Io che non vedo mai la televisione ho scoperto l'esistenza di Fiorello - il popolare presentatore di Karaoke - esattamente come quell'astronomo che scoprì l'esistenza del pianeta Plutone non già perchè l'avesse visto, ma perchè alcune anomalie gravitazionali gli avevano fatto suppore che lì dovesse esserci un pianeta.
Infatti, io ho scoperto l'esistenza di Fiorello perchè una sera sono entrato in una tabaccheria di Torino e ho notato che tutti gli uomini presenti (tranne me) portavano la coda di cavallo.
Questo succedeva per lo meno diciotto mesi fa. Dopodiché Fiorello è diventato ancora più celebre, si è messo ad occupare le piazze di importanti città, in un paio di occasioni c'è scappato il morto.
Sulle pagine dei quotidiani gli intellettuali italiani, turbati, hanno incominciato a porsi e porci (:porre a noi) una domanda quanto mai profonda e stimolante: "ma Fiorello è di destra o di sinistra?".
Il segreto, o uno dei segreti, del successo di Fiorello probabilmente sta proprio nel fatto che gli intellettuali italiani continuano a farsi domande del genere.
Da parte mia trovo che il karaoke sia, considerate tutte le forme di cretinismo patenti o striscianti della nostra civiltà, un fenomeno non preoccupante: che la gente abbia ancora voglia di cantare mi sembra in fondo positivo. Purtroppo, il karaoke nega l'antico principio di fare musica insieme: nel senso che una cosa è fare musica guardandosi negli occhi, provando e riprovando, e un'altra è cantare improvvisando su una base registrata, guardando una pallina che salta sulle parole.
L'effetto più deleterio del karaoke l'ho comunque rilevato ad u concerto di Bruno Campanella al Teatro Regio (Torino), dover arrivato il momento del bis il pubblico gridava: 'La marcia di Aida', 'Il mattino del Peer Gynt ', 'Ritorna vincitor', 'Va pensiero', come se il coro e l'orchestra del Regio fossero un juke-box.
Ma non mi sembra un comportamento molto più incivile di quello di tanti "ntenditori" che giudicano un'esecuzione sulla base del disco che conoscono a memoria.
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