venerdì 9 giugno 2023

Alberto Mattioli. Dal suo 'Gran Teatro Italia', due notizie le ho apprese. Ma due di numero che hanno per protagonista due Giuseppi

Due di  numero, che ho immediatamente legato all'attualità

 La prima  riguarda  Giuseppe Verdi e la Scala, e la seconda Giuseppe Mulè e il Regio di Torino.

Per Giuseppe Verdi. Dopo la prima della Giovanna d'Arco, 15 febbraio 1845, il musicista litiga con l'impresario Merelli, lo stesso del Nabucco e decide di non mettere più piede alla Scala, lui e le sue opere, ne dà anche le ragioni che fanno felici i detrattori del teatro milanese ed anche Mattioli. "Ho troppi esempi per essere persuaso che qui, alla Scala, non si sa e non si vuole montare come si conviene le opere, specialmenmte le mie". La Scala disubbidì e continuò a mettere in scena le sue opere. Un giorno poi, passati 24 anni, anche Verdi rimise piede sul palcoscenico della Scala.

Perchè questa notizia, che ho letto da Mattioli, mi ha fatto pensare al presente dandomi  una certa fiducia? Perchè Riccardo Muti, come Verdi (ma diversamente da Verdi, ovvio!) è uscito dalla Scala nel 2005, dunque 18 anni fa ed ancora non intende rimetterci piede, mentre ormai dirige in tutti gli altri teatri italiani.

 Pur tenendo presente che a dire di Mattioli, gli anni di Muti alla Scala non sono stati fra i più memorabili  della storia del teatro, pensiamo che Muti, ad imitazione di Verdi, potrebbe far ritorno a Milano dopo 24 anni di assenza. Perciò non ci resta che augurarci di vivere almeno  per sei anni ancora per verificare l'atteso ritorno.

Ed ora Giuseppe Mulè, ma anche di Guido Mulè. E qui il caso è più intricato e forse vive soltanto nella nostra fervida fantasia.

 Apprendiamo da Mattioli che il vecchio Regio di Torino, non quello originale del 1740 disegnato da Benedetto Alfieri, alla mortye di Filippo Juvarra, andò distrutto nel 1936, nella notte fra l'8 e il 9 feb braio mentre erano in corso le repliche di Liolà, opera non fortunatissima di Giuseppe Mulè, compositore nato a Termini Imerese, nel 1885 e morto a Roma nel 1951. 

 E qui entra in gioco la nostra fantasia: Mulè chiama Mulè. Non certo Giuseppe, ma Guido, nato a Caltanisetta, tuttora vivo ed attivo, fratello di Giorgio, che da un paio di governi è stato sottosegretario e comunque noto esponente politico del partito di Berlusconi, nella cui azienda ha fatto la sua carriera di giornalista coronata , dal suo padrone, con incarichi politici.

 Di Guido Mulè sappiamo che è passato dal Teatro San Carlo, sotto la sovrintendenza di Rosanna Purchia, come direttore del personale, restandovi per un solo anno dal 2015 al 2016, ma più a lungo- e tuttora- nella stima della Purchia. La quale quando va a Torino, come commissaria, dopo la tragedia 'Graziosi' lo vuole con sé e nel 2020 lo nomina direttore amministrativo (o generale?). Poi la Purchia lascia il Regio per assumere l'incarico di assessore alla Cultura in Comune. E che ti fa? Contro tutto e tutti vorrebbe Guido Mulè sovrintendente del Regio. I malumori dentro e fuori il teatro sono numerosi, e riguardano anche aspetti economici come il suo compenso che lui vorrebbe raddoppiato, tanto che deve lasciare, dicendo che lui non resta dove non lo vogliono.

 La Purchia insiste con lui ( avrebbe potuto mollare; non sarà che c'entra anche il fratello Giorgio?) e lo fa nominare 'direttore generale' della 'Città metropolitana' di Torino.

 Comunque sempre meglio, almeno per il Regio. E qui entra in gioco una fantasia malata e smodata, qual è la nostra.

 Perchè sfidare il destino con un sovrintendente Mulè, quando un musicista Mulè, non certo per sua colpa,  dovette assistere al teatro in fiamme, durante le recite di una sua opera?

 Meglio non rischiare. I due Mulè non sono parenti, da quel che ne sappiamo, ma sempre meglio far girare i Mulè, tutti i Mulè della terra, alla larga dal REGIO di TORINO. 

 Beh, due cose le ho apprese - due semplici notizie, sia chiaro - da Mattioli.

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