giovedì 17 giugno 2021

Orchestra Sinfonica Siciliana. Ah, povera patria!

 La storia travagliata dell'Orchestra Sinfonica Siciliana non comincia ora, anche se, si spera, stia per finire.

 Comincia molti anni addietro. Se la memoria non ci inganna, comincia quando l'illuminato  Barone Agnello - in quel caso gli mancò il lume della ragione!- volle sostituire Roberto Pagano che da anni guidava l'Orchestra come direttore artistico. Basta con i vecchi, aveva detto il barone, riferendosi a Pagano, senonchè Agnello di Pagano era più vecchio. Perciò: via il vecchio Pagano,  dentro il più vecchio Agnello!

 Forse da quel momento, o subito dopo, comincia il declino dell'Orchestra che di vicissitudini ne ha vissute tante, complice la politica ben contenta di distruggere ogni cosa che funzioni e di metterci comunque le mani.

 A Palermo c'è anche una Fondazione lirica, il Teatro Massimo, ma lì le cose sono blindate da un patto con l'amministrazione comunale, della quale l'attuale sovrintendente è emanazione diretta. Laddove dovesse cambiare di colore quell'amministrazione, come già accaduto in passato, le ripercussioni si avranno anche nella dirigenza del Massimo.

Negli anni Ottanta - all'epoca dirigevamo Piano Time - Pagano, che non conoscevamo di persona, ci invitò a Palermo ad un concerto dell'Orchestra con la pianista Rosalyn Tureck, una celebrità; in programma musiche di Franz Liszt. Erano quelli gli anni migliori dell'Orchestra. 

Dopo Agnello, all'Orchestra Sinfonica Siciliana c'è stato un susseguirsi vorticoso di direttori, commissari che certamente non hanno fatto niente di buono. 

Fino ad oggi quando con l'arrivo del nuovo sovrintendente, Vaccari, le cose potrebbero normalizzarsi. Diciamo: potrebbero, perchè quell'orchestra, ad immagine della Palermo del passato, resta un 'porto delle nebbie'.

Vaccari si trova già, fresca di nomina, una direttrice artistica, Gianna Fratta, nominata dallo stesso Commissario che ha nominato anche lui.

Abbiamo appena letto di fretta la stagione approntata dalla neo direttrice artistica per quest'estate. E la sorpresa maggiore ci è venuta dall'elenco dei direttori ospiti, quasi tutti stranieri, dei quali nulla sappiamo.

La prima riflessione viene proprio da questa lettura. Quando si dice che la Fratta - lo scrive Lei nel suo curriculum- ha diretto orchestre internazionali (che noi sappiamo essere 'internazionali' nel senso che non sono italiane) noi che di musica un pò ci intendiamo, scopriamo immediatamente che si tratta di orchestre di terza o quarta categoria. Dobbimao ripeterlo fino alla noia. Niente contro di quelle orchestre, ma evidentemente sono orchestre al cui giro appartengono  i direttori ospiti dell'Orchestra siciliana.  E neppure vogliamo dire che la Fratta li inviti per farne oggetto di scambio. No, non lo pensiamo neppure. Il fatto è che se uno conosce  ambienti di una certa categoria 'musicale' - terza o quarta, abbiamo detto, senza nessun intento denigratorio o spregiativo - è chiaro che ad esse fa riferimento e ricorso per la sua attività di direttrice artistica. Non può essere altrimenti. E se così continua, è altrettanto evidente che direttori di una categoria superiore a Palermo non torneranno, sia perchè lei non li inviterà sia perchè se invitati si rifiuteranno. 

Rifare la 'verginità' artistica di una orchestra come anche di qualunque istituzione musicale per la quale si invochi rispetto, è operazione lunga ma che va costruita giorno dopo giorno, con determinazione ed intelligenza.

 Un esempio chiarirà il nostro pensiero, attinto alla nostra ormai lunga esperienza giornalistica.

Quando l'editore Perilli ci chiese di progettare una rivista di musica dedicata principalmente al pianoforte, noi eravamo alla prime armi in tale settore, nonostante che avessimo già scritto per Paese Sera, per qualche rivista musicale italiana per l'Istituto per l'Enciclopedia Italiana Treccani, e per Radio Tre, ed avessimo pubblicato un importante studio su Telemann sulla Nuova Rivista Musicale Italiana. Ma nessuna direzione e nessuna progettazione di nuova rivista.

 Ci proponemmo immediatamente di giocare bene la carta che in quel momento avevamo in mano. Conoscevamo musicisti, fra di loro c'erano anche nostri amici, ma per un momento dimenticammo tutto questo e puntammo in alto,  scegliendo fra  i collaboratori tutti i 'numeri Uno' di ogni settore musicale cui la rivista intendeva dare spazio. 

 Piano Time ebbe subito fin dal primo numero le migliori menti e penne italiane fra i suoi collaboratori, e più avanti anche  personalità internazionali. Insomma ci prefiggemmo di non accontentarci di nulla ma di avere il massimo. E così fu, tanto che Piano Time fu per tutti gli anni della nostra direzione, quasi otto, la più importante ed autorevole rivista di musica in Italia, apprezzata anche all'estero.

 Naturalmente non vogliamo insegnare nulla a Gianna Fratta, nè tanto meno a Giandomenico Vaccari. ma se qualcosa sappiamo per certo è che, per sollevare le sorti dell'Orchestra siciliana loro affidata, devono puntare in alto, molto in alto, e mai accontentarsi dei risultati raggiunti.

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