Possiamo dire che abbiamo letto con qualche trepidazione il lungo ricordo che Paolo Isotta ha scritto per Il Fatto quotidiano del celebre soprano scomparso a 85 anni, dopo lunga malattia (aveva avuto un ictus nel 2013, dal quale non si era ripresa) a Barcellona. Abbiamo temuto che anche lui si fosse messo nella scia del 'celebre soprano che duettò con Freddie Mercury, nel celebre disco 'Barcelona', come hanno fatto tutti i giornali, quasi senza eccezione.
Con trepidazione, ma senza mai perdere la speranza che Isotta non poteva inciampare nell'ovvio inutile insensato ricordo del duetto.
La Caballè, una delle più belle voci del secolo passato, fra molti anni non sarà più ricordata per quell'incontro, ma per il contributo di intelligenza musicale e tecnica superlativa offerto al grande repertorio che ha frequentato nel corso della sua lunga carriera di cantante. Tanto vale cominciare subito senza attendere anni.
Isotta non vi ha neanche accennato a quell'incontro, irrilevante sotto ogni aspetto; ma vi hanno provveduto i solerti redattori del Fatto , i quali non riuscendo a desistere, hanno confezionato un sommarietto laterale di accompagnamento al ricordo della celebre cantante che ha cantato con il divo rock - toh, l'hanno comunque sottolineato; come mancare?
Ha fatto di più, ed anche peggio, il Corriere. Il critico del giornalone, prevenendo i lettori che avrebbero notato l'assenza, ha attaccato: qualcuno dirà che non si può parlare della Caballé partendo dal suo incontro con Freddie Mercury. E' bene chiarirlo subito: noi ne scriviamo in apertura, per sgomberare il campo da ovvietà come queste. Sì, lo ha incontrato, hanno cantato insieme, ma poi basta, voltiamo pagina e parliamo della Caballè. E intanto si è adeguato .
Il peggio dell'ovvio si è avuto poi su Repubblica, quando il giornale ha affidato il ricordo-profilo della cantante ad un suo critico di 'leggera' - come volevasi dimostrare. E lui su quell'incontro ci ha inzuppato la penna, sfruttando anche una sua intervista passata alla cantante. Lo stuolo di critici di 'classica' del quotidiano era occupato altrove o, come Toninelli all'indomani della caduta del ponte di Genova, era al mare con la famiglia, ma con il pensiero- o forse neanche con quello, come il bugiardo ministro con Genova- a Barcellona ed a quella cantante 'ingombrante' anche fisicamente, che però trasportava quel suo baule d'accompagno con la leggerezza di una farfalla.
Bando alle banalità, a noi di Freddie Mercury che canta con lei non importa un fico secco. Ci picae ricordare una delle rarissime volte in cui l'abbiamo ascoltata in un recital di arie d'opera e non, a Firenze. Era verso la fine degli anni Ottanta, Lei cantava accompagnata al pianoforte da Scalera, nella grande sala del Comunale.
Dopo le prime due o tre arie la sala si era mostrata freddina, con lei abituata a grandi trionfi, e non perchè Lei non meritasse il calore del pubblico. Allora, come solo le grandi dive sanno fare, capovolgendo in loro favore qualunque situazione anche la più ostile, si è fermata un momento e nel silenzio generale, ha strillato, scandendo, per farsi sentire e capire da tutti: mamma che freddo stasera - e ha fatto il verso dei brividi.
Non ha fatto in tempo a terminare il brano seguente che il teatro è venuto giù e Lei ha ripreso la corsa in discesa, fra un tripudio di applausi sempre crescente, terminato con la richiesta di numerosi bis che, a quel punto, ha dovuto esaudire, alla faccia della stanchezza.
Questo riescono a fare solo le primedonne quando salgono in palcoscenico, anche se altove appaiono donne qualunque. A noi è capitato di assistere ad un analogo miracolo con un'altra diva, Anna Netrebko, molto più giovane, una voce imponente e meravigliosa, incontrata per le strade di Cortona - forse per la prima volta in Italia, mentre all'estero si parlava da tempo di lei - che non le avresti dato due lire, dimessa in ogni senso, anche nel vestiario da bancarella dell'usato. Una donna qualunque. neppure così bella. Poi la sera in piazza, sale in palcoscenico, incede fasciata in un abito che le stava addosso come un guanto, si ferma, comincia la musica, dopo qualche esitazione a causa della pioggia, e la piazza si trasforma in uno stadio dopo un goal che coinvolge anche le tifoserie avversarie: applausi meritati da una voce bella come la sua, aiutata anche dalla presenza fisica di cui Montserrat non poteva valersi. E che perciò ogni volta scendeva nell'agone senza rete, forte solo della sua bellissima voce, della sua formidabile tecnica, e di una intelligenza musicale fra le più acute e profonde.
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