sabato 6 febbraio 2021

Muti & Lissner. Il secondo dice anche falsità. Nonostante le difficoltà del momento, già a Milano nulla fece per il ritorno del direttore alla Scala (da La Repubblica, interv. di Conchita De Gregorio)

 Con il maestro Riccardo Muti non si fanno polemiche", premette il sovrintendente Stéphane Lissner. "Per due motivi. Perché è un simbolo dell'Italia nel mondo, ed è amatissimo in particolare dalla sua Napoli e dal meraviglioso San Carlo che ho l'onore di guidare. E poi perché in questo tempo di sofferenza e precarietà diffusa, in particolare per il mondo dell'arte e della cultura, siamo chiamati tutti a uno sforzo di unità e di solidarietà. Soprattutto in favore dei meno tutelati".

E quindi, sovrintendente, perché cancellare i tre impegni del maestro dal cartellone del lirico partenopeo?

"Ma il San Carlo non si è mai sognato di chiudere le porte al maestro. Gli abbiamo chiesto persino, in occasione del suo prossimo compleanno, di dirigere i professori che come sempre sarebbero onorati di accompagnarlo. Era un modo per noi, in giorni così drammatici, di valorizzare le risorse interne: orchestra e coro".

L'ex direttore dell'Opera di Parigi, da dieci mesi al vertice del lirico partenopeo, sta per rientrare dalla Francia a Napoli quando lo raggiungono le affilate parole del grande direttore. "Il San Carlo ha cancellato tre miei appuntamenti, non porto rancore, ma questa vicenda l'ho vissuta come un'offesa", dice al CorriereRiccardo Muti. Che ha scelto, forse non a caso, di portare il "Così fan tutte", regia della figlia Chiara, al Regio di Torino - in streaming l'11 marzo sul canale del teatro - guarda caso guidato da Rosanna Purchia, al San Carlo fino al passaggio di consegne con Lissner. Il maestro tornerà invece a Napoli, il 19 marzo, nell'elegante anche se meno sontuoso Mercadante, guanto di sfida lanciato lì, appena a pochi passi dal lirico. Muti dirigerà l'orchestra Cherubini come ouverture del Napoli Teatro festival, la kermesse diretta dal drammaturgo, regista e scrittore Ruggero Cappuccio.

Sovrintendente, perché fare arrabbiare Muti proprio nell'anno del suo splendido ottantesimo?

"Ho scritto in più occasioni al maestro. Ho provato a spiegare che purtroppo, tra le direttive nazionali di rigorosi contenimento dei costi e le difficoltà che gravano su tutti i lavoratori del San Carlo, non potevamo permetterci di ospitare orchestre dall'esterno, con tutto ciò che questo comporta. Per etica, questa decisione ha riguardato tutti: sia i prestigiosi Wiener Philharmoniker diretti da Muti, sia le altre formazioni. I più grandi cantanti sono venuti qui ad esibirsi con i nostri professori, Kaufmann, Netrebko. In questo senso credo che i personalismi non fanno bene alla nostra comunità artistica e all'intera collettività, nel rispetto di chi sta vivendo situazioni di grave disagio economico, sociale e psicologico".

Andiamo con ordine. Erano previsti due concerti del maestro e il Don Giovanni, che sarebbe stato firmato da Chiara Muti.

"Diverse motivazioni si sono sommate. E in qualche caso abbiamo anche condiviso questa decisione".

Partiamo dall'inizio.

"Il primo concerto del maestro era previsto a novembre: il San