Proroga fino al 2030 delle concessioni demaniali marittime nelle Regioni in cui la percentuale di occupazione delle spiagge (ovvero la quota di tratti di costa in concessione) è inferiore al 25%. È l’ipotesi frutto del complicato confronto tra le varie sensibilità della maggioranza che difficilmente sarà accettata dalla Commissione europea nella lunga trattativa con Bruxelles per l’applicazione della direttiva Bolkestein con la messa a gara delle concessioni. Quello ipotizzato dal Governo sarebbe un sistema di proroghe differenziate, basato sulla tesi della non sussistenza della «scarsità della risorsa naturale» emersa dalla mappatura condotta dall’esecutivo che però è già stata bocciata nella sostanza dalla Commissione europea.
Bruxelles ha fatto sapere di essere «in stretto contatto con le autorità italiane per discutere possibili soluzioni» ricordando d’altra parte che - nel quadro della procedura d’infrazione avviata nei confronti dell’Italia - «il parere motivato» spedito a Roma nel novembre scorso «è l’ultimo passaggio prima di un possibile deferimento alla Corte di giustizia Ue». Insomma, se il governo non prenderà una decisione a breve, la fine del percorso sarà in tribunale.
Intanto continua a crescere il numero degli stabilimenti balneari lungo i 3.951 chilometri di coste basse (il 52,9% dei 7.466 km del litorale italiano): secondo Unioncamere (dati relativi alla fine del 2023) sono 7.244 le imprese del settore, in crescita del 26% dal 2011.
La Romagna fa da regina, anche se è Camaiore (con 30 attività per chilometro) la prima per densità di imprese. Se la riviera romagnola si conferma al vertice dell’offerta per numero di realtà, quasi al limite della saturazione delle possibilità di accoglienza, Unioncamere segnala che a crescere sono un po’ tutte le altre coste dello stivale con la Calabria in testa (+358 imprese nel periodo) seguita dalla Campania (+188) e dalla Sicilia (+180). Ma in termini assoluti al secondo posto della classifica nazionale, secondo mondobalneare.com, si trova la Toscana con 917 stabilimenti balneari (+111 dal 2021) e al terzo posto c’è invece la Liguria con 797 imprese di spiaggia.
Si tratta spesso di attività a conduzione familiare. Le società di persone rappresentano il 42% delle imprese, anche se le società di capitale sono in crescita (31%), «indicando un settore sempre più professionalizzato e pronto ad affrontare le sfide del futuro».
Secondo un altro studio realizzato da Nomisma nel 2023 (su un campione di circa 500 imprese balneari dislocate lungo l’intera costa italiana) per conto del S.I.B. Sindacato Italiano Balneari e FIPE-Confcommercio, le imprese balneari impiegano, nei mesi di alta stagione, 60mila addetti (43mila dei quali dipendenti). Ma si tratterebbe di una realtà composta prevalentemente da piccole e piccolissime aziende. Il 69% degli imprenditori titolari della concessione sono uomini. L’età prevalente è ricompresa nella fascia 40-64 anni (68%), mentre 1 su 10 è possibile annoverarlo tra i giovani. Si stima che l’impresa balneare italiana abbia un fatturato medio pari a 260mila euro.
Nessun commento:
Posta un commento