Beppe Severgnini nell'articolo di copertina del Sette, che dirige, ci racconta del suo viaggio in Usa - dove comunque è di casa e le cose che scrive le conosceva anche prima di attraversare l'oceano - alla scoperta dei giornali 'perduti'. Delle copie cartacee della stampa quotidiana che battono in ritirata, mentre avanzano quelle elettroniche digitali, computabili attraverso gli abbonamenti. Dice anche della convinzione di alcuni, secondo i quali la carta stampata è destinata a scomparire, a favore della sua sorella elettronica , e denuncia il caso ben noto del calo anche della pubblicità sulla medesima stampa cartacea. Fin qui l'America.
E in Italia? Nel giro di una decina d'anni i lettori giornalieri della stampa quotidiana si sono letteralmente dimezzati negli ultimi dieci anni - da 4 milioni circa a 2 - e calata è anche la pubblicità sulla carta stampata, a favore di tv ed altri mezzi di comunicazione, mentre dal governo si vuole mettere un freno a tale ultimo calo con un credito di imposta, a certe condizioni, per la pubblicità sulla carta stampata. Ciò che oggi differenzia l'Italia dall 'America per la situazione dei giornali , è che da noi la perdita delle copie cartacee vendute non è stata compensata dagli abbonamenti digitali agli stessi.
Italia o America, che ne sarà della stampa fra dieci anni, si domanda il celebre giornalista? La copie digitali, in abbonamento, cresceranno, senza dubbio, quelle cartacee diminuiranno e via dicendo fino a scomparire del tutto? Su questa previsione catastrofica sono in tanti - e noi, modestamente, fra questi - a nutrire dubbi. Unendoci a quanti già negli anni scorsi profetizzavano la morte del libro cartaceo, e il dominio assoluto di quello digitale, e quella loro catastrofica profezia non s'è avverata.
perchè il libro cartaceo ha pregi e caratteristiche che difficilmente potranno essere rimpiazzati da altri mezzi.
Sarà - o potrebbe essere - la stessa cosa per i giornali? Forse, ma ad una condizione, conclude Severgnini, dopo aver esaminato con cura ed acume la differenza fra chi si informa attraverso la lettura dei giornali e chi ricorre alla rete per procurarsi l'informazione che gli serve in quel momento e basta. Il lettore dei giornali - che certamente non ha il massimo di percentuale fra i giovani - è una persona che si informa sul come va il mondo, anche su questioni che la momento sembrano non riguardarci, per arrivare poi a coltivare ed approfondire ciò verso cui ha interessi personali ed professionali.
Insomma, comunque la si metta, il lettore dei giornali cartacei è persona più colta, più responsabile, più matura di chi applica all'informazione la stessa logica e impiega i medesimi tempi del cosiddetto 'mangiar veloce ', per dirla all'italiana.
La condizione che Severgnini individua come fondamentale per la sopravvivenza dei giornali cartacei è la loro UTILITA' . Se i giornali si incammineranno per la strada che li allontana sempre più dagli interessi dei lettori, sia per gli argomenti trattai che per il modo in cui lo fanno, la scomparsa dei giornali, pur lenta, sarà inevitabile e sicura. E già da oggi i giornali devono fare attenzione a coltivare ed accrescere la loro utilità.
Non come hanno fatto nelle passate settimane due importanti testate in un settore che noi per ragioni professionali seguiamo da sempre molto da vicino, quello della musica.
Nella stessa giornata di domenica 15 c.m. L'Espresso e Repubblica hanno pubblicato due interviste a due note star del mondo musicale, ambedue inutili e viziate nel fondo. L'Espresso, a firma Lenzi, una intervista a Cecilia Bartoli, nelle quale oltre la solita canzona sulla sua assenza dall'Italia ed altre banalità, mista anche a qualche evidente falsità, ci informa che sta uscendo un suo nuovo disco - che è poi l'unica ragione dell'intervista, che ha avuto luogo seguendo questa banale trafila. La casa discografica della diva chiama il giornalista per annunciare l'uscita del disco, sperando che il giornalista si appassioni alla grande rivoluzionaria novità e decida di dedicare all'artefice qualche pagina. Il giornalista abbocca (ubbidisce) e la Bartoli può raccontare all'assorto, avido lettore, per filo e per segno, quel che ci voleva dire sul nuovo disco, e nient'altro. A noi, che aggrappandoci a tutte le nostre forze, siamo arrivati fino alla fine nella lettura, ci ha solo procurato qualche sbadiglio, perchè la notizia dell'uscita del nuovo disco non ci appassiona affatto, nè ci interessa come invece interessa sia alla Bartoli che alla sua casa discografica.
Anni fa provammo un giorno a telefonare alla casa discografica della Bartoli per manifestare la nostra volontà di intervistarla, senza che ci fosse la spinta dell'uscita di un nuovo disco o di una sua pur rara tournée in Italia, per la quale, diversamente da sempre, trova il tempo se deve reclamizzare un nuovo disco. Passarono la nostra richiesta alla Bartoli, e la sua risposta fu no.Secco. Le ragioni le lasciamo immaginare.
Ma domenica scorsa anche Repubblica ha pubblicato una lunga intervista di Gnoli a Pappano, alla vigilia della tournée con la sua orchestra in America, che si sta svolgendo proprio in questi giorni.
Pappano, sollecitato da Gnoli che molte volte ci offre interviste che leggiamo con grande interesse, racconta per l'ennesima volta la storia da 'libro cuore' della sua infanzia e del suo ingresso nel mondo della musica, patrocinata da suo padre che si era trasferito in Inghilterra dal Beneventano, dove aveva lavorato come cameriere ma coltivando sempre la sua passione per il canto che aveva iniettato nel figlio.
La sua storia, precedente ai suoi successi - la gavetta, la povertà, la passione e l'impegno - Pappano l'ha raccontata già infinite volte, e poi, a noi è ben nota avendo scritto del celebre direttore la prima biografia, ormai dieci anni fa. Dunque nessuna ragione di novità per raccontarla ancora una volta oggi ai lettori di giornali che la conoscono anche loro abbastanza bene, anche se non come noi.
Ma allora perchè fondare per intero l'intervista su quel lacrimevole, e pur veritiero, racconto? Se Gnoli ci dicesse che quel racconto era, comunque anche se non nuovo, di grande effetto o che nulla di nuovo o di altrettanto interessante aveva Pappano a raccontare, non gli diremmo: perchè allora intervistarlo? Per dirci della tournée americana bastava un semplice trafiletto o un articolino.
Ecco se anche giornali importanti proseguono sulla strada dell' inutile, forse anche noi, lettori accaniti e fedelissimi, potremmo deciderci a smettere, fin d'ora, di comprare ogni giorno, come facciamo da oltre trent'anni, dai due ai tre giornali. In questo siamo d'accordo con Severgnini.
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