La musicoterapia o l’art therapy sono pratiche sempre più diffuse per curare l’anima e il corpo delle persone. Ma il rapporto tra musica e medicina si può analizzare oggi come ieri sotto diversi punti di vista. Se leggiamo la storia dei grandi artisti e compositori del passato o le biografie di alcune rockstar odierne, scopriremo che dall’altra parte della barricata non esistono solo gli aspetti curativi della creatività e dell’arte.
Tutte le professioni nascondono pericoli per la salute fisica o mentale, e anche le sale da concerto e i conservatori non sono solo un luogo di armonia, ma purtroppo anche di acciacchi di vario genere. Le patologie dei musicisti sono un problema molto comune per chi si esercita con uno strumento molte ore al giorno, ma se guardiamo ai grandi compositori e artisti del passato le cose vanno ancora peggio anche dal punto di vista psicologico e mentale.
Musica terapeutica e medicina
Le potenzialità del rapporto tra musica e medicina dal punto di vista curativo sono oramai studiate ampiamente e ben conosciute. Anche il solo ascoltare musica fa bene, ma in particolare è il suonare uno strumento, a qualsiasi livello, ad offrire immensi benefici. Se si inizia da bambini gli effetti positivi si protraggono nel tempo a livello di salute e non solo. Attraverso l’arte l’uomo, unico tra gli animali, ha la possibilità di esprimere emozioni e sentimenti. Essere creativi è parte della natura umana e non solo.
La musica in sala operatoria si utilizza come aiuto ai medici e per migliorare i processi di guarigione dei pazienti. Come riportato anche dalla rivista Science Direct, sono stati fatti alcuni studi che indicano come un sottofondo musicale possa aumentare la concentrazione dei chirurghi e diminuire l’ansia e la percezione del dolore dei pazienti. Nell’Ospedale Salesi di Ancona è stato eseguito un delicato intervento su un bambino di dieci anni mentre il biologo molecolare e compositore, Emiliano Toso, eseguiva una sua composizione al pianoforte.
In particolare lo strumento è stato accordato secondo l’accordatura aurea o scientifica con il La centrale a 432 hertz (contrariamente ai 440 Hz canonici), perchè ritenuta più naturale. Pur rifacendosi a teorie orientali collegate al chakra del sentimento, esistono anche studi scientifici che ritengono come la musica suonata con questa frequenza possa migliorare alcuni parametri vitali come pressione del sangue, frequenza cardiaca e respiratoria. Questa accordatura veniva usata anche da Giuseppe Verdi e in generale in Italia, prima che lo standard fu portato nel 1971 dal Consiglio d’Europa ai canonici 440 Hz.
Se suonare diventa un problema
Impegnare la propria mente nella costruzione di un lavoro creativo amplifica la percezione del bello e fa vedere il mondo da angolature differenti. Costruire è il modo migliore per studiare e ampliare i propri orizzonti, accrescere l’autostima, allontare lo stress e il dolore. Insomma si direbbe che la parola guarigione è insita nell’arte stessa. Ma è sempre vero il ruolo terapeutico della creatività? Sicuramente fino a quando la musica o l’arte rimangono una passione.
Leggendo le biografie dei grandi artisti contemporanei e dei famosi compositori del passato scopriamo che le cose possono andare anche in modo molto differente. Violinisti con crampi, flautisti con gomiti infiammati, chitarristi con polpastrelli dolenti, pianisti con schiena a pezzi. Sono questi solo alcuni dei guai fisici che devono affrontare i musicisti professionisti che si esercitano con lo strumento molte ore al giorno e per i quali servono prevenzione e abitudini corrette.
Patologie dei musicisti
Ricerche condotte in America riferiscono come il 76% dei musicisti nelle orchestre soffra di un qualche problema specifico dovuto al fare musica, altre ricerche confermano la presenza di problemi fisici in un musicista su due. Si tratta problemi dovuti a posture scorrette, affaticamento dei muscoli e non solo presenti nei musicisti professionisti di musica classica, jazz, pop. Tra studio, prove e concerti certi atteggiamenti possono essere prolungati nel tempo da richiedere cure specialistiche.
Per quanto riguarda le patologie dei musicisti, i medici sanno che gli strumentisti non sono tutti uguali, ma per ogni strumento c’è uno specifico problema. I cantanti possono avere problemi alle corde vocali se non curano la voce. I violinisti possono soffrire di cervicale e di problemi all’orecchio più vicino al violino. I pianisti soffrono di mal di schiena e avere tendini di mani e polsi infiammati che rendono doloroso il movimento delle dita. Anche i flautisti soffrono di infiammazioni del gomito.
Infine ce n’è anche per i direttori d’orchestra che sembra sempre siano sull’orlo di un esaurimento per quanto si dannano nel controllare tutti i musicisti dell’orchestra. Ma anche qui il problema non è solo mentale, ma anche fisico. I maestri possono riscontrare una sindrome chiamata “tensione da palcoscenico” che può diventare patologica con dolori alle braccia e lungo la schiena.
Curare i musicisti
La prevenzione è fondamentale nel risolvere acciacchi più o meno gravi e curare i musicisti. per questo esistono centri specializzati come l’ambulatorio Sol Diesis che si occupa della salute dei 135 orchestrali della Scala di Milano. In sede di diagnosi si osserva il musicista suonare cercando di capire l’origine di un determinato dolore. In casi complessi vengono utilizzate apparecchiature di bioingegneria con sensori che registrano su computer i movimenti del musicista. Per le cure ci si affida alla fisioterapia e alla stretching.
