Ci troviamo di fronte al più rilevante errore di sintassi commesso dal governo di centrodestra. Si può discutere all’infinito sulla validità o meno della proposta del premierato classico, se essa costituisce la quintessenza della democrazia perché fondata su una elezione dal basso, oppure se presenta pericolosi elementi di autoritarismo plebiscitario. Come la si voglia mettere, però, la discussione ha un suo spessore politico culturale qualora la proposta venga presentata in modo coerente e organico.
Invece la proposta del governo presenta pasticci di ogni tipo. Ma specialmente sul punto essenziale. Visto che il premier è a elezione diretta, allora la conseguenza logica dovrebbe essere quella che qualora egli perda la maggioranza in Parlamento ha la facoltà di sciogliere le Camere e di verificare se il popolo che originariamente lo ha eletto ha ancora fiducia in lui oppure se essa è venuta meno così come è accaduto a livello parlamentare. Invece su questo nodo decisivo la proposta governativa si attorciglia su se stessa per cui si può passare ad un secondo premier espresso dalla logica parlamentare. Solo se questo secondo premier non ha la maggioranza in Parlamento allora si va al voto. Se si legge questa tortuosa successione di norme contraddittorie alla luce della dialettica poletti a consueta fra partiti correnti leader e leaderini, invece di una ipotesi di democrazia diretta, ci troviamo di fronte alla costruzione di una democrazia fondata sull’Intrigo, il pasticcio, il trasformismo.
Tenendo conto poi delle qualità messe in campo dagli attuali leader e leaderini, sembra una legge fatta su misura per Renzi che su questo piano è di gran lunga il più dotato di capacità manovriere e di prontezza di riflessi, per cui egli potrebbe svolgere se non il ruolo di premier, certamente quello di king maker di una catena di scatafasci.
Comunque, indipendentemente da questo riferimento personale, che è volutamente provocatorio e scherzoso, quello che è certo è che non ci troviamo di fronte ad una proposta di grande spessore, magari contestabile per i pericoli di autoritarismo e di plebiscitarismo in parte veri e in parte inventati, ma ad una sorta di pudding malcucinato, un pezzo quasi crudo, un altro pezzo stracotto
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