La vulgata operistica relativa ai grandi teatri italiani (Milano, Roma, Napoli) per la stagione 2023-24, è secondo i diretti interessati (Sovrintendenti) e secondo i giornali che ne assecondano la narrazione la seguente: Scala-grandi direttori; Opera di Roma-Grandi registi; San Carlo-Grandi voci.
(Comune denominatore di questi teatri è l'aggettivo GRANDE.- abusatissimo di questi tempi, mai che nessuno scirva o parli di musica 'piccola o normale'. Chissà se un giorno avremo in ciascuno di questi teatri: grandi direttori, grandi registi e grandi voci per spettacoli di qualità).
Di tale vulgata, la conferma in un articolo di oggi del Corriere della Sera che racconta la prossima stagione dell'Opera di Roma 'dalla parte del sovrintendente' ( che è al suo ultimo mandato perchè non potrà essere rieletto, causa età), pienamente assecondata dal giornalista. Il quale nella conferenza stampa ha parlato dei grandi registi all'Opera, ma forse il giornalista è incorso nell'errore che fanno tutti quelli che non hanno familiarità con le lingue straniere, come l'inglese, dove il 'regista' è detto 'direttore' ('director'); mentre il direttore d'orchestra è il 'conduttore' ('conductor') - su questo abbiamo ironizzato già troppe volte. Dal che la confusione.
Inspiegabilmente tardiva tale presentazione, rispetto a tutti gli altri quotidiani che avevano già assolto tale compito diligentemente. Ma non tardiva rispetto all'approdo prossimo nella stagione di Caracalla di una pièce del giornalista che da tempo si cimenta con la scrittura in palcoscenico e non.
Dal suo articolo veniamo a sapere che questa stagione prossima ventura è stata 'allestita' da Alessio Vlad, amico del giornalista, ma in rotta con il sovrintendente, tanto che è andato (dovuto andare!) via ed ora lavora a Parma, al Teatro Regio. E poi anche che fra breve Giambrone si doterà di un nuovo direttore artistico.
E, se volete sapere come la pensiamo, non ci meraviglieremmo se chiamasse Oscar Pizzo, che ora governa la musica all'Eur, inondandone la 'Nuvola', ma che prima era stato chiamato a Palermo proprio da Giambrone e da lui rispedito a Roma anzitempo.
La ragione si è saputa dopo molto tempo. Giambrone non tollera che il direttore artistico, un suo collaboratore, gli faccia ombra fisicamente. Però dovrebbe farsene una ragione di tale handicap , perchè sarà difficile trovare un collaboratore che sia della sua stessa altezza o addirittura inferiore. Perchè è lui che è basso, non gli altri che sono alti.
L'informatissimo giornalista ci informa anche su Daniele Gatti, affermando che la sua avventura romana (dopo l'incidente olandese) era cominciata bene ma era finita male ( male perchè, non capiamo).
Ma ciò che comunque non solo non capiamo, ma non perdoniamo al bravissimo giornalista del Corriere è perchè non fa a Riccardo Muti che lui intervista uno giorno sì e l'altro pure, l'unica domanda che meriterebbe di essere fatta e di avere risposta., ma che lui non gli ha ancora fatto:
- Maestro perchè dirige ormai in qualunque teatro in Italia, e non perchè abbia scelto i migliori, ad eccezione di due: Scala e Opera di Roma? Una volta per tutte dica se in quei due teatri, che fanno parte della sua storia passata, finita ingloriosamente, non intende metterci più piede. Il passaggio con orchestre straniere viene preso a pretesto anche da quel giornalista, suo complice, per dire che Lei in quei due teatri ci torna regolarmente a dirigere, prima con i Wiener, prossimamente con la Chicago. Lei, maestro deve dirci se intende tornare a dirigere le orchestre di quei due teatri o no - questo ci interessa sapere. Quando, è secondario.
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