Pratica musicale per tutti gli studenti. E’giunta finalmente l’ora della rivoluzione musicale. Un cambiamento culturale che libera la musica dalla purtroppo diffusa etichetta di “ornamento” per riportarla al ruolo educativo che le spetta. Un ruolo scientificamente dimostrato come fondamentale per la crescita dell’individuo.
di Luigi Berlinguer
La scuola non può più non tenerne conto. Si deve cambiare rotta: fino ad ora la musica ha trovato posto nelle scuole in modo prevalentemente accidentale, grazie soprattutto alle esperienze nate in orario extrascolastico proprio dalla volontà degli studenti e dalla loro capacità di autogestione. I ragazzi chiedono a gran voce la musica, hanno il diritto di pretenderla. E la scuola deve essere in grado di offrire questo insegnamento in modo professionale, deve essere capace di dare al Paese quell’alfabetizzazione musicale che finora non è mai stata realizzata.
Noi stiamo lavorando da un anno e mezzo a questa rivoluzione, con grande forza e convinzione. E abbiamo da poco ottenuto un risultato storico: la musica è entrata ufficialmente nei curricula, cioè come materia di insegnamento, in ogni ordine di scuola per i ragazzi dai 3 ai 14 anni.
La rivoluzione culturale inizia dal nome stesso del gruppo di lavoro che presiedo: il “Comitato Nazionale per l’apprendimento pratico della musica per tutti gli studenti”, composto da illustri musicisti, musicologi e docenti. La sua dicitura può sembrare un po’ lunga, ma lo è proprio perché ho voluto fare in modo che contenesse due concetti chiave del nostro lavoro, entrambi rivoluzionari.
Iniziamo dal primo: “Apprendimento pratico”.
oi vogliamo che la musica venga insegnata concretamente in modo attivo, vissuto, come produzione artistica e non solo come ascolto. Siamo sostenuti in questa convinzione dai dati di una indagine nazionale da noi promossa (e condotta dalla Direzione generale per gli Ordinamenti scolastici) per capire quanti spazi musicali autogestiti dagli studenti esistono oggi nelle scuole. Ai questionari hanno risposto il 77% delle scuole, grazie anche ai referenti regionali. I dati sono elevati, forse un po’ ottimistici, ma rivelano l’interesse dei ragazzi. E la giustezza della via che stiamo seguendo. Ci sono nella scuola, anche se non sempre con attività continua, numerosi cori, orchestre, gruppi di musica classica (un dato sorprendente per molti), di pop, rock, di folk, etnica, di musica elettronica, teatri musicali e gruppi di danza. E’ una spinta (sollecitata anche da noi), che nasce dal basso, dalle scuole, dai singoli ragazzi e da bravi docenti, che si sono organizzati per rispondere al bisogno di musica che sentono dentro. Ora tocca all’istituzione scuola mettersi nelle condizioni di offrirne l’insegnamento in continuità.
Il secondo concetto: “per tutti gli studenti”.
Vogliamo che la musica venga insegnata non solo a chi lo richiede perchè ha una particolare vocazione, non solo ai talenti, ma a tutti gli studenti. Cioè anche ai non vocati, agli “stonati”, a chi non lo chiede. E questo perchè – ed è il messaggio che deve entrare bene nell’opinione comune degli italiani - la musica è componente della cultura di base, ha una valenza formativa.
Richiede impegno, dedizione, fatica, costanza, verifica del successo, autocontrollo, serietà: in una parola, è formazione. Suonare è più difficile che fare un tema o una interrogazione di storia e ha un di più perché dà gioia, emozione, coinvolge, stimola creatività, mobilita risorse inedite.
Resta da affrontare un nodo cruciale: in che modo deve essere insegnata la musica? Stiamo dedicando tutte le nostre forze alla ricerca della via più efficace. Già Zoltan Kodaly, agli inizi del ‘900 sosteneva che “il compito dell’alfabetizzazione musicale spetta alla scuola pubblica che, per fare ciò deve avvalersi di docenti competenti, perché un cattivo insegnante potrebbe uccidere l’amore per la musica”. Questo vuol dire che abbiamo bisogno di insegnanti non improvvisati ma che conoscano la musica, la amino e insegnino ad amarla.
l Comitato, in questo anno e mezzo di attività, si è mosso sulla spinta della convinzione, che il canto, la pratica degli strumenti musicali, la produzione creativa, l’ascolto e la riflessione critica favoriscono lo sviluppo della musicalità che è in ciascuno; promuovono l’integrazione delle componenti percettivomotorie, cognitive e affettivo-sociali della personalità; contribuiscono al benessere psicofisico in una prospettiva di prevenzione del disagio, dando risposta ai bisogni, desideri, domande, caratteristiche delle diverse età.
