venerdì 27 ottobre 2017

L'insegnamento della musica nella tempesta. Un'inchiesta del Corriere della Sera.

Dopo aver letto l'inchiesta di oggi sul Corriere, a firma  Pierluigi Panza, dal titolo 'LA MUSICA SENZA REGOLE'  relativa alla confusione normativa dei cConservatori di Musica, i cui problemi, vecchi e ben noti vanno "dalla babele del reclutamento dei docenti alla mancanza di criteri esterni di valutazione", fino ai  "timori per la proposta di legge che prevede l'accorpamento degli istituti"  come si legge nell'inchiesta del Corriere, dobbiamo confessare di non aver capito molto, perfino noi che nei Conservatori italiani abbiamo passato una trentina d'anni da insegnante. E temiamo che anche Pierluigi Panza, autore dell'inchiesta, si sia trovato nella nostra stessa situazione, seppure obbligato a spiegare l'attuale situazione.

Ad aumentare la confusione ci ha pensato anche un sindacato, l'UNAMS, che nei Conservatori ha sèguito, e che noi ricordiamo come foriero di guai, ogni volta che è intervenuto, salvo quando è riuscito a strappare qualche aumento salariale; ma, come si sa , l'ultimo data almeno una ventina di anni fa. E nel frattempo che ha fatto?

 I guai dei Conservatori - recita la vulgata - sarebbero cominciati quando da pochi che erano in tutta Italia alla fine della seconda guerra mondiale, si sono moltiplicati di numero, più per  decisione - a scopo elettorale - dei vari  ras politici che per reali necessità, almeno in un primo momento. Ora sono oltre cinquanta quelli statali e quelli non statali una ventina, servono una utenza di allievi pari a quarantamila unità circa, e danno da vivere a 5.400 insegnanti circa.  Dunque grandi numeri anche se non grandissimi, e per questo i vari ministri, assolutamente a digiuno della materia, e totalmente disinteressati alla causa, possono giocarseli come vogliono, come del resto stanno tentando anche  gli attuali.

 All'inizio della loro crescita numerica  non rispondevano precisamente ad una richiesta effettiva; ma col tempo la richiesta si è ampliata, un pò per partenogenesi, un pò per inseminazione artificiale indotta e forzosa. Ma anche per un altra ragione. La mancanza di insegnamento musicale nelle scuole, per cui il Conservatorio da scuola di alta specializzazione musicale come era alla sua fondazione, divenne il luogo in cui si davano risposte a tutte le richieste di formazione musicale del paese, a qualunque livello.

 Il problema del reclutamento degli insegnanti è diventato col tempo un problema nel problema, a causa dello zampino del sindacato, non UNAMS in questo caso, se ricordiamo bene. E Panza cita il caso di un musicista famoso, come Riccardo Muti, che se volesse insegnare  in un Conservatorio forse non avrebbe i titoli; perchè la chiara fama non basta.

 Un vero e proprio scandalo si aggiunse,  per colpa del sindacato, in questo caso CGIL, sempre che  la memoria ci assista. Si svuotarono i Conservatori di validissimi musicisti che esercitavano in orchestra, per il famigerato 'doppio impiego' che avrebbe dovuto essere, al contrario, considerato una 'mano santa' per la stessa ragione per cui veniva vietato, perchè - viene da chiedersi ancora oggi, e  ciò vale anche per Muti - come si fa ad insegnare una materia musicale senza aver avuto, in molti casi, nessuna occasione per esercitarla? Insomma chi meglio di Muti potrebbe insegnare, ammesso che lo voglia e che si appassioni all'insegnamento, la direzione d'orchestra?  E invece lui non potrebbe essere assunto.

 Un esempio. Qualche anno fa, recandoci nella Biblioteca del Conservatorio di S.Cecilia,  a Roma, per ragioni di studio, in attesa che ci venisse  consegnato un volume, ci siamo fermati a leggere l'elenco degli insegnanti  di ruolo di quel Conservatorio.  Non ricordiamo un solo nome di musicista in esercizio attivo; nessuno dei tanti bravi musicisti che esercitano in Italia, compariva in quell'elenco. Il problema si pone anche per i direttori degli istituti, eletti fra gli insegnanti dagli insegnanti. Abbiamo sotto gli occhi, e in altre occasioni abbiamo fatto nomi e cognomi, direttori  che rappresentano il nulla 'vestito', sia musicalmente che amministrativamente.

E, ciò nonostante, dai Conservatori escono ancora  bravi musicisti. Che vuol dire che bravi insegnanti ve ne sono e allievi dotati e impegnati pure. Nonostante i problemi, che non sono finiti.

Poi arrivano i Licei musicali istituti da quel genio di Mariastella Gelmini, un centinaio circa, i quali avrebbero dovuto coprire la prima fascia di studi musicali, dai quali si accedeva poi al Conservatorio che tornava ad essere la scuola 'professionale' in senso stretto. E che ti fa quel genio? Li fa sorgere in molte città in cui esistevano già i Conservatori statali o parificati, mettendo gli uni contro gli altri in aperta concorrenza nell'accaparramento degli allievi. Creando un ulteriore problema, perchè se ai Conservatori fosse stata tolta la 'fascia di studi' inferiore, lasciandovi solo quella superiore (livello universitario) i Conservatori si sarebbero in parte svuotati. Di recente, l'altro genio della Fedeli ha tolto alcuni ore settimanali di insegnamento di 'strumento'  nei Licei ad indirizzo musicale, sostituendole con incontri di gruppo fra due o tre studenti, uno dei quali suona e gli altri lo ascoltano e, eventualmente, correggono. Come si fa a dare credito ad un ministro che pensa simili idiozie?
 Insomma per l'acume di quel genio ministro, proprio quando si voleva dare un impulso alla formazione e all'insegnamento musicale in Italia si faceva un casino generale.

Gli altrettanti geniali successori della Gelmini, hanno proseguito sulla medesima strada della confusione.  Il cammino della riforma non sì è ancor concluso, per la mancanza di molti decreti attuativi e chiarificatori (ad esempio sui 'diplomi' dei Conservatori. diplomi di laurea a tutti gli effetti?) ed ora si parla di un nuova rivoluzione confusionaria e, siamo sicuri, distruttrice. Vogliono accorparli i Conservatori,  dimezzandoli  nel numero e creando i 'Politecnici della Arti'. La ragione non detta? Per risparmiare quattro soldi, continuando però  a riempirsi la bocca con l'impegno pubblico sulla scuola dove si formano i futuri cittadini e professionisti. Da dove hanno importato il format?

  Facciamo fatica a capire, come pensiamo abbia fatto anche Pierluigi Panza. A questo punto  ci consola solo  il fatto che siamo in pensione e con simili rivoluzioni peggiorative non dobbiamo più combattere 

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