'Prima della Messa' (Mass, di Leonard Bernstein)... prima della messa in onda, la Rai ha aspettato un anno esatto. La singolare 'pièce teatrale per cantanti, musicisti e ballerini' il compositore americano la scrisse nel 1971, per sollecitazione della vedova Kennedy, al momento dell'intitolazione del grande aeroporto di New York a suo marito, l'ex presidente USA.
Ma tale e tanta è la ricchezza e varietà degli elementi in essa presenti che la figlia più giovane del compositore, Marina, interpellata, ha rivelato che suo padre quella pièce avrebbe voluto intitolarla Mess, che in inglese - ha detto - vuol dire 'casino': tante cose anche molto diverse, assemblate. E il documentario che la Rai ha appena trasmesso ma che ha girato sulla realizzazione scenica della Mass di Bernstein, musicalmente diretta da Diego Mateuz, alle Terme di Caracalla, nell'estate del 2022, di quel 'casino' è stata l'immagine più fedele.
Intanto il documentario aveva rubato il titolo ad una nota trasmissione di Rai 3 di altri tempi, 'Prima della Prima', ereditandone anche la sfortunata accoglienza in tv: share del 1,20%, telespettatori188.000. E se anche noi avessimo deciso di spegnere la tv, come siamo stati più volte tentati di fare man mano che il documentario procedeva confusamente, lo share sarebbe sceso sotto l'1% e davanti alla tv sarebbero rimasti solo parenti ed amici strettissimi di quella enorme massa di cantanti, musicisti e ballerini impiegati, e solo quelli. Per dovere.
Ora a volerla dire tutta quel documentario sembrava fatto apposta per celebrare più che Bernstein, il direttore artistico dell'Opera di Roma, Alessio Vlad - che fra la registrazione e la trasmissione tv ha lasciato il teatro per dissidi con il sovrintendente Giambrone - il quale ha provato ancora una volta ( secondo noi senza i necessari fondamentali!) ad accreditarsi come uno dei più autentici esegeti bernsteiniani in Italia.
E infatti, la finta storia parte dalla rivelazione, da parte del nostro esegeta, che il regista Michieletto un bel giorno gli disse che stava studiando un lavoro di Bernstein, Mass, che lo affascinava per la sua complessità. "Feci salti di gioia, perchè io, nello stesso periodo - così ha detto Vlad - stavo pensando di mettere in cartellone all'Opera proprio quel lavoro di Bernstein". Che coincidenza.
Comunque oltre la messa in scena a Caracalla, nel documentario abbiamo visto spezzoni di varia natura (fra i tanti anche Bernstein che dirigeva Beethoven) e dichiarazioni di vario genere, senza capire un granché. La confusione alla quale faceva riferimento la figlia di Bernstein era rimasta intatta. Anzi era aumentata.
L'esegeta Vlad, vero protagonista del documentario, se ne è servito per avallare con maggior forza la sua vicinanza, frequentazione e collaborazione professionale - ma quando?- con il grande musicista americano. Lo ha fatto anche mostrando un dono prezioso che gli è arrivato dagli eredi di Bernstein (un gilet bianco indossato dal direttore e due bacchette firmate).
Insomma Vlad ha voluto con ogni mezzo dimostrare, colpevolmente assecondato dalla tv di Fuortes suo precedente datore di lavoro, che lui con Bernstein era come 'culo e camicia' (come si usa dire con rara efficacia) ed anche che, senza pudore, lui si considerava per Bernstein quel che Robert Craft era stato per Igor Strawinsy... seeeeeeeeee. E a noi?
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