Maria Perrotta e il suo Bach "Piccole composizioni, grande arte"
La rassegna Pianofortissimo si apre questa sera, alle 21, nel Cortile dell’Archiginnasio sua storica cornice, ospitando ancora una volta la pianista Maria Perrotta, cui chiediamo di rievocare i primi rapporti con Bologna e il suo amato Bach.
"Era il 2010, quando venni invitata da Alberto Spano alla ‘Maratona Goldberg’ dei 32 giovani pianisti che si alternavano nella lunga serie di variazioni bachiane. Io in realtà, conoscendo già l’intera composizione, ero stata convocata ‘in panchina’, pronta a sostituire qualunque eventuale defezione. Sono poi passata ‘titolare’ nel 2012, con quell’emozionante esecuzione integrale delle stesse ’Variazioni Goldberg’ a Lugo, durante il nono mese di gravidanza, fissata successivamente in un disco Decca che tanta fortuna mi ha portato. Ed ora sono qui, nuovamente ospite di Pianofortissimo, e sempre con un programma bachiano".
Un ’Vocabulaire Bach: A-Z’.
"Dopo i grandi cicli proposti anche a Bologna (le ’Goldberg’, ’L’arte della fuga’, ’Il clavicembalo ben temperato’), mi sono ora rivolta alle miniature, a un Bach meno sacrale, con particolare attenzione alle opere prettamente didattiche, attraverso cui passano tutti i giovani pianisti durante i primissimi anni di studio: i piccoli preludi, le invenzioni a 2 e 3 voci, alcune danze più galanti. Quello che sorprende è trovare l’arte del grande Bach anche in queste piccole composizioni. E se non siamo ancora all’alfabeto completo, consideriamola una prima puntata!".
Lei pratica anche il clavicembalo, per cui tali opere furono concepite?
"No, se non per curiosità personale, strettamente privata. Più che importare la tecnica clavicembalistica sul pianoforte, sento attivarsi un immaginario timbrico che suggestiona inevitabilmente il pianista suonando Bach: alla consapevolezza di avere fra le mani una musica non scritta per il moderno pianoforte si associano altri mondi, e non necessariamente clavicembalistici, come l’aspetto dell’imitazione della voce umana, pur sempre molto presente in tali opere. È giusto porsi il problema tecnico ed estetico, ma per risolverlo poi attraverso le risorse dello strumento che abbiamo effettivamente sotto le dita, uno strumento che non va annullato nei suoi aspetti peculiari – la dinamica, il legato, la cantabilità – ogniqualvolta sia utile farli emergere".
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