Non siamo diventati più cauti, quasi diffidenti con gli anni. Lo eravamo anche prima, quando difficilmente ci lasciavamo coinvolgere da scoperte, in campo musicale, sensazionali, sia che riguardassero compositori - negli ultimi tempi più d'una volta hanno tentato di distruggere l'idea che noi ci siamo fatti attraverso la storia di Beethoven o di Mozart; quasi sempre si sono cimentati in quest'opera di riscrittura totale della storia musicale avventizi senza nessuna base musicale, musicologica od anche storica - sia, più numerosi, gli interpreti. In quest'ultimo caso abbiamo visto tante volte infinite stelle cadere dal cielo a sanlorenzo della stagione successiva a quella in cui raccontavano di averle viste sfrecciare nel cielo; ma anche, al contrario, punti luminosi che mai e poi mai avremmo scambiato per stelle, e che di lì a qualche anno, acquistando forza, hanno cominciato ad illuminare il cielo della musica.
Ma infinite altre volte, purtroppo, è accaduto, con la complicità dei mezzi di comunicazione, che ad un enfant prodige, o ad una bella fanciulla, magari un pò eccentrica ( che nel mondo della musica non è raro incrociare), veniva profetizzata una carriera che solo una ben diversa più robusta sostanza può assicurare.
Leggere perciò ancora oggi di un giovane direttore che finalmente sta facendo scoprire Mozart - che, naturalmente, nessuno finora avrebbe mai rivelato come dovevasi - lui che ha la faccia da divo rock, chissenefrega; od anche di una pianista italiana che a trent'anni, dopo aver mietuto successi in ogni parte del mondo, mentre in Italia, solo nella Toscana natia, leggere di Lei che è il fenomeno del momento ( ha appena inciso per Decca il Secondo di Rachmaninov, ma Lei è stata la pupilla di Stockhausen, e di questo veniamo a conoscenza dopo la morte del compositore) ci rende ancor più diffidenti e ci fa dire: ma che ha fatto fino a trent'anni? Se poi aggiungiamo che in una intervista, oggi, la giovane pianista racconta di essere strumento nella mani del marketing, al punto che quando prova e studia a casa, si mette abiti e scarpe che indosserà nel concerto; e che, fin da piccola, segue una 'dieta' musicale materna ferrea: dalle 14 alle 16, Bach; dalle 16 alle 18, Chopin; dalle 18 alle 20, Beethoven; allora scoppiamo a ridere. Meno male che non abbia accennato al suo legame sentimentale, vero, sincero, con un ex deputato che ora come ieri frequenta il jet set più delle aule parlamentari, perché altrimenti avremmo concluso: due più due fa quattro, cioè i conti tornano. E i conti non sono propriamente musicali. Marketing infatti.
Ma qualcosa ci hanno fatto pensare queste due interviste, una dopo l'altra, simili a tante altre, e cioè che i legami fra agenzie o case discografiche e mezzi di comunicazione sono oggi più stretti che mai.
Ma non nuovi, perchè di certi legami fra giornalisti anche noti e certi agenti, nel passato, chi non sapeva? E del resto è quasi naturale che agenti e case discografiche si facciano amici giornalisti che poi lusingano in ogni maniera per asservirli alle loro necessità, di marketing appunto.
Per esperienza diretta sappiamo che ciò accade. Negli anni Ottanta, quando dirigevamo Piano Time, un famoso agente, con residenza a Montecarlo - inutile che ne facciamo il nome - sul quale avevamo scritto cose non proprio lusinghiere, ci chiese di lavorare per lui, in quel caso per (nella) la sua agenzia, ma chiaramente ed alla luce del sole, non come ci viene il dubbio che facciano tanti altri che di fatto lavorano anche per agenzie e case discografiche, pur svolgendo ufficialmente un diverso mestiere. Benchè 'apertamente' non accettammo perchè il lavoro del critico è l'opposto di quello dell'agente.
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