lunedì 15 dicembre 2025

Bari. La lunga storia del Teatro Petruzzelli: 'di quella pira l'orrendo foco'... La quiete dopo la tempesta ( da L'Edicola, di Pierfranco Moliterni)

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E’ cosa di queste settimane la nomina a Sovrintendente della Fondazione

Teatro Petruzzelli e teatri di Bari del m° Nazzareno Carusi, pianista e

docente presso il Conservatorio di Bari, scelto da una apposita

commissione presieduta dal sindaco Vito Leccese. 

Credo sia utile ricostruire un po’, al fine di capire meglio

l’evolversi fino ai nostri giorni di ‘questo’ Teatro-Fondazione Petruzzelli e

quindi della sua vita e delle sue attività: abbiamo perciò ridisegnato in

sintesi lo scenario storico-culturale della origine e del percorso di

istituzionalizzazione musicale sin dal suo nascere come “teatro della

tradizione”.

Dunque, esauritasi la lunga stagione di teatro “bon à tout faire” (persino

ridotto anche a sala cinematografica) il Petruzzelli seguì un’onda lunga di

rinnovamento culturale e generazionale partita già dai primi anni ’60 e

mossa nella città per tutti gli anni ’70 del Novecento, grazie ad alcuni

centri di associazionismo privato e/o pubblico (Fondazione, Camerata,

Conservatorio, in campo musicale) o politicamente ispirato “ a sinistra”

(Circoli del Cinema Arci, in campo cinematografico, e CUT- Centro

Universitario Teatrale) posti sulla scia di una generazione di

professori/amministratori della cosa pubblica che contribuì ad invertire la

tendenza di una regione al palo con la musica e il teatro di qualità. Come

allora dimenticare i Barbanente, Papapietro, Fantasia, Dell’Andro, Scionti,

Calvario, Troccoli, Bianco, Mastroleo, Miccolis i quali, pur da posizioni

politiche diverse riuscirono a dotare Bari e la Puglia di una serie di

strutture materiali e immateriali che andarono e vanno a formarne la spina

dorsale della cultura musicale del loro come del nostro tempo?


Bisogna subito accennare alla nascita nel 1978 della Orchestra Provinciale

(ICO-Istituzione Concertistico Orchestrale) diretta da un direttore di

spolvero internazionale come Gabriele Ferro (allora docente di

esercitazioni orchestrali al Conservatorio barese); una orchestra che si

conquista uno spazio proprio, di proprietà e d’uso pubblico qual è ancora

oggi, nel 2025, l’Auditorium annesso al Conservatorio Statale “Piccinni”

diretto dal già famoso compositore Nino Rota (a cui in seguito venne

dedicato l’edificio) e solo per decisa volontà dell’allora Presidente della

Amministrazione Provinciale, il socialista avv. Mastroleo in questo

supportato dal prof. Vitantonio Barbanente, democristiano ‘basista’,

presidente del Conservatorio.

L’Auditorium è uno spazio davvero notevole, sia architettonicamente che

acusticamente, e la ICO sarà di volta in volta guidata da notevoli direttori

italiani dal nome di Bruno Campanella, Rino Marrone, Michele Marvulli,

Angelo Cavallaro. Sul podio si sono avvicendati nel tempo e come

direttori ospiti, nomi di alto livello come lo stesso Nino Rota, Piero

Bellugi, Luciano Berio, Donato Renzetti, Pierluigi Urbini, Peter Maag,

Bruno Aprea, Kurt Sanderling, Franco Caracciolo, Anatole Fistoulari,

Vladimir Delman, Francesco Molinari-Pradelli, Reynald Giovaninetti,

Gunther Neuhold, Boris Brott, Marcello Viotti, Ennio Morricone e Giorgio

Gaslini. Tra i numerosi solisti vanno ricordati Salvatore Accardo, Dino

Asciolla, Leonid Kogan, Boris Belkin, Rocco Filippini, Franco Petracchi,

Henry Casadeus, Emil Gilels, Aldo Ciccolini, Franco Fiorentino, Maria

Tipo, Kathy Berberian, il Trio di Trieste. E fra le iniziative promosse va

menzionato un ciclo di manifestazioni dedicate a “Nino Rota, compositore

del nostro tempo”.

