Dominique Meyer non ha ancora un sostituto. Il contratto del sovraintendente del teatro La Scala di Milano è in scadenza nel giro di un anno, ma chi gli succederà resta un'incognita. La proroga è l'ipotesi più avvalorata, che lo stesso sindaco Beppe Sala ha confermato come possibilità. Ma è vero anche che Meyer compirà 70 anni l'8 agosto 2025, limite di età massimo per i vertici delle fondazioni lirico-sinfoniche (da un decreto del governo Meloni del maggio 2023). Le sorti della Fondazione dovevano essere discusse nel Cda di lunedì, ma così non è stato.
"La proroga è una possibilità, ma finché non parlo con il governo", ha detto Sala al termine della riunione. Secondo il primo cittadino, la decisione non dovrebbe essere prorogata fino all'estate e la fumata bianca è attesa entro la prossima primavera. L'apprezzamento per Meyer "è nei verbali", ha fatto sapere Sala, che però evidenzia come la discussione sulla possibilità di proroga debba passare prima dal governo.
"Quello che mi manca è un confronto con il ministro (della cultura, Gennaro Sangiuliano, ndr) che avverrà a breve", ha fatto sapere il sindaco spiegando come il sistema di governo della Scala sia composto da tre soggetti che non è semplice accordare: governo, istituzioni locali e privati.
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Fumata nera al CdI ( Comitato di Indirizzo, come nei restanti teatri lirici) o CdA ( Consiglio di Amministrazione) come potrebbe aver conservato il Teatro milanese e l'Accademia di Santa Cecilia, che godono, per decreto governativo, di uno statuto speciale?
Quale che sia la dizione giuridica, ieri dalla riunione dei vertici della Scala non è uscita la decisione relativa al dopo Meyer. Se ci sarà un dopo Me4yer, perchè continua ad essere ventilata l'ipotesi di una proroga per l'attuale sovrintendente, sempre che la Scala - che ha statuto speciale - non possa derogare alla recente - ignobile, perchè una sorta di 'colpo di stato' in tutte le istituzioni culturali italiane - decretazione governativa che fissa l'età dei vertici delle fondazioni liriche se stranieri - e per gli italiani.
Al governo serviva per mandare a casa Lissner, e sappiamo dove il governo se l'è presa - per non rinunciare ad un linguaggio aulico!
Sala, sindaco, e il membri del direttorio, al di là della ricerca autonoma di un nome nuovo ( diteci se sono nuovi i nomi di Ortombina e Fuortes, da sempre papabili) attendono anche di sentire il Governo che alla Scala dà ogni anno sui 30 milioni di Euro, dunque può dire la sua senza intaccare l'autonomia di gestione di Milano.
Il caso di Roma ( S. Cecilia) è molti diverso, perchè oltre due mandati, per statuto, il sovrintendente non può essere riconfermato. E questa norma è, almeno per noi che con dall'Ongaro abbiamo molti conti in sospeso, ed infinite recriminazioni da muovergli, una vera mano santa. Fra un anno circa ce lo toglieremo dalla circolazione, sperando che chi lo sostituirà non sia peggio di lui, per molti versi. Sappiamo bene che il peggio non è mai morto.
Adesso sappiamo che il direttorio scaligero ha dato mandato a tre saggi ( titolare della Camera di Commercio, i soldi, Meomartini, per intenderci; il grande vecchio, Bazoli, suocero di Sala) e l'eterno aspirante al ruolo, Micheli) di cercare un sostituto di Meyer, oltre i due nomi dei sempre candidati.
Senza sciogliere ancora il nodo della proroga, magari parziale, di Meyer. In Italia, e Milano non fa eccezione, si rimanda sempre qualunque decisione, in attesa che piova dal cielo una soluzione che metta tutti d'accordo, ma che - la storia insegna - non arriva mai. Serve solo a prendere tempo per spartirsi bene ( che significa malamente) tutto quel che c'è da spartirsi.
E sappiamo anche che è stata presa una decisione sacrosanta e cioè che tutti i ruoli del vertice Scala saranno ricoperti da persone diverse: sovrintendente, direttore artistico, direttore musicale, direttore generale.
Certo, se la Scala sceglierà Fuortes, la nomina di un direttore artistico sarà improrogabile, perchè l'economista della cultura oggi osannato meno di ieri , perchè non gli ha giovato tutto il teatrino impostato con il Governo, di musica non capisce un tubo.
Questa scelta però non ha nulla da spartire con quella del Teatro di Roma che potrebbe somigliarle superficialmente, dove per accontentare tutti - aventi diritto e no - si è deciso di cambiare lo statuto e mettere al vertice non una ma due figure: un direttore ( artistico) e un secondo direttore ( generale, amministrativo). (Pietro Acquafredda)
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