martedì 25 febbraio 2025

Patto Meloni-Rama a giudizio dinanzi alla Corte di Giustizia Europea ( da L'Unità di Angela Stella)

 

rama meloni

Oggi dinanzi ai giudici della Corte di Giustizia Europea si discuterà del protocollo Italia Albania che, ratificato dal Parlamento italiano con legge 14/2024, ha istituito centri per il trattenimento e il rimpatrio in territorio albanese, ma sotto giurisdizione italiana. Il caso che si dibatte stamattina riguarda due cittadini del Bangladesh, la cui richiesta di protezione è stata respinta dalla Commissione territoriale di Roma, poiché il Bangladesh è stato disegnato Paese sicuro da un decreto interministeriale del maggio 2024, poi sostituito nell’ottobre successivo dal cosiddetto “dl Paesi sicuri”.

La sezione immigrazione del Tribunale civile di Roma con due ordinanze di rinvio pregiudiziale aveva chiesto alla CGUE di rispondere sostanzialmente a quattro domande: il diritto dell’Unione osta a che un legislatore nazionale proceda anche a designare direttamente, con atto legislativo primario, uno Stato terzo come Paese di origine sicuro? Quali garanzie procedurali devono esserci per verificare le fonti usate per questa decisione? Qual è il ruolo delle autorità giurisdizionali nel verificare la situazione del Paese interessato? Un Paese può essere definito sicuro se non lo è per alcune categorie di persone?

La decisione è attesa prima dell’estate e avrà importanti ricadute sulla immagine della politica migratoria del Governo e sul rapporto tra Palazzo Chigi e maggioranza da un lato e magistratura dall’altro. Negli ultimi mesi abbiamo assistito infatti a duri scontri tra le due parti: la magistratura è stata accusata di voler sconfessare le leggi emanate dell’Esecutivo in materia, in pratica di voler far politica, mentre i giudici si sono sempre difesi sostenendo il primato della normativa dell’Unione Europea su quella nazionale. In Parlamento si è arrivati persino ad emanare una norma che ha privato della competenza in materia le toghe dei Tribunali civili per trasferirle alle Corti di Appello e un’altra che ha stabilito con legge primaria la lista dei cosiddetti Paesi sicuri. Su questo tema sono pendenti altri rinvii presentati da vari tribunali italiani, tutti sospesi in attesa della decisione su queste cause.

Intanto fino ad ora tutti i migranti, poco più di cinquanta, che sono stati portati oltre l’Adriatico sono rientrati dopo 48 ore in Italia perché i giudici nazionali hanno respinto o sospeso i trattenimenti disposti dai Questori. Dalle opposizioni in Parlamento è stato dunque facile parlare di fallimento del protocollo e di spreco di denaro pubblico, mentre dal Governo sono fiduciosi che la CGUE in qualche modo rafforzerà il potere dei singoli Stati di designare direttamente i Paesi sicuri con normativa primaria, limitando molto la discrezionalità dei magistrati.

Per la presidente del Consiglio «sarà importante su questo fare chiarezza e l’auspicio è che la Corte di Giustizia e l’Unione europea scongiuri il rischio di compromettere le politiche di rimpatrio, non solo dell’Italia ma di tutti gli stati membri dell’Unione europea», aveva ribadito una settimana fa nel suo intervento alla Conferenza dei prefetti e dei questori d’Italia presso la Scuola Superiore Amministrazione dell’Interno. Al contrario, all’interno della magistratura sono convinti che la CGUE confermerà, come già stabilito da una direttiva e da una pronuncia del 4 ottobre, il primato del diritto sovranazionale.

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