Il ‘Mameli’ di Leoncavallo ritrovato
L’autore del ritrovamento della singolare opera di Leoncavallo, creduta dispersa, racconta la storia dell’opera, la prima messinscena genovese con l’autore sul podio, il lungo oblio ed, infine, il fortunato ritrovamento
Allo scoppio della Prima Guerra mondiale il Governo Italiano scelse la neutralità, ma l’opinione pubblica si spaccò in due fra neutralisti e interventisti e questi ultimi, a loro volta, si divisero fra quelli che volevano scendere a fianco delle forze ‘centrali’ (Austria e Germania) e i favorevoli agli Alleati (Francia e Inghilterra).
Anche fra i musicisti le posizioni furono contrastanti: Leoncavallo e Toscanini erano convinti interventisti pro Alleati, mentre Mascagni era neutralista. Puccini, sebbene in privato si dichiarasse filogermanico, si rifiutava di prendere una decisione precisa: ‘La guerra è proprio orribile’, diceva, ‘qualunque risultato abbia, sia vittoria sia disfatta, le vite umane ne son sacrificate’.
Diametralmente opposto al pacifismo di Puccini fu l’attivismo irruente di Leoncavallo che fu tra i primi firmatari di un documento antitedesco redatto dalla Associazione Artistica Internazionale, in seguito al bombardamento di Reims che danneggiò il tetto della celebre cattedrale gotica. Non solo. Il musicista restituì con sdegno all’imperatore Guglielmo II tutte le onorificenze da lui ricevute pagando caro tale gesto poiché le sue opere furono messe al bando da tutti i centocinquanta teatri tedeschi. La Germania infatti era stata sempre la sede dei suoi massimi successi (il suo ‘Roland von Berlin’ gli fu commissionato proprio dal Kaiser che nutriva per lui una sincera ammirazione) e la perdita finanziaria fu notevole, tanto più che il compositore attraversava un non florido periodo economico. Leoncavallo fu però parzialmente risarcito dal fatto che l’Opéra Comique per la stagione 1915 cancellò dal cartellone tutte le opere di Puccini, sostituendole con opere sue e gli fu anche commissionato un inno, ‘France-Italie’.
In occasione di una replica parigina di ‘Pagliacci’ il focoso maestro fu ricevuto con tutti gli onori addirittura dal presidente Poincaré. Fu in questo clima patriottico, reso poi ancora più acceso dall’entrata in guerra dell’Italia, che Leoncavallo annunciò che stava componendo un’opera dal titolo ‘Mameli o Alba italica’, ’azione storica in due episodi’. La cosa fece clamore, tanto che Tito Ricordi suggerì a Puccini, per recuperare le piazze francesi, di comporre anche lui un’opera patriottica; ma il maestro rispose: ‘Non credo che la proposta sia un rimedio, poi arriverei secondo, dopo lui, e anche perché non son per queste cose. Partorirei una solenne porcheria e questo farebbe più male che bene’.
Per Leoncavallo il ‘Mameli’ significava un ritorno all’opera. Da diversi anni, infatti, preferiva dedicarsi alle operette e alle romanze da salotto più per riassestare il suo traballante bilancio che per motivi artistici. Come per tutte le sue precedenti opere, Leoncavallo era autore anche del libretto (nel suo curriculum vantava di essersi laureato in Lettere a Bologna e di essere stato allievo di Carducci). Per l’occasione si fece aiutare dal librettista Gualtiero Belvederi.
L’opera fu terminata il 17 febbraio 1916 a Viareggio. Fu però rifiutata dall’editore Sonzogno che fino ad allora aveva pubblicato tutte le opere di Leoncavallo, per la ragione che non voleva alienarsi i favori dei tedeschi.
Lo spartito dell’opera fu depositato manoscritto alla Prefettura di Milano nel 1916 con il ‘Copiryght’ (sic!) di R. Leoncavallo. Tutti i diritti erano riservati a lui, ma anche tutte le spese, per far fronte alla quali dovette vendere la sua villa di Brissago (Svizzera).
La prima rappresentazione ebbe luogo al Teatro Carlo Felice di Genova, il 24 aprile 1916. Il cast era il seguente:Goffredo Mameli (Carmelo Alabiso, tenore); Carlo Terzaghi, patriota (Emilio Bione, baritono);Delia Terzaghi, sua figlia (Eugenia Burzio, soprano); Cristina Trivulzio contessa di Belgioioso (Vida Ferluga, mezzosopran); Enrico Dandolo (Attilio Pulcini, baritono); Emilio Dandolo (Luigi Orsetti); Luciano Manara (Luigi Canepa); Un sergente austriaco (Carlo Rama). Direttore d’orchestra: Ruggero Leoncavallo, coaudiuvato nella preparazione da Gustavo Savorelli.
Le recensioni della stampa furono tutte positive. Molto lodata fu la Burzio, reduce da un grande successo alla Scala, che cantava per la prima volta a Genova. Il trentaduenne tenore catanese Carmelo Alabiso, specialista nel repertorio verista, fu applaudito per la sua vocalità vigorosa ma capace di suggestive morbidezze. Bione colpì per la sua voce ‘maschia e possente’.