Tuttavia il bel teatro di corso Cavour pensa solo in termini di divismo

canoro aggrappandosi a qualche ugola d’oro che transita, si propone per

una o due recite e… fugge via. Così è con dati alla mano, se solo si vanno

a scorrere i titoli dei melodrammi rappresentati nei primi trent’anni della

sua vita (1950-1980). Subito ci accorgeremmo del ritardo in cui versava il

teatro musicale barese pur in presenza di voci di grande livello come

quelle di Kraus, Zeani, Cappuccilli, Bruson, Scotto, Panerai, Cossotto, Del

Monaco, Alva, Bergonzi, ma anche di titoli che non si schiodavano dallo

stanco e ripetitivo repertorio di un Rigoletto, Nabucco, Trovatore, Aida,

Puritani, Manon, Barbiere di Siviglia, Andrea Chénier. Dunque, un teatro

blasonato ma quasi alla deriva resiste a sé stesso se lo si paragona alla


attività di altri consimili organismi italiani (il Bellini di Catania, il Regio di

Parma, il Comunale di Ravenna e di Ferrara: tutti teatri di tradizione).

Da questa che abbiamo definito una “rassegna delle occasioni perdute”, la

svolta della cosiddetta «êra-Pinto» nasce paradossalmente da un mero

cavillo giuridico che rompe un’egemonia durata vent’anni dal 1960 ai

primi mesi del 1980. L’idea del nuovo, giovane gestore Pinto è quella che

si va definendo attorno al nesso storico teatro/politeama-città/regione che

vuol recuperare le origini di uno spazio per tutti (e non solo di tutti come è

per il teatro comunale ‘Piccinni’) in cui tenere insieme lirica, danza

moderna, balletto classico, prosa, recital, musical, cinema, jazz, musica

colta ed extracolta, persino editorialità (come il magazine «Papirorosa»

ideato e prodotto dal team del teatro con in testa Guido Pagliaro, già

componente dell’ARCI regionale). Ora si cerca di catturare la stragrande

maggioranza di un pubblico eterogeneo per classi sociali e per età ma per

troppo tempo escluso dalle cerimonie delle premiéres della ministagione

lirica nel luogo esclusivo del melodramma. In questo ‘nuovo Petruzzelli’

nascono dunque le fortunate rassegne Teatrodanza, Nell’intima dimora, Lo

strumento scordato, Azzurro, Festival Castello, Times Zones, capaci di

mischiare le carte delle programmazioni e, cosa sino ad allora impensabile,

di mischiare il pubblico, tanto che questo Petruzzelli diventa uno spazio

moderno che cerca di interpretare le mode e non solamente di essere un

mero contenitore. Esso insomma diventa il cuore dello spettacolo tout

court in Puglia e si pone addirittura come punto di riferimento per tutto il

Meridione sino a gareggiare per vivacità e intraprendenza con i maggiori

teatri italiani del Centro-Nord.

Nel quinquennio 1980-1984 si allunga il periodo della stagione lirica di

tradizione, l’effetto primario è il mutamento di registro che si realizza

grazie a proprie produzioni liriche cui seguono tournées del ‘gran

Petruzzelli’ addirittura fuori d’Italia, in altri continenti e nazioni: Australia,

Spagna, Norvegia, Usa, Russia, Francia, Brasile, attorno a propri spettacoli

lirici che vengono firmati da prestigiosi registi come Luca Ronconi, Mauro

Bolognini, Dario Fo, Franco Zeffirelli, Beppe De Tomasi, Roberto De

Simone, Pier Luigi Pizzi, Gabriele Lavia, Klaus M. Gruber.

Nel 1980 si inizia dalla Carriera di un libertino di Igor Stravinskij, opera

del ‘900 diretta dal m° Rino Marrone e mai prima rappresentata,

ovviamente, che va addirittura da inaugurare la prima stagione del nuovo

corso; poi si passa al Barbiere di Siviglia di Giovanni Paisiello replicata


anche a Pietroburgo, in Russia, la città di Caterina II per cui corte il

musicista tarantino la compose nel 1782, e poi in altri teatri di città

europee sino ad arrivare in Australia, a Brisbane. Non da meno furono la

edizione moderna della Iphigénie en Tauride di Piccinni esportata da Bari

nel prestigioso Théâtre du Châtelet di Parigi con protagonista Katia

Ricciarelli; i Puritani di Bellini in una rara edizione storica, sino ad

arrivare al culmine per davvero spettacolare di una Aida messa in scena al

Cairo, sotto le piramidi di Giza, con la regìa di Mauro Bolognini.

Del tutto ovvio accennare all’alto livello raggiunto con star della danza che

si susseguono sul suo palcoscenico: Maurice Béjart, Rudolf Nureyev,

Margot Fonteyn, Michail Barisˇnikov, Carolyn Carlson, Roland Petit,

Carla Fracci, Patrick Dupond, Noella Pontois, Antonio Gades, Luciana

Savignano, Pina Baush, Micha von Hoecke, Maguy Marin, Alessandra

Ferri, Martha Graham, Alvin Ailey, Pina Baush. Del pari interessante per

le ricadute davvero ‘spettacolari’ furono i recital di cantanti famosissimi

con Frank Sinatra, Liza Minelli, Jerry Lewis. Utile accennare anche al

settore-prosa con la presenza di spettacoli firmati dagli artisti di fama

internazionale Dario Fo, Tadeus Kantor, Giorgio Strehler, Jerome Savary,

Carmelo Bene, Mario Martone, Glauco Mauri, Lindsay Kemp.

Il passo conseguente è quello di dotarsi di una propria orchestra e di un

proprio coro, stabili, quale condizione indispensabile per il salto di qualità

verso il riconoscimento di 13° Ente Lirico italiano.

Ma dopo dieci anni, ininterrotti, di tale grande ‘festa dello spettacolo’ che

aveva assicurato, senza ombra di dubbio, un miglioramento del tessuto

culturale generale pugliese in specie giovanile, ecco che una notte di

tregenda, il 27 ottobre 1991, manda tutto letteralmente in fumo, al culmine

di una parabola ascensionale apparentemente inarrestabile. Un vulnus che,

al di là delle implicazioni personali che travolgono il giovane gestore, si

accentua ancora di più quella «epopea» del politeama Petruzzelli che

aveva intelligentemente abbracciato tutti i generi di spettacolo e tutti i

pubblici possibili e che era tornato a brillare di luce propria nelle mani di

un management giovane che ne aveva assicurato il successo

internazionale.

Per intanto, il panorama della musica barese si presentava annichilito in

mancanza di una sponda ragguardevole, anzi della sponda per eccellenza

che assicurava lavoro e prospettive di lavoro artistico alla massa di


diplomati provenienti dai cinque conservatori musicali regionali.

L’orchestra e il coro del fu teatro, mezzo ineludibile per essere struttura di

produzione, smobilitano senza che nessuno, né tanto meno i partiti politici

e le organizzazioni sindacali, capiscano che non è il caso di aggiungere

alla distruzione materiale la distruzione artistica e professionale. La musica

colta locale entra pertanto in un oscuro tunnel che non lascia speranza e

solamente le storiche associazioni musicali private cittadine (Camerata,

Collegium Musicum, Fondazione) continuano a reggere la sfida ora

diversificando al massimo le loro proposte e forse un po’ imitando quel

Petruzzelli degli anni Ottanta con programmazioni ballettistiche, di jazz e

recital di cantanti di musica leggera. Resta insoluto l’affaire della

ricostruzione dell’«immobile» che si scopre ferito, ma non a morte. Infatti,

le strutture esterne hanno resistito al fuoco e la sola sala interna è solo

fortemente danneggiata al contrario della cupola imponente e bellamente

affrescata in puro stile liberty che è tutta crollata.

Si inizia un balletto senza fine con ministri, direttori generali del

competente ministero, ispettori della Soprintendenza che si succedono

escogitando soluzioni improbabili per una soluzione che invece è sotto gli

occhi di tutti. La questione è sempre la solita: può un bene culturale storico

e di uso pubblico, per di più governato per la gran parte grazie a danaro

pubblico, continuare a restare in mano private? Tuttavia con

un’improvvisa svolta, alla fine del 2006 e facendo leva sul dato storico che

il ‘Petruzzelli’ sorgeva e sorge su suolo pubblico, si dà corso all’esproprio

forzato del bene materiale e si avviano i lavori di ricostruzione col

concorso, appunto, degli enti locali e del ministero dello Spettacolo. Una

accelerazione che porta in breve, e insperatamente, al risorgimento del

teatro: esso rivive sulle proprie ceneri come araba fenice e viene riaperto

alla fine del 2009 dopo un riuscito restauro totale: il nuovo Petruzzelli

degli anni Duemila passa quindi, e totalmente, alla mano pubblica. Esso

può in tal modo finalmente entrare nel novero delle Fondazioni Lirico-

Sinfoniche italiane tenendo ferma la caratteristica portante della sua

attività che, per legge, deve essere esclusivamente legata alla produzione

di opere liriche e di concerti sinfonici. In un certo senso dunque, si torna

indietro, all’oggi di una rassicurante «quiete dopo la tempesta».

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