Dieci anni sono un tempo sufficientemente lungo per programmare e attuare la rinascita di una storica città distrutta. Lavorando e rispettando i tempi.Tornammo sull'argomento all'indomani della bocciatura, quando i politici cittadini se la presero con la cattiva stampa e non con le lungaggini burocratiche, i veti incrociati, gli interessi sporchi e nascosti, le ruberie - come sostennero sia Cialente che la famosa ex assessore Pezzopane, Susanna, recentemente ancora agli onori della cronaca per il suo amore nei riguardi di un ex tronista della premiata ditta 'defilippimaria', molto più giovane ed anche più aitante dell' assessore, ora senatrice.
Ma come si poteva pensare che cinque anni prima dell'appuntamento europeo, venisse presa in considerazione la candidatura di una città che non esisteva ancora, benché dal terremoto fossero passati già cinque anni? E non era ancor accaduto ciò che avrebbe esposto L'Aquila e l'Italia agli insulti del mondo: il progetto Ca.Se, costosissimo, che va a pezzi. con i balconi dichiarati inagibili, perché cascano, e gli abitanti reclusi in casa.
Non che a Matera le cose siano messe meglio; e comunque Matera è stata scelta come 'Capitale europea della cultura' per il 2019, sull'onda emozionale che ha spinto alcune produzioni cinematografiche internazionali a girarvi film famosissimi, ammirate dalla sua architettura assolutamente unica, i suoi 'sassi'. I quali, da qualche anno, sulla base di un turismo d'élite internazionale, sono stati riqualificati ed oggi, come già i trulli, sono richiestissimi.
Un lungo reportage di Repubblica, ci ha mostrato quanto altrettanto 'sgarrupata' sia Matera, non servita da nessuna linea ferroviaria nazionale, ma solo da una tradotta che da Bari a Matera copre la distanza di una settantina di km in un paio di ore e più. Una ferrovia, in verità, delle FS, avrebbe dovuto esserci, e nel tempo si sono spesi per viadotti (nel deserto) e gallerie che hanno deturpato il paesaggio, ed anche per la stazione, oltre 200 miliardi di vecchie lire. Ed altrettanti ne servirebbero per metterla in funzione, ma nessuno ci pensa a farlo. Una vergogna. Che si potrebbe eliminare almeno abbattendo quella stazione fantasma e i viadotti che grideranno, altrimenti, vendetta, per i secoli futuri. Perché si fa presto a costruire con il cemento armato, ma quello, una volta impiantato, ha bisogno delle bombe per essere distrutto. Ora sperano, a Matera, sui 600 milioni di Euro che dovrebbero essere investiti per l'occasione e nei cinque anni che ci separano dall'appuntamento europeo; nel frattempo hanno programmato che i turisti, qualche milione, attesi a Matera, saranno trasferiti dall'aeroporto di Bari a Matera con bus, in numero sufficiente. Rimedi all'italiana per candidature di città 'sgarrupate'.
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