A questo scopo, abbiamo promosso sinergie con tutti gli organismi istituzionali, dalle scuole di base all’università, anche attraverso i referenti per la musica che sono stati individuati in tutti gli uffici scolastici regionali e provinciali. Abbiamo messo in piedi tutta una serie di iniziative volte alla diffusione delle “Indicazioni per il curricolo”, alla costruzione di sinergie con le Associazioni musicali e gli Enti lirici, con le Università e i Conservatori, con i docenti e i loro organismi rappresentativi, in una dimensione sia nazionale che internazionale. In tutti questi incontri è emerso come l’esperienza musicale sia un luogo in cui coltivare, insieme alla centralità dello studente e alla sua esigenza di protagonismo culturale, la possibilità di un ascolto reciproco fine e sensibile, nonché di un’ intesa fondata sulla condivisione operativa di repertori, regole linguistiche e di semplici, ma autentici, canoni estetici.
Il coro e il gruppo strumentale costituiscono da questo punto di vista dei paradigmi insuperati di accordo e di convivenza civile. Ma anche dei modelli operativi di come sia possibile arrivare a fare sapendo, ovvero ad una integrazione tra prassi e teoria, tra know how e know about, tra coinvolgimento corporeo e mentale, tra emozione e razionalità insieme, innovazioni di metodo di cui la nostra scuola ha profondamente bisogno.
Questo il quadro della situazione: i programmi dell’85 (D.P.R. 12/2/1985 n. 104), dove la disciplina dell’educazione al suono e alla musica era inserita nel curricolo obbligatorio, in quanto componente essenziale dell’unità educativa della persona (“…perché favorisce anche gli apprendimenti più complessi dell’area linguistica e logico matematica”) sono rimasti lettera morta.
L’errore sta nel limitarsi al concetto di “educazione musicale”, mentre è inevitabile che debba esserci anche produzione artistica. Nelle scuola secondaria di primo grado, l’educazione musicale è stata insegnata fino ad oggi in modo in modo prevalentemente teorico. Mentre nella scuola primaria non si dispone delle competenze professionali necessarie per insegnare musica.
Che fare dunque? Bisogna attuare le “Indicazioni”, con il potenziamento delle “centrali sonore” (laboratori musicali e scuole medie a indirizzo musicale) già presenti nelle scuole italiane: questo costituisce l’obiettivo istituzionale e pedagogico primario da realizzarsi con la sinergia di alunni, genitori e artisti, in un profondo radicamento nel territorio e in collaborazione con le varie istanze interessate. Le nuove “Indicazioni per il curricolo” della scuola dell’infanzia e del ciclo primario, come già abbiamo detto, hanno ben accolto la proposta indicata dal Comitato, dell’inserimento della pratica musicale nei percorsi formativi. Non devono restare lettera morta.
Senza dilungarmi troppo sulle questioni didattiche, sintetizzo alcuni dei punti fondamentali della nostra “ricetta” per l’eccellenza:
1. La musica deve essere insegnata solo da musicisti didatticamente preparati. E quindi si aprono nuovi spazi lavorativi per chi ha studiato al Conservatorio.
2. Per la scuola primaria: bisogna intervenire sulla formazione iniziale di tutti i docenti assicurando degli standard minimi in uscita dai corsi di Scienza della formazione primaria;
3. Per la scuola secondaria: bisogna trasformare l’insegnamento della musica in apprendimento pratico della musica e organizzare una rete delle esperienze esistenti in attesa della ridefinizione dei curricoli e della costituzione dei licei musicali.
4. Promuovere una maggiore e più omogenea diffusione sul territorio delle scuole medie a indirizzo musicale
5. Intervenire sulla formazione in servizio, definendo luoghi, istituzioni e associazioni di riferimento e mettendo a disposizione la documentazione di best practices relative a modalità, contenuti e verifiche dei progetti formativi.
Stiamo preparando le proposte per affrontare con gradualità il problema dei docenti di musica, del costo del loro inserimento nella scuola per tutti, della loro formazione, del loro reclutamento. Presenteremo il tutto al nuovo ministro dell’Istruzione, per gli adempimenti che vorrà adottare. Come già detto, questi sono i primi passi della nostra rivoluzione musicale. E’ un percorso in salita, ma sono sicuro che ce la faremo.
Nessun commento:
Posta un commento