Ancora uno stop per il "progetto Albania" voluto dalla premier Giorgia Meloni per ospitare i migranti caricati dai pattugliatori della Marina nelle acque internazionali del Mediterraneo.
Dopo le notizie sulle intenzioni del governo italiano di trasformare le strutture albanesi di Shengjin e Gjader in Centri per i rimpatri (Cpr) dei migranti irregolari, il quotidiano Domani ha rivelato giovedì che l'ente che li gestisce ha licenziato buona parte del personale.
La cooperativa Medihospes avrebbe infatti interrotto il rapporto di lavoro con quasi tutti i dipendenti assunti per la gestione dei centri in Albania. Dalla lettera di licenziamento ottenuta dal quotidiano emerge che l'intestazione della comunicazione ai lavoratori è della succursale della cooperativa, aperta in Albania con sede a Tirana, creata dopo l'aggiudicazione dell'appalto.
La fine del "modello Italia" per portare la questione migranti fuori dall'Ue?
Alla fine di gennaio la Corte d'appello di Roma ha sospeso il giudizio e ha rifiutato di convalidare il trattenimento dei 43 migranti trasferiti qualche giorno prima a Gjader, analogamente a quanto fatto lo scorso anno da altri tribunali.
Il 25 febbraio prossimo la Corte di giustizia europea si riunirà per prendere una decisione sul funzionamento dei centri.
Attualmente Shengjin è un hotspot, mentre a Gjader ci sono un centro di accoglienza per richiedenti asilo da 880 posti, un Cpr da 144 e un carcere per massimo 20 detenuti.
Le valutazioni riguardano anche la possibilità di trasferire in Albania migranti a cui è già stata respinta la richiesta di asilo nei centri in Italia. La legge di ratifica prevede che nelle due strutture albanesi siano condotte "esclusivamente persone imbarcate su mezzi delle autorità italiane" in acque extraterritoriali, "anche a seguito di operazioni di soccorso".
Fratelli d'Italia, a breve nuovo provvedimento su centri Albania
Il nuovo provvedimento sui centri per migranti in Albania arriverà "a breve", ha detto in un'intervista al Quotidiano Nazionale il capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera Galeazzo Bignami.
"I centri in Albania fanno parte di una strategia più ampia che prevede il controllo delle partenze, gli accordi bilaterali, un pattugliamento sulle coste degli Stati del Nord Africa con il coinvolgimento della Ue", ha aggiunto Bignami.
La prospettiva, secondo quanto si apprende dai media italiani, è di modificare la legge di ratifica ma non il protocollo siglato da Roma e Tirana, migliorando il quadro normativo per permettere il potenziale utilizzo dei centri per la trasformazione in Cpr.
"Il governo è al lavoro per mettere in campo soluzioni in grado di superare gli ostacoli, consentire la piena funzionalità e sviluppare le notevoli potenzialità di utilizzo delle strutture che, lo ricordo, fanno parte di un impianto polivalente", ha detto mercoledì nell'aula della Camera il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi.
Piantedosi ha spiegato come sia già presente in Albania un centro di permanenza per il rimpatrio, "il cui utilizzo, proprio per questo, non determinerà nessun onere aggiuntivo".
L'iniziativa dei centri in Albania "ha riscontrato l'immediato e forte interesse da parte di 15 Paesi europei", ha dichiarato il responsabile del Viminale. Dunque nessun passo indietro da parte dell'esecutivo, con l'opposizione che continua ad attaccare parlando "fallimento totale del governo a danno degli italiani".
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