Ciò che sta accadendo oggi, e nei giorni scorsi, in Spagna, per il referendum della Catalogna che chiede autonomia, è davvero sorprendente. A Barcellona che rivendica - e non da oggi- la sua autonomia da Madrid, Madrid manda i militari e la polizia per soffocare il referendum catalano.
Sbaglia Barcellona ad indire un referendum che la legge non consente, sbaglia Madrid a volerlo reprimere ed annullare con la forza. E il primo ministro spagnolo e la corona stessa sbagliano doppiamente per non aver tentato ogni strada, da quella diplomatica a quella dei trattati che riconoscono una qualche autonomia a chi la domanda per ragioni storiche, che non possono essere principalmente quelle economiche, in base alle quali potrebbero svilupparsi all'interno dei singoli stati le stesse lotte che ora le grandi migrazioni stanno fomentando fra paesi poveri e paesi ricchi, e mandano la polizia contro i cittadini che stanno esprimendo un loro sacrosanto parere. Perché comunque di un parere si tratta, per ora.
Che è poi la ragione - quella economica - che sta anche alla base dei due referendum-farsa che i svolgeranno a fine ottobre nelle regioni Lombardia e Veneto - alla modica cifra di una quarantina di milioni buttati letteralmente al vento - per sapere se i popoli di quelle due regioni, fra le più ricche d'Italia, pendono per il distacco dallo Stato centrale che - a detta dei due governatori-pensatori, Maroni e Zaia - danno a Roma più di quello che si vedono ritornare da Roma. E sarebbe la ragione: la eterna lotta di popoli più ricchi contro quelli più poveri.
Il giorno in cui la florida attuale situazione economica di quelle come di altre regioni che si fossero staccate, pensandola allo stesso modo, dovesse capovolgersi? E volessero ritornare nello Stato centrale? Prendetevela in c... verrebbe da rispondergli se l'espressione non appartenesse ad un idioma troppo colto perchè quei governatori possano capirla; ma che, tradotta per loro nell'italiano più popolare, vorrebbe dire: ora arrangiatevi, non vi vogliamo più fra i c... Siamo ricaduti nella lingua aulica? Ma forse questa volta capiranno.
Fermandoci all'Italia il discorso si potrebbe estendere a quelle regioni a statuto speciale sul suolo italiano che hanno fatto ormai il loro tempo, e sarebbe ora che tornassero nello Stato, a pari condizioni delle altre regioni che non godono, a seguito ed in base a ragioni ormai troppo lontane nel tempo, ed oggi svuotate di ogni consistenza, degli stessi privilegi.
Ma in questi giorni ci siamo spesso chiesti, anche a causa delle tensioni generate dal referendum catalano, se non sia diritto di un popolo-regione richiede l'autonomia dallo stato centrale. Ciò che appare un diritto sacrosanto ed intangibile di ciascun popolo ci sembra antistorico oggi nell'Europa che fatica ad essere quell'unione di 28 stati, meno uno (Gran Bretagna, i cui effetti negativi ancor prima che l'uscita sia totale e definitiva, monti inglesi paventano e temono), alla quale comunque si chiede di essere più unita e che tanti vantaggi, assieme a qualche svantaggio, offre agli stati membri. Sarebbe il caso di dire: da che pulpito viene la predica. Quando i singoli Stati chiedono all'Europa di essere più unita, singole regioni o etnie di stati sovrani chiedono indipendenza dallo stato centrale. che roba è questa? Ma allora l'Europa è un'utopia e tale resterà, al punto che entro breve si frantumerà, con le conseguenze a tutti note, e quasi tutte negative?
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