Per superare le difficoltà e le debolezze e placare l’ansia da palcoscenico purtroppo nella musica esistono casi di doping sia tra musicisti classici, che nei cantanti lirici. Si tratta di situazioni limite in cui gli artisti sono spesso obbligati da impresari senza scrupoli a veri e propri tour de force che mettono la loro salute a rischio. Senza arrivare a questi livelli sembra esistere uno scotto da pagare per chi, nella consapevolezza di un talento, decide di portare a compimento questa passione ad altissimi livelli.
Creatività e psiche dei musicisti
Non ci sono solo crampi o dolori articolari per le ore passate a suonare uno strumento: per i musicisti professionisti i problemi sono anche altri. Nella società non esiste un modo certo per misurare felicità, umore o prospettive di vita delle persone. Ma all’interno del mondo dello spettacolo musicale o artistico, le persone considerate di successo possono andare incontro ad un desiderio di autodistruzione e fuga dalla realtà molto maggiore rispetto ad altri ambienti sociali e professionali.
La tenuta psicologica dei musicisti è quindi un aspetto fondamentale. Oltre al fisico da preservare, nella vita di chi suona per professione ci sono tanti ostacoli incontrati nella carriera, la ricerca della perfezione incessante e una serie di abitudini logoranti dal punto di vista mentale dovute a prove, registrazioni, concerti e viaggi. Tutto ciò può essere molto stressante e non solo per le rockstar che devono evidentemente fare i conti con una vita dissoluta e molto rischiosa da un punto di vista medico.
E’ come ci fosse un momento in cui l’arte e la musica smettono di essere medicina dell’anima e diventano improvvisamente fonti di stress psicologico difficilmente sostenibile dall’uomo. Non a caso, statistiche alla mano, fare la rockstar è uno dei mestieri più pericolosi in assoluto. Ma è la ricerca del bello a tutti i costi a indurre depressione e comportamenti distruttivi o sono le stesse patologie mentali e fisiche a favorire il genio dei grandi artisti? Dipende.
Musica e depressione
Diversi studi compiuti in università americane hanno trovato un legame consistente tra creatività e disturbi dell’umore. Pensare di avere nelle mani o nel cervello le potenzialità per inseguire o superare i propri limiti e quelli degli altri, alla lunga è un modo abbastanza sicuro per farsi del male. Molti artisti alternano momenti altamente creativi a rovinose cadute negli abissi di droga e alcool. Il punto è che, proprio sulla soglia del baratro, molti talenti spesso sembrano dare il meglio di sè, come se i problemi mentali fossero responsabili della ricchezza delle opere creative.
Vanno davvero così le cose o è la narrazione che si arricchisce di particolari ad uso del pubblico? Non c’è dubbio che i problemi degli artisti in tutti i campi artistici abbiano contribuito a creare icone mediatiche di cui gli appassionati continuano ampiamente a godere. Ma è proprio necessario? Insomma siamo sicuri che l’arte debba nutrirsi di disagio e che dietro a personaggi pericolosamente affascinanti ci siano scelte consapevolmente e talentuosamente artistiche, e piuttosto non difficoltà di lavoro, incertezza e isolamento?
L’insoddisfazione personale alla lunga sembra vincere sul mito patinato di sesso droga and rock and roll, che però non riguarda solo il pop. Nei musicisti classici si parla addirittura di doping dei musicisti a base di farmaci betabloccanti per aumentare le prestazioni e favorire una carriera. Eppure in compagnia della musica, anche quando diventa lavoro, si può e si dovrebbe cercare di stare bene. Suonare è vita, energia, sogno, indipendentemente dai modelli imposti dalla società moderna. Ma se oggi questo stile di vita è quasi utopico, nel passato come andavano le cose?
Musica e medicina nella storia
Se volete approfondire gli aspetti del mondo delle sette note legati alla salute dei grandi del passato, il libro ‘Musica e medicina‘ (Edt edizioni) dell’autore americano John O’Shea è una carrellata di diagnosi e domande che mischiano arte e creatività. La sordità di Beethoven, la malattia mentale di Schumann o l’afasia di Ravel come hanno influito sulla loro musica? L’ autore traccia la storia clinica di venti grandi compositori, da Bach a Gershwin, avvalendosi di testimonianze d’epoca e delle più recenti ricerche nel campo della storia della medicina.
Analizzando i profili medici dei grandi compositori O’Shea arriva ad affermare che alcune malformazioni congenite hanno in qualche modo favorito l’emergere del genio. Se amate suonare e sentite qualche dolorino, non preoccupatevi: siete in buona buona compagnia. Chopin, Listz, Paganini, Rachmaninov, Schumann, oltre a preoccuparsi di armonia, hanno dovuto curare molti acciacchi e problemi di salute, in parte dovuti al loro talento.
Nei secoli scorsi la medicina non poteva contrastare tante patologie che oggi sono state sconfitte, ma la tesi del ricercatore di uno scambio, non sempre sfavorevole, tra musica e malattia, trova conferma anche nei personaggi dei giorni nostri. Il pianista Michel Petrucciani, ad esempio, era affetto da una particolare malattia chiamata osteogenesi imperfetta. Questa malattia ne condizionò lo sviluppo fisico – era alto poco più di un metro – ma rese le articolazioni delle sue mani straordinariamente elastiche e veloci sulla tastiera, trasformandolo in uno dei più acclamati jazzisti mai esistiti.
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