Il mio cinema come una sinfonia
Intervista a Ennio Morricone
Quale pensiero si nasconde dietro un suono? O, per essere ancora più precisi, quale pensiero anima una musica composta per convivere con le immagini di un film? E, infine, quale delicato rapporto si instaura tra un regista e l'autore di una colonna sonora? Sono tutte domande alle quali gli addetti ai lavori da anni provano ad offrire risposte, ben sapendo che non esistono regole perché è una materia intimamente legata alle sensibilità, alle storie, alle visioni dei diversi protagonisti,. Ma sono anche domande di grande attualità ora che il Festival internazionale del Cinema di Rma ha scelto come presidente di giuria Ennio Morricone, il compositore per il cinema, ma non solo, più famoso al mondo, Oscar e Leone d'Oro alla carriera, intellettuale dalle idee precise e taglienti. Una delle assolute eccellenze intellettuali italiane.
Una volta Federico Fellini parlando della musica con riferimento al grande compositore Nino Rota, dichiarò di essere soggiogato dal suo mistero e si chiese poeticamente: dove va la musica quando finisce? Lei ha scoperto dove va a finire la musica?
La musica resta, la musica non finisce, siamo noi che non l'ascoltiamo più, che non vogliamo ascoltarla, distratti da altre incombenze. La musica resiste, resta nella memoria. Proprio ieri dicevo a mia moglie: ho in mente e non riesco a scacciarlo, vivendolo come una tragedia, il Tema di Deborah che avevo scritto per C'era una volta in America. Io volevo scacciarlo dalla memoria, mi dava un senso di oppressione, eppure non andava via. Oggi per fortuna no. Se portiamo il discorso in astratto, la musica non la cacci mai, ha una tale presenza nelle funzioni vitali dell'uomo che non se ne può mai fare a meno.
I futuri storici potranno ricercare un elemento distintivo nella musica del Ventunesimo secolo? Il mondo di oggi ha un suo suono particolare?
Non sarà facile individuarne uno caratteristico. Chi ha cultura tecnica forse potrà individuarlo, all'ascolto, dalla caratteristiche e qualità delle registrazioni. Non dalla musica che ascolta, perché la musica di oggi è quella di Mozart, ma anche di Strawinsky, Bob Dylan, Mina e il folk. La registrazione discografica ha aperto il nostro secolo alla musica, a tutta la musica, di ogni tempo. La musica del Ventunesimo secolo è tutta la musica che esiste. Per Vivaldi si può individuare anche l'anno esatto della composizione di questa o quell'opera, la sua musica ha una connotazione evidentissima. Oggi no.
Si potrà mai tornare ad un cinema senza suoni, senza musica?
Il cinema ideale è quello senza musica e senza suoni. Il cinema oggi è la realizzazione dell'ideale wagneriano: unire tutte le arti in un'opera totale. Gli storici non potranno non fare i conti con il cinema per capire pregi e difetti delle arti del nostro tempo. All'origine il cinema non prevedeva attori, suoni, parole, musica, ma solo immagini astratte. Ho visto degli esperimenti in tal senso, forse si tornerà a quel cinema. Nella videoarte già oggi si compiono esperimenti che tentano di portare il cinema ad un alto livello di astrazione.
Com'è il lavoro sul set?
Sul set, in tutta la mia vita, ci sono stato forse tre volte. Andai sul se di C'era una volta il West per le foto di rito, ma solo il primo giorno; una seconda volta, qui nel Teatro della Cometa, a due passi da casa mia, dove Leone girava una scena di C'era una volta in America. Ricordo che fece girare ad un'attrice trenta volte la stessa scena; e siccome non andava mai bene, spossato, se la tenne così com'era venuta. Al compositore delle musiche non interessa il set, lui entra dopo.
Che cosa dà la musica al cinema?
Se e quando il regista lo vuole, la musica dà moltissimo al cinema. Tuttavia, poiché la cultura musicale dello spettatore comune non è certo alta, al musicista si raccomanda di non infastidirlo, di non disturbarlo imponendogli una presenza sonora che gli farebbe trascurare la trama. La musica è un'aggiunta che nasce da un altrove sconosciuto al pubblico, che non è specificato, e che giunge perciò, in maniera misteriosa e magica, come un ospite inatteso. Questo ospite inatteso per avere la sua efficacia, deve entrare nel film, significando.
Come si ottiene allora questo risultato?
Non dipende solo dall'autore, ma anche al regista, perché la musica nel film ha bisogno di tempo, non può durare sette secondi. E poiché la musica arriva da un altrove inatteso, non può mescolarsi al treno che sferraglia, ai cavalli che scalpitano, alla folla che chiacchiera o ad altre componenti realistiche dell'immagine. La sua efficacia espressiva la raggiunge quando è 'sola'. Perché la musica nei film di Sergio Leone funziona sempre? Perché le lasciava campo aperto. Questa fu la sua intuizione di regista. La musica per essere efficace in un film ha bisogno di energia, spazio, tempo.
Tra breve sarà presidente della giuria del Festival internazionale del cinema di Roma...
Non è la prima volta, ho già fatto parte delle giurie dei festival di Cannes e Venezia, e perciò conosco il compito del presidente. In pratica, il presidente sente il parere dei giurati, poi esprime il suo; poi si vota e, in caso di parità, il suo voto vale il doppio. Semplice no?
Lei va spesso al cinema?
Abbastanza, vado a vedere film che sono certo non sono una 'bufala'. Naturalmente vado a vedere prima di tutti quelli con la mia musica; scrutando il pubblico in sala posso verificarne l'efficacia.
Quali film predilige?
Non c'è un unico tipo di film che mi piace. Posso però dire che C'era una volta in America un capolavoro assoluto, anche letterario, scritto da un grande romanziere, che sa inventare e scrivere storie. Mi piacciono molto i film di Giuseppe Tornatore, il suo Una pura formalità mi piace moltissimo - e non lo dico perché scrivo le musiche dei suoi film; nel prossimo tenterò un esperimento che spero gli piaccia.
Ha avuto mai contatti con Woody Allen che ha girato anche a Roma?
Ci sono registi con cui non lavorerei mai, e Allen è fra questi: mette sempre musiche preesistenti. Gli piace il jazz...
Cosa dirà il giorno dell'insediamento della giuria del Festival di Roma?
Dirò ciò che disse a noi giurati il direttore del Festival di Cannes: vorrei ricordare a presidente e giurati che un film che vince, ma non ottiene il favore del pubblico, rappresenta una sconfitta per il festival. Aggiungerò che mi resterà sempre il dubbio se premiare o meno un film d'arte, del quale intuisco che potrebbe avere difficoltà a incontrare il gradimento del pubblico; e, infine, che anche un film commerciale, se è bello e ben fatto, merita di vincere.
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