Bari, bambino tetraplegico non può essere dimesso da 10 mesi perché la casa non è idonea. La primaria: “Nessuno vuole affittare alla famiglia”
Bari, bambino tetraplegico non può essere dimesso da 10 mesi perché la casa non è idonea. La primaria: “Nessuno vuole affittare alla famiglia”

Non può uscire dall’Ospedale perché non ha una casa idonea. È la storia di un bambino di 12 anni ricoverato nel reparto di malattie infettive dell’ospedale Giovanni XXIII° di Bari da oltre 10 mesi. Il piccolo ricoverato originario del Bangladesh non può essere dimesso perché il sottoscala in cui risiede regolarmente assieme a mamma, papà e tre fratelli non è idonea per le sue esigenze.

Soffre di tetraplegia, una paralisi che coinvolge tutti e quattro gli arti e il torso e non può continuare a vivere in una stanza di 35metri quadri. Lì l’assistenza sanitaria non può accedervi per mancanza di servizi idonei essenziali come la vasca da bagno e lo spazio ristretto. Il papà, che per seguire il figlio durante la malattia ha lasciato il lavoro decennale di cuoco, sta cercando disperatamente da mesi una nuova sistemazione. Il problema è proprio questo. Nessuno vuole fittargli la casa.

“Finché non troverà un posto idoneo – spiega la primaria di malattie infettive del Policlinico, Desirée Caselli - sarà costretto a rimanere in Ospedale. Non è giusto. Il ragazzo si è ripreso gradualmente e può ritornare alla sua vita come è giusto che sia, anche se con l’ausilio della carrozzina. In più la sua permanenza qui potrebbe togliere la possibilità ad altri bambini di usufruire delle cure necessarie”.

Il primario ha preso a cuore la storia del giovane e spera che possa ritornare a vivere con la sua famiglia in un luogo consono. Al momento però resta ancora ricoverato in Ospedale. “Sono stati inutili gli appelli del comparto medico guidati dal dottor Manfredi continua Caselli - perché una soluzione al momento non c’è. Gruppi social e associazioni non riescono a offrirgli un supporto e di affittacamere o appartamenti non se ne trovano, forse non si fidano della regolarità del pagamento dell’affitto”.

Eppure, il papà è residente in Italia da oltre 10 anni e ha sempre svolto la sua professione pagando regolarmente l’affitto del sottoscala e non avrebbe problemi a ritornare a lavorare. La storia del piccolo sembra non avere fine: dopo una caduta avvenuta tre anni fa nel suo Paese, in Bangladesh, ha perso la capacità motoria e ha subìto una serie di interventi chirurgici che lo hanno reso “tetraplegico”. Nell'agosto del 2021 si è sentito male. Ha avuto alcuni problemi di respirazione e il papà, che da oltre 10 anni lavorava a Bari, ha deciso di chiedere il ricongiungimento familiare.

Qui il piccolo ha “girato per i reparti” spiega Caselli perché è andato in coma, poi in terapia intensiva, passando per neurologia, nefrologia fino ad arrivare nella stanza dove è oggi bloccato: il reparto di malattie infettive. Il bambino sta meglio, mangia, parla, ma ha bisogno di fisioterapia e assistenza domiciliare specializzata che non può essere effettuata nella sua attuale dimora.