Il successo dell’opera è documentato dalle numerose repliche nei teatri di tutta la Penisola nella stagione 1916-17, in ordine cronologico: La Spezia (Duca di Genova), Firenze (Politeama Fiorentino), Livorno (Goldoni), Lucca (Del Giglio), Pisa (Verdi), Siena (Dei Rinnovati), Roma (Teatro Morgana oggi Brancaccio), Napoli (Bellini), Pistoia (Politeama Mabellini), Viareggio (Politeama), Foggia (Dauno).
Il precipitare degli eventi bellici interruppe nel 1917 l’attività teatrale. In una lettera indirizzata a Belvederi, Leoncavallo annuncia che era in procinto di recarsi a Roma dove prendere accordi per un film basato sul suo ‘Mameli’. La vicenda si snoda in due episodi: il primo, ambientato a Milano nella casa del patriota CarloTerzaghi nell’autunno del 1848; il secondo, nel giugno 1849, a Roma, ambientato in una casa sul Gianicolo, dove infuria la battaglia che, con la sconfitta dei volontari garibaldini, concluse la breve esperienza della Repubblica Romana. L’opera è popolata da patrioti del calibro dei Dandolo, di Luciano Manara, della principessa di Belgioioso con fascia tricolore e fucile in mano, ma su tutti svetta la storia d’amore fra Goffredo Mameli e Delia, figlia di Terzaghi, che raggiunge l’amato sul campo di battaglia. L’opera si conclude con la morte del poeta, non ancora ventiduenne, ferito in combattimento. Mentre Mameli muore fra le braccia di Delia, si ode di lontano l’inno “Fratelli d’Italia” sostenuto da una suggestiva armonizzazione.
La prime due quartine dell’inno compaiono altre due volte nel corso dell’opera. L’opera è in stile verista ma in salsa wagneriana. Rispetto alle ultime opere del maestro napoletano, ricche di atteggiamenti esteriori (‘Edipo re’ e ‘Prometeo’), è pervasa da un sincero anelito patriottico e da una buona vena melodica. Spicca una bellissima aria di Mameli (‘Tu sempre a me rimani, o poesia’) un tenero duetto d’amore, e una vibrante romanza di Terzaghi (‘Italia, Italia’…). Dopo il 1917 l’opera non fu più rappresentata. Le ragioni, a prescindere dal suo valore, sono da individuare nella stasi dell’attività teatrale nel periodo bellico, e forse anche per via di quella insistenza sull’inno di Mameli che troppo sapeva di repubblica e non era gradito ai Savoia. Infatti l’inno “repubblicano” durante l’intero periodo sabaudo (compreso quello fascista) non venne mai eseguito. Solo nel secondo dopoguerra, nel governo De Gasperi, su proposta del ministro della difesa, il fervente repubblicano Cipriano Facchinetti, fu adottato, sia pure provvisoriamente, come inno nazionale.
Con la morte di Leoncavallo, nell’agosto del 1919, i suoi manoscritti vennero messi all’asta. Fra questi, l’unico esemplare della partitura del ‘Mameli’. Il manoscritto autografo, più tardi, fu acquistato da un collezionista americano e prese la via degli Stati Uniti. Rimase in Italia una copia manoscritta dello spartito per canto e pianoforte depositata alla Prefettura di Milano il 25 aprile 1916, come deposito per il diritto d’autore.
Nel 1941 l’editore Mignani di Firenze pubblicò come “Invocazione all’Italia”, l’aria di Terzaghi con gli stessi versi ma con la quartina finale con nuovi versi inneggianti all’Impero. Daniele Rubboli nella sua biografia di Leoncavallo (‘Ridi pagliaccio’, Maria Pacini Fazzi, Lucca, 1985) parla di una registrazione del 1955 con alcune pagine dell’opera eseguite al pianoforte, da cui ebbe ‘l’impressione che Leoncavallo abbia piacevolmente creato musica tesa ad interpretare il dramma di un idealista innamorato che, sulle barricate, confonde patria e donna, politica ed amore’.
Il 27 febbraio 1998, in occasione di una manifestazione musicale per la celebrazione della ricorrenza del cinquantennale della Costituzione italiana organizzata dall’Associazione “La Nota azzurra”, a cura del M. Nino Bonavolontà (e dell’autore del presente saggio, ndr.) , furono eseguite pagine scelte dal ‘Mameli’ (Rita Lantieri soprano, Cesare Zamparino tenore, Alessandro Gaetani baritono, Sergio La Stella pianista; coro Philarmonia di Roma dir. Stefano Cucci).
Il M. Bonavolontà voleva proporre l’opera all’Ente Lirico di Cagliari ma non fu possibile reperire la partitura ritenuta dispersa. La partitura autografa, unica fonte rimasta dell’opera, dopo lunghe ricerche, è stata ora rintracciata negli Stati Uniti in una collezione privata: attraverso il microfilm è stata realizzata l’edizione critica ( spartito, partitura e parti d’orchestra, regolarmente depositati) ed è stata anche ottenuta l’autorizzazione all’esecuzione
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