Da mesi non avevamo segni della esistenza politica, di Renato Schifani, governatore della regione, a statuto speciale, Sicilia, che ha - come tutti sappiamo - un suo Parlamento (Assemblea regionale siciliana, ARS) che ogni anno promulga una propria 'legge finanziaria', in aggiunta, a latere di quella nazionale.
Poi all'improvviso, forse per non farsi oscurare del tutto dal suo predecessore Musumeci, oggi ministro, superattivo ma anche provetto gaffeur ( epica la sua gaffe sui contributi all'Emilia dopo l'alluvione!), sì fatto vivo, in questi giorni per difendere la dignità di certi luoghi storici della sua regione che in questi giorni, proprio a Palermo, capitale del regno isolano, vengono, secondo il suo alto pensiero, profanati dalla presenza e dall'utilizzo di essi da parte di un ricco giapponese il quale, dietro lauto pagamento, festeggia un suo compleanno. Ad onor del vero, oltre il Teatro Massimo dove ha assistito ad una replica del Don Giovanni mozartiano diretto da Muti, e che ha affittato per un concerto di Matteo Bocelli, figlio di Andrea (dalle stelle alle... in certo modo, per il tempio sacro palermitano della musica),. ha fatto smobilitare il Politeama, per tenervi anche una cena.
Tutto sempre lautamente pagato. Senza dimenticare che ha requisito i due più importanti alberghi della città per i suoi ospiti. Insomma una munifica befana in tempi 'morti' per il turismo di lusso.
Schifani ha recitato la parte del defensor civitatis, urtato anche dal fatto che il sindaco Lagalla ( ma non è della sua stessa parrocchia politica?) e il sovrintendente Marco Betta non l'avessero preavvertito dell'invasione palermitana, a fin di guadagno. Schifani non si è dato pace e, non ritenendosi soddisfatto della spiegazioni, ha continuato a imprecare.
Nessuno o quasi, ha scritto che questa onta alla storia musicale di Palermo, a fini commerciali, l'aveva imbastita il sindaco Leoluca Orlando e il sovrintendente Giambrone e che era saltata, meglio 'rimandata, mai rimangiata da ambo le parti, a causa della epidemia di Covid.
I primi fischi, dopo i tiepidi applausi per la causa Palermo, Schifani se li becca qualche settimana prima, quando fa gli onori di casa alla 'celebre' - tale solo per la diretta interessata, per lui, e per la Meloni, via Sangiuliano - direttrice d'orchestra Beatrice Venezi che ha diretto l'Orchestra Sinfonica Siciliana (Schifani ha comunicato la scelta a Lagalla e a Betta? avrebbe dovuto, invece ha fatto tutto da solo perchè la OSS è finanziata prevalentemente dalla regione, di cui è emanazione politica) in occasione di una premiazione intitolata ad una personalità della Regione. L'ha lodata in tutti i modi, dicendosi onoratissimo di ospitarla; per questo, ma solo per questo, saremmo anche disposti a perdonarlo perchè non sa quello che dice.
Dove però quei fischi diventano lunghi e plateali all'indirizzo di Schifani è a motivo del fatto che una delibera della Assemblea Regionale Siciliana, contenuta nella Legge finanziaria 2023, che stanziava 5,3 milioni di Euro a sostegno dei teatri della Regione, è stata del tutto disattesa. Ad oggi, scrive il quotidiano La Repubblica, i teatri siciliani non hanno visto un Euro, e siamo ormai a fine esercizio.
Ma come, governatore, da un lato difende il prestigio ed il rispetto di luoghi storici legati allo spettacolo colto dal vivo, e dall'altro condanna a morte tanti altri luoghi di spettacolo simili a quelli palermitani, solo più piccoli e meno famosi, ma altrettanto ricchi di storia e fondamentali per la vita sociale e culturale dei cittadini della sua regione?
Ma forse la difesa dei teatri palermitani era finta, e dettata solo da vendetta per la mancanza di rispetto (istituzionale) nei suoi confronti, della quale si sono resi colpevoli il sindaco Lagalla ed il sovrintendente Betta.
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