Avrà sedici anni, tossica e puttanella d’occasione per pagarsi il buco. Randagia per le stradine organiche della Roma rinascimentale. Venti euro e ti mette sotto nel falansterio della capitale autentico check point dello spaccio vascolare gestito dai signori nordafricani qui in Italia, un luogo geografico, clandestini, ma con la parlantina tanto politicamente corretta del “siamo profughi in fuga dall’inferno, zio”. Quella roba lì che fa tanto sentimentalismo di “poverini poverini” in eco politicamente corretta. L’inferno i rifugiati, diconsi, se lo sono portati dietro quale cifra costitutiva del loro desossiribonucleico. Lei, la pecorella, di suo ci ha messo dentro la stolida arroganza di una sedicenne, una qualunque sedicenne venuta su con il photo shop di instagram, le borsette, gli straccetti e le acque minerali firmate, le musichette dei rapper che inneggiano all’accatto. Vive con la nonna, accampata lì, dopo che madre e padre sono entrati in rotta di collisione con lo strascico delle denunce. Quanta furia avrà sentito nei suoi anni d’infanzia. La Madonna lo sa. Scuola media superiore da tirare avanti coi denti. Ritardi, bigiate. Va così.
Desireè Mariottini ha il corpo vivo e prigioniero di quella stolidità incistata nella timidezza che arriva dalla prima infanzia, una timidezza che il buco svampa nell’onirismo del Paese delle Meraviglie. Lewis Carrol, che questa bimba non avrà mai letto, come pochi ci vide dentro. Epoca vittoriana o questa, la nostra, nulla cambia nel cuore di una ragazza. Nulla. L’uomo è sempre uguale. E così li ha incontrati. Gli scampati all’inferno. Se la sono sbattuta in tandem per dodici ore. Pasteggiando. Poi l’hanno lasciata lì. Crepa lì. Soffocata dentro il suo vomito la sua piscia e la sua merda. Pronti per un’altra. Se ne itono stappando birra e pisciando in giro. I profughi. Tanto fighi con i capelli da rasta e palandrane bisunte. Erano in quattro ma forse, dicono gli inquirenti, ne sono arrivati altri tre per il rito cannibale. Sette cazzi dentro la fica e il culo. Va così in questa Italia di merda, dove si ammazzano le nostre figlie e il mainstream, quello del politicamente corretto, dei giornaloni e televisoroni sempre più scadenti, ammoniscono, col ditino alzato, che sì, certo è riprovevole, ma queste cose accadono in tutto il mondo. Eppoi era una tossica. La si butta lì, a subliminale. Come dire che una tossica ci va dentro di brutto nel destino di morte. Merde. Italia di merda. Per chi scrive Desireè Margottini tanto quanto la sua sorellina Pamela Mastropietro, sbancata e pasteggiata da altrettanti profughi fuggiti all’inferno, sono sante. Sante. Italia di merda.
Emanuele Torreggiani
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