"La narrativa delle pandemie del XXI secolo è questa: il pericolo non riguarda direttamente dei virus altamente letali che non possono essere controllati, quanto piuttosto la loro diffusione rapidissima e il conseguente collasso del sistema sanitario". Lo ha dichiarato oggi Ilaria Capua, virologa e professoressa presso la University of Florida, durante il webinar: "Cosa c'è da sapere sul coronavirus". La virologa, in collegamento dagli Stati Uniti, ha spiegato che "quando pensiamo ad una pandemia, pensiamo sempre all'influenza spagnola del secolo scorso, un virus molto più aggressivo", ma il coronavirus è tutta un'altra cosa: "e allora non c'erano né antibiotici né vaccini". "L'infezione si manifesta con particolare gravità in alcune categorie di persone, che presentano fattori di rischio, dal diabete all'età avanzata: persone fragili dal punto di vista della salute. Per questo, il virus può provocare un numero di ospedalizzazioni molto più alto di quello che il servizio sanitario nazionale è in grado di gestire. Stiamo cercando di mitigare il contagio, farlo uscire alla spicciolata: se uscisse tutto insieme, sarebbe complicato riuscire a dare le adeguate cure mediche a tutti", ha sottolineato. Questa è la strategia adottata prima da Cina e Giappone e adesso anche da Corea del Sud e Italia, "che si stanno facendo carico del costo che servirà a proteggere tutti e far sì che l'epidemia galoppi". Ma perché il virus si sposta così velocemente? "Non solo si è adattato in molto efficace, ma ha anche trovato 'praterie di semafori verdi', dato che nessuno di noi ha gli anticorpi per contrastarlo - ha sottolineato Capua - Però più lui galoppa, più noi sviluppiamo anticorpi. Se le misure di contenimento si rivelassero troppo efficaci, la popolazione non riuscirebbe ad immunizzarsi come dovrebbe".
"L'Italia è sotto osservazione, il mondo guarda per vedere come un Paese occidentale può reagire al coronavirus. Sento però tante proteste: la situazione è molto difficile, è la prima volta che si gestisce una circostanza del genere e si può sbagliare. Vorrei però vedere più comprensione e sostegno da parte del tessuto sociale". Questo l'appello della virologa Ilaria Capua, in collegamento da Miami. "Già dall'inizio, non avevo dubbi che il virus avrebbe fatto il giro del mondo - ha dichiarato - Avevo però proposto di chiamare questo fenomeno 'sindrome simil-influenzale provocata da coronavirus', per tentare di rendere questo nemico sconosciuto più vicino al nostro immaginario". Il quadro clinico, infatti, è riferibile all'influenza: "Ancora non sappiamo tante cose ma cerchiamo di mettere insieme le informazioni che abbiamo riguardo le epidemie passate", ha spiegato la dottoressa, ex deputata di Scelta civica.
"Non abbiamo evidenze scientifiche né sulla pericolosità né sulla sicurezza di questo virus - ha proseguito Capua - Mi rivolgo alle aziende: chi può, adotti il telelavoro. Se si riesce a fare muovere il 20% di persone in meno, facciamolo. Consiglierei anche di predisporre dei centri di sostegno, allestendo ad esempio una task force per sostenere le donne in gravidanza, che sono in un momento di fragilità sia psicologica che fisica. Una donna in preda al panico per il bimbo che porta in grembo può fare più danni di milioni di virus messi insieme, bastano solo alcune voci false che iniziano a circolare su internet. Date alle donne anche una maggiore flessibilità oraria: sono loro che devono accompagnare i bambini a scuola e accudire gli anziani: aiutiamole".
"I virus non guardano in faccia nessuno: nell'emergenza coronavirus ci siamo dentro tutti. Siamo chiamati ad esercitare una responsabilità collettiva. Tra un paio di settimane dovremo aver un'idea più chiara dell'estensione reale del contagio in Italia, così da poter fare alcune valutazioni. Sono certa che in Italia ci sono migliaia di infetti: potrebbero essere 2mila, 8mila, 5mila o 500mila. Non appena lo sapremo, potremo fare delle ipotesi sulla curva epidemica e capire quando si potrà stabilizzare. Questo 'cigno nero' deve essere uno strumento per abbracciare alcune tecnologie risolutive. Con Stefano Quintarelli, ho lanciato il progetto 'La scuola continua': bisogna mettere le scuole nella posizione di poter continuare la didattica. Da Milano a Catanzaro, non tutti gli istituti hanno le stesse piattaforme, ma bisogna trovare il sistema da adattare ad ogni tipo di scuola. Potremmo investire in processi di smart school, smart education e smart working, che possono innestare un circuito positivo. Anche le grandi compagnie di Information Technology potrebbero dare una mano, mettendo gratuitamente a disposizione alcune risorse per mantenere vivo il Paese: ci sarà da fare un grande processo di riadattamento". Lo ha detto oggi Ilaria Capua, virologa e professoressa presso la University of Florida, durante il webinar "Cosa c'è da sapere sul coronavirus".
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