martedì 3 novembre 2020

Marino Sinibaldi, 'ab aeterno' direttore di Radio 3, prova a smontare quel mondo che lo porta in palmo di mano, rivolgendogli accuse pesantissime

Non ricordiamo più da quanti anni Marino Sinibaldi  è al timone di Radio 3, dopo esserne stato prima vice timoniere e voce storica. Sicuramente  da più di dieci, e, senza dubbio, anche meritatamente. Anche se a noi gli eterni non sono mai piaciuti,  perché sappiamo che per divenirlo il prezzo che si paga, in termini di trasformismo ed adeguamento, è altissimo. E Sinibaldi certamente non ha fatto eccezione.

 Di lui altre volte abbiamo scritto, anche raccontando di un fatto che ci riguardava e che coinvolgeva  direttamente un suo 'sottoposto' come dall'Ongaro, sul quale - per le ragioni che abbiamo appena detto - non osò intervenire.

 Nel tempo Sinibaldi ha allargato il suo potere inventando festival e feste in giro per il paese, sponsorizzati da Radio 3 che, a sua volta, ha acquisito via via altro potere.

 E' per questo che ci ha sopresi leggendo quanto ha dichiarato ieri a La repubblica, sulla chiusura dei teatri:

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 " In queste settimane abbiamo assistito ad un vero e proprio tradimento da parte degli intellettuali (ma che ora gli sono estranei? ndr). Quando ho osato scrivere su 'Internazionale' che per tutelare la salute pubblica era giusto chiudere teatri e cinema, sono stato crocifisso. Come se non avessi a cuore le ragioni dette da Nicola Lagioia  e da Alessandro Baricco: è ovvio che senza il teatro la polis si disgrega, ma bisogna avere il coraggio di essere impopolari suggerendo strade realistiche.

A me pare che il ceto pensante abbia rinunciato ad una funzione fondamentale che è l'assunzione di responsabilità. E' prevalsa la strada più facile della retorica e della lamentazione.

 Nessuno ha detto quello che tutti sappiamo e cioè che cinema e teatro erano semideserti. Parlo anche da ex presidente del Teatro di Roma: gli scrittori non vengono a teatro neppure gratis. E lo scoprono solo ora che lo perdono?"

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E via continuando con una perorazione a favore della della radio, nel ridisegnare un nuovo mondo. Insomma Sinibaldi si sveglia nel bel mezzo della pandemia e scopre che i successi  passati  del mondo della cultura erano inventati, anche quelli da lui sbandierati negli anni in cui era al vertice del Teatro di Roma.

 Non sappiamo se anche quelli di feste e festival da lui inventati nei quali ha coinvolto Radio 3 appartengono a questa categoria. Vien da pensare che non fanno eccezione, altrimenti verrebbe da dire che tutto il mondo va a schifio,  ma solo quello nel quale mette le amni Sinibaldi è un paradiso!

Al di là degli annosi problemi del mondo della cultura e dello spettacolo, che anni fa ha ricevuto la prima mazzata da quel grand'uomo di Salvio Nastasi ( era già allora con Franceschini!) con  il suo 'algoritmo', che lo ha decimato, inutile negarsi che la paura del contagio ha dato a quello stesso mondo una seconda drammatica mazzata. C'è da meravigliarsi che oggi più di sempre i cittadini abbiano paura a recarsi a teatro o a cinema?

Noi stessi, un pò di giorni fa volevamo andare al Teatro di Villa Torlonia; ma poi ricordando in quali condizioni la politica ha ridotto quel gioiello e avendo ancor in mente il budello dal quale si accede al teatrino, vi abbiamo rinunciato. Mica matti a metterci espressamente in pericolo di contagio.

 Ciò detto, desta veramente sorpresa la confessione di Sinibaldi che suona anche come un'abiura di quel mondo del quale si è sempre dichiarato esponente e che l'ha sempre sostenuto.

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