domenica 2 settembre 2018

Docenze e lauree 'honoris causa' non si negano a nessuno

Paolo Isotta segnala oggi su 'Il fatto quotidiano'  l'intenzione  dei vertici del Conservatorio  di Benevento intitolato a 'N.Sala', notissimo contrappuntista settecentesco, di  attribuire una laurea 'honoris causa' a Gigi D'Alessio 'apostolo della canzone napoletana nel mondo'. E si sdegna  a ragion veduta, puntualizzando che apostoli della canzone napoletana nel mondo sono stati nel tempo altri illustri personaggi dei quali pure fa nomi e cognomi.

Ma come, non si da nessun incarico onorifico - coma la presidenza onoraria del Conservatorio di Napoli - a Roberto De Simone che ben altra considerazione  meriterebbe  nella sua città d'origine e si vuole 'laureare' un cantante che non può essere annoverato fra gli apostoli della canzone napoletana, che è canzone d'autore, mentre lui è  un cantautore, 'napoletano'  solo per nascita?

 Il fatto, quotidiano, è che  università, in ogni parte d'Italia - ora ci si metterebbe anche un Conservatorio - hanno concesso queste lauree onorifiche  in tempi anche recenti, 'ad abundantiam', e principalmente non come riconoscimento dei meriti del laureando, bensì per ottenere più visibilità, nel mondo ristretto degli atenei. Ci vien da pensare alla laurea con cui venne insignito,  'honoris' causa', Valentino Rossi, nell'Ateneo di Bologna, che aveva laureato ben altri campioni in molti campi.

 Dalle troppe e troppo facili lauree 'HONORIS CAUSA' agli incarichi universitari che continuano ad essere dati a 'cani e porci' - come si usa dire -  spesso a dispetto della patente incompetenza nei campi in cui sono chiamati a dispensare il pane della scienza. E senza che nessuno abbia chiesto mai ragione di tale discrepanza ai tanti professori che predicavano bene nelle aule universitarie, ma poi razzolavano male a casa, dove erano impegnati in compiti manageriali di diverso tipo.

 La notizia che alla Luiss, università di Confindustria a Roma, sia stato chiamato ad insegnare quel Roberto Napoletano, direttore del Sole 24 Ore, giornale di Confindustria che Napoletano con la sua  efficace gestione manageriale ha condotto sull'orlo del fallimento fa certo impressione.

 Questa notizia a noi ha fatto venire in mente altre docenze attribuite in passato a tanti. Francesco Giambrone, ad esempio, mentre era dovuto andar via a gambe levate da Firenze per l'enorme buco di bilancio che lui aveva contribuito ad allargare nei conti del Teatro del Maggio fiorentino insegnava  come non si fanno danni nei bilanci all'Università. Stessa sorte, tragica, era toccata agli allievi del Conservatorio di Santa Cecilia di Roma, dove  insegnò amministrazione di istituzioni culturali o di spettacolo, quel  Catello De Martino, messo al vertice dell'Opera da Alemanno e poi cacciato via, perchè non si era accorto che il bilancio dell'Opera era in profondo rosso, nel corso della sua gestione. Per questi ed altrui consimili cattedratici si sarebbe dovuto inventare un insegnamento del tutto nuovo nel panorama dei corsi accademici, e magari intitolarlo pittorescamente: vuoi far parte della banda del buco? o più semplicemente: come ti faccio  un buco nel bilancio  e insegno  buona amministrazione.

Potremmo continuare con altri insegnamenti, di più basso appeal, come quello della critica musicale, istituito in molti Conservatori ed affidato a gente che non ha mai in tutta la vita scritto una sola riga, neppure su un giornale.  Anche se in questo caso, con i chiari di luna che ci è dato vedere su quasi tutti i giornali, i danni che i futuri critici potrebbero recare all'antica professione, sono quasi tutti già fatti.

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