Il direttore del Corriere girava come un invasato da una redazione all'altra del giornale, mostrando a tutti il pezzo che Uolter l'americano, il grande scrittore e regista del dolore e dalla penna delicata intinta in inchiostro pastello, aveva scritto in esclusiva per il suo giornale.
Forse non gli era stato richiesto - anzi sicuramente nessuno glielo aveva chiesto - ma lui aveva preso l'iniziativa di incontrare una giovane signora sulla cui famiglia, qualche mese fa, s'è abbattuta una vera tragedia: la morte del marito, Davide Astori. Improvvisa, imprevista, solitaria, di notte in una camera d'albergo, alla vigilia di una partita, lui calciatore, giovane, sano e bello, capitano di una squadra di calcio.
Quella del giornalista ipersensibile, dal cuore d'oro, non è che l'ennesima trasformazione dell'ex politico, da tempo vitaliziato, già missionario in Africa, ma a distanza, da Roma, scrittore tenero e delicato, cineasta, autore televisivo, da tutti ed in ogni nuova trasformazione, accolto sempre a braccia aperte, senza badare ai successi e insuccessi, perchè lui è UOLTER l'AMERICANO.
Le due pagine fitte fitte che raccontano l'incontro del giornalista, già scrittore-autore televisivo- cineasta, con la vedova Francesca Fioretti trasudano dolore spettacolarizzato, acuito dalla presenza di una bambina, chiamata volutamente Vittoria, perché nata contro la diagnosi di un medico di un paese sudamericano dove la giovane coppia era in vacanza e lei incinta - esibito però con delicatezza di tratto da un missionario umanitario in pectore, una specie di Moccia 'di classe'. Francesca, ci racconta Uolter, soffre in silenzio, senza far sentire alla piccola il vuoto incolmabile lasciato dal padre.
Ora è chiaro che non vogliamo sminuire il dolore immenso della signora, di fronte al quale non possiamo che restare muti, come faremmo, anzi facciamo, di fronte ad analogo dolore di cui ogni giorno ahimè ci giunge notizia.
Ciò che non ci convince - e lo diciamo apertamente - è che uno come Uolter si sia dato pena di una signora ancora giovane, con figlia, che forse un futuro riuscirà a crearselo - e noi glielo auguriamo di cuore, a Lei ed a Vittoria - mentre analogo imperativo morale/professionale non abbia sentito nei riguardi delle tante tragedie, purtroppo quotidiane, che si abbattono su famiglie poco note, anzi sconosciute, magari anche bisognose che ogni giorno affrontano la vita che per loro è sempre una tragedia, sulle quali pesano, perciò, infiniti altri problemi con i quali devono combattere, anche prima che si abbatta la grave tragedia di un lutto, improvviso.
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