«Ancora un volta il vicepremier Luigi Di Maio non perde occasione per mostrare a tutti gli italiani la sua cultura. Non solo ignora che il gruppo Espresso non esiste più da due anni, confluito nel più articolato gruppo Gedi che è il leader in Italia nell'informazione quotidiana e multimediale. Ma dimostra per l'ennesima volta di non conoscere la differenza tra bufale e notizie, evidentemente perché espertissimo della prima fattispecie e allergico alla seconda». I comitati di redazione della Repubblica e dell'Espresso commentano così l'ennesima sortita del ministro contro il quotidiano, il settimanale e tutto il gruppo editoriale.
«Nella sua dichiarazione Di Maio parla senza cognizione di causa, ed è grave essendo lui anche ministro del Lavoro, di 'processi di esuberi' e di 'giornali che stanno morendo': tradendo così una sua speranza recondita. Ma può mettersi l'anima in pace: Repubblica, L'Espresso e le altre testate del gruppo Gedi non moriranno e continueranno a fare quello per cui, Costituzione alla mano, sono in testa alle classifiche della diffusione digitale e cartacea nel nostro Paese: raccontare la verità, soprattutto quando è scomoda per il potente di turno».
In un video su Facebook, Di Maio era tornato ancora una volta ad attaccare il gruppo editoriale di cui fanno parte Repubblica e l'Espresso evocando la morte dei giornali e il licenziamento dei giornalisti sgraditi, tacciati di 'passare il tempo ad alterare la realtà e non a raccontare la realtà'.
«Gli insulti del vicepremier Luigi Di Maio ai giornalisti di Repubblica, l'Espresso e di tutto il gruppo Gedi sono l'ennesima dimostrazione del disprezzo nutrito nei confronti dell'informazione libera e del ruolo che questa è chiamata a svolgere in ogni democrazia liberale. Di Maio, come del resto buona parte del governo, sogna di cancellare ogni forma di pensiero critico e di dissenso e si illude di poter imporre una narrazione dell'Italia lontana dalla realtà», è il commento del segretario generale e del presidente della Federazione nazionale della Stampa italiana, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti.
«Auspicare la morte dei giornali – proseguono i vertici della Fnsi – non è degno di chi guida un Paese di solide tradizioni democratiche come è l'Italia, ma è tipico delle dittature. È bene che il vicepremier se ne faccia una ragione: non saranno le sue minacce e i suoi proclami a fermare i cronisti di Repubblica, dell'Espresso e del gruppo Gedi, ai quali va la solidarietà del sindacato dei giornalisti italiani, e a piegare il mondo dell'informazione ai suoi desiderata».
Al vicepremier Di Maio risponde dalle colonne di Repubblica il direttore Mario Calabresi, che in un editoriale pubblicato anche sul sito web del giornale assicura: «Non abbiamo paura, continueremo a raccontare la verità».
In difesa del lavoro dei giornalisti e della libertà di stampa si schierano anche le altre istituzioni della categoria e i comitati di redazione di numerosi quotidiani. Il presidente del Cnog, Carlo Verna, parla di «emergenza libertà di stampa» e annuncia che «il tema e le relative iniziative da prendere saranno inserite all'ordine del giorno della consulta dei presidenti e dei vice presidenti regionali già in programma sulla questione della riforma dell'accesso alla professione dopodomani». Ai colleghi chiamati in causa, prosegue Verna, «esprimo intanto la piena e totale solidarietà nonché la vicinanza del Cnog, che non si farà tacitare dalle minacce abolizioniste dell'ordine dei giornalisti. Anzi saremo in campo con maggior forza e schiena dritta. Nessuno s'illuda di poter cancellare con qualunque provvedimento di legge il giornalismo».
Per il segretario dell'Usigrai, Vittorio Di Trapani, «compiacersi per la morte di un giornale o per esuberi di lavoratori è grave. Che lo faccia un uomo di governo è allarmante. Che lo faccia il ministro del lavoro è preoccupante. Che lo faccia nei confronti di giornali e giornalisti sgraditi è inquietante».
Critiche al ministro e solidarietà ai colleghi anche nella nota diffusa dal cdr de La Stampa. «È vergognoso – scrivono – che un ministro della Repubblica, per paradosso ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico, preveda la morte di una impresa del nostro Paese dando l'impressione addirittura di compiacersene. I giornalisti de La Stampa possono garantire al ministro Di Maio che non si lasceranno intimidire e continueranno nel loro lavoro di informare pienamente i cittadini assieme a tutti i colleghi delle altre testate del Gruppo Gedi».
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