domenica 4 agosto 2024

Teatro Lirico Sperimentale di Spoletto o 'delle risurrezioni'

 Leggendo il cartellone di questa 78.ma stagione dello Sperimentale di Spoleto,  e mettendolo a fianco di quelle degli ultimi anni, a partire da quelle che registrano la presenza del condirettore artistico Enrico Girardi, giornalista del Corriere della Sera, direttore Michelangelo Zurletti ( a proposito che fine ha fatto, non viene più neanche nominato; Girardi è ormai il suo 'successore',  con il titolare 'vivente'), non è difficile individuare alcune linee programmatiche fisse che forse tutte giustificate, in una stagione  strettamente legata ad un concorso, non sono.

 Non si tiri in ballo la cosiddetta 'libertà' del direttore artistico. Che va salvaguardata, ma in un contesto segnato dalla storia e soprattutto dagli scopi di una istituzione  musicale. 

 Ai giovani vincitori del Concorso vocale si vuole far praticare in sintesi buona parte dei repertori che si dovranno trovare quasi certamente ad affrontare, dal grande repertorio del melodramma, al Settecento, alla musica d'oggi? Ottimo proposito, però non si mettano in cartellone titoli che mai più in tutta la loro carriera essi saranno chiamati ad affrontare. Ma allora perchè scelte troppo sofisticate come Macbeth di Verdi? Opere commissionate appositamente a compositori che sembrano risorgere dalle nebbie di un mercato che li ha in qualche modo estromessi - ci perdoni Cappelli); od opere di autori 'milanesi di formazione e residenza che sembrano essere tanto cari a Girardi ( Chailly padre, Bettinelli quest'anno, l'anno scorso Negri ecc...)... solo per accondiscendere ad una linea  programmatica del direttore artistico?

 Fossi al loro posto - o al posto di Girardi - programmerei certo il melodramma dell'Ottocento, ma le grandi opere, quelle magari di repertorio, facendo lavorare i giovani cantanti con registi di grande qualità (penso al lavoro che anni fa fecero con Piera degli Esposti, un nome per tutti)- lo stesso dicasi per i direttori che forse serve  cambiare, piuttosto che firmare un contratto 'a tempo indeterminato' con uno bravo come Angius, ma sovraccarico di lavoro, stabilendo un rapporto stretto oltre che con  lui con la stagione di cui è direttore a Padova.

 

 Pensando poi agli autori del Novecento, milanesi, che Girardi sembra voler proseguire nella riscoperta, allora forse avrebbe potuto pensare a 'La gita in campagna',  librettista d'eccezione Moravia, musica di Peragallo, o sempre con il libretto da Moravia a 'Vieni qui  Carla' (da 'Gli indifferenti') musica di Gino Negri che ricavò anche il libretto e  Moravia acconsentì, lo avrebbe fatto quale che fosse stato il risultato ( dopo l'esperienza per lui traumatica dell'opera con Peragallo, alla Scala fischiata, non ne voleva più sapere dell'opera).

Insomma, troppi legami, troppi schemi che non ubbidiscono prevalentemente alla ragione principe, e cioè la loro utilità per la formazione dei giovani cantanti.

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