lunedì 17 settembre 2018

Per i novant'anni di Ennio Morricone. 1


                                         
                                       Ennio Morricone: idea per un film

                                     Senza musica nel paese che non c’è  
                                   

Ennio Morricone, all’indomani della sua esperienza di presidente della giuria del Festival internazionale del film di Roma, 2011, rivelò ( a noi, nel corso di una lunga intervista, uscita all'epoca sul mensile Class, ottobre 2011,  e che ripubblicheremo nei prossimi giorni) questo suo soggetto cinematografico raccontato tanti anni prima a Pasolini e Fellini, e successivamente anche a Montaldo.  Ma che attende ancora di essere realizzato.

La storia - in realtà un soggetto cinematografico in piena regola - la raccontai la prima volta molti anni fa a Pasolini, mentre lavoravo ad uno dei suoi film. C’era una volta un paese perfetto, straordinario, dove regnava una pace sociale fantastica. Tutti si volevano bene. Un paese che tutti noi vorremmo esistesse davvero. Questo paese non aveva un governo, aveva tuttavia un capo che, giustamente, si compiaceva della situazione in cui viveva il suo popolo. Il quale popolo, per mostrare a tutti il proprio stato d’animo, sfruttava i colori dei vestiti: il bianco contraddistingueva chi era sereno, i colori scuri quelli che sereni non erano. Quel popolo, inoltre, non conosceva l’orologio, perché l’orologio avrebbe procurato ansia. Un paese quasi inerte. Un giorno al capo di quel popolo venne in mente che c’era ancora qualcosa capace di turbare gli animi del suo popolo: era la musica, in grado di modificare profondamente gli animi. E così la bandì dal suo paese. La sua proibizione trovò consenzienti alcuni cittadini, ma dissenzienti altri che si coalizzarono per eludere quel divieto. Imponendo quel divieto al suo popolo, il capo divenne un dittatore. Ma le naturali inflessioni melodiche del parlare ed il conseguente ritmo, non potevano essere eliminati del tutto.

Di conseguenza, coloro i quali dissentivano da quella imposizione sfruttavano qualunque occasione, anche quelle offerte dalla quotidianità, per dar vita ad una parvenza di melodia e di ritmo. Tutti parlavano come robot, senza inflessioni. I suoni di tutti i giorni diventarono una ‘nuova’musica, ma organizzata. La situazione volgeva verso la tragedia e il capo-dittatore avvertiva questa contrapposizione, pur non dichiarata. Una notte fece un sogno. Sognò che andando sulla riva del mare quando il mare diventava verde, cioè verso le prime ore del pomeriggio - in quel paese era il mutare del colore del mare a scandire le ore del giorno - avrebbe avuto una grande rivelazione. Sperando di far tornare la pace sociale, raccontò al suo popolo questo sogno, e capo e popolo si recarono il giorno convenuto ed all’ora convenuta, in riva al mare. E cosa accadde? Accadde che, uscendo disordinatamente dalle acque, s’erano dati convegno davanti a quella folla, tutti i grandi musicisti della storia, i quali cantavano e suonavano la loro musica (Nel montaggio, questo racconto‘cinematografico’, prima commentato dalla mia musica, prevedeva che, alla fine, tutti i più grandi musicisti cantassero insieme) Il capo comprese la lezione e tolse quel suo dannoso divieto. Cosa insegna questa storia? Insegna che la musica vinse, e che in quel paese tornò la serenità.

Quando lo raccontai a Pasolini, gli diedi inizio e fine del racconto, il resto avrebbe dovuto inventarlo lui. Ero molto interessato a capire come avrebbe immaginato la rivoluzione di quei cittadini che, non potendo fare a meno della musica, sfruttavano ogni mezzo per eludere quel divieto, senza dare nell’occhio. Pasolini, alla fine del racconto, chiamò Fellini a telefono, il quale ci raggiunse in taxi immediatamente; feci anche a lui lo stesso racconto e, dopo averlo ascoltato , disse: “vorrei fare un film su questa storia, adesso, però, non posso perché devo fare un film su San Paolo - il film su San Paolo non lo fece mai .

Ma Fellini non fece mai neanche quel mio film, ma poco dopo fece ‘Prova d’orchestra’. Anche lì c’è la rivoluzione per scelta dei musicisti, anche se spostata: prima la rivoluzione e poi l’arrivo del direttore che distrugge, con un fortissimo colpo di gong, la rivoluzione dei musicisti e li comanda a bacchetta.

Non voglio essere presuntuoso, ma l’idea di ‘Prova d’orchestra’ c’era in quel mio racconto: il dittatore /direttore fa rinascere la musica, anche se tristissima. La mia ‘favola’ insegna che la musica è indispensabile, fa parte della nostra vita, e che i cittadini di quello strano paese, quando si resero conto di non poterne fare a meno, trasformarono in musica i suoni di ogni giorno.
                                                                             (testo raccolto da  Pietro Acquafredda)

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