Grazie Big Luciano! Se il
teatro della vita gli avesse concesso, come tante altre volte, una
replica, una sola per cancellare il ricordo di qualche acuto poco
pulito, o qualche superficialità musicale spesso imputatagli nel
corso della sua gloriosa carriera, o per tirarsi dalla sua un
loggione ostile, Big Luciano avrebbe ancora una volta dimostrato di
essere quello di sempre, il figlio del fornaio abituato a combattere,
spavaldo, noncurante del rischio, vincitore ad ogni costo. Ed invece,
come aveva avuto sentore da tempo – perché la malattia l’aveva
ridotto male, ma la testa quella l’aveva sempre lucida - questa
volta non c’era tempo per la rivincita. Ed egli, scherzando,
l’aveva detto pubblicamente, usando l’amato gergo delle carte da
gioco: “ siamo pari e patta”. Se dovesse andarmi male posso pur
sempre dirmi soddisfatto: dalla vita ho avuto tutto, per una volta
devo rendere, e pareggiare il conto. Non era da Pavarotti, ma la resa
si faceva necessaria, il male era davvero tremendo, il peggiore fra i
tumori, quello che agli uomini normali non lascia tempo e scampo e
che lui aveva continuato a combattere per oltre un anno, senza
arrendersi mai. Che le cose, negli ultimi tempi, si fossero messe male per
lui, lo lasciava chiaramente capire il ricovero in ospedale a Modena
ai primi di agosto. I bollettini medici, nel loro linguaggio anodino,
facevano capire molto di più di quanto non dicessero effettivamente;
quel ricovero si era protratto oltre il tempo necessario, senza che
nulla trapelasse. Lui aveva voluto restare a Modena - s’era detto
per restare più vicino all’ospedale dove aveva ricevuto le ultime
cure. In realtà deve aver dato ordine di voler morire a casa. Poi
l’ultimo segnale di allarme, una specie di campana a morto, i cui
rintocchi non lasciavano dubbi: il Ministro Rutelli, aveva istituito
in extremis un ‘Premio Eccellenza’ (“per l’eccellenza nella
cultura, destinato a dare un riconoscimento alle massime personalità
che si affermano nella cultura italiana”) e lo aveva attribuito al
grande tenore (che “sta combattendo una grande battaglia contro la
malattia con la determinazione con cui si è affermato nel mondo con
una carriera formidabile”). Non bisognava essere poi tanto acuti
per capire che la sua corsa, Lucianone stava per terminarla, ed il
ministro non voleva arrivare fuori tempo al generale necrologio
laudativo. In questo momento non viene a nessuno in mente di
ricordare i passi falsi, del grande tenore, che pure ci sono stati:
la pendenza con le tasse risolta con un concordato che, se anche in
corner, gli fece onore; l’esperimento di regia, non dei più
brillanti; quel mix di bello e brutto che era il suo ‘Pavarotti and
Friends’ di Modena, dettato dalla sua generosità, senza andare
tanto per il sottile dal punto di vista musicale; il ritiro dalle
scene da tempo annunciato e sempre procrastinato; quelle sue ultime
opere cantate sempre con uno sgabello necessario per reggere la sua
mole, resa ancora più ingombrante da irrisolti problemi di
deambulazione; ed anche quel concerto dei ‘Tre tenori’ che era
diventato per lui, Domingo e Carreras una miniera inesauribile di
denaro ed onori. Su queste scivolate facciamo cadere un leggero
sipario, ora che un sipario ben più pesante è calato per l’ultima
volta sulla sua vita. Big Luciano addio! “Penso che una vita per la
musica sia una vita spesa bene, ed è a questo che mi sono dedicato” ( Pietro Acquafredda, Music@ 2007)
Nessun commento:
Posta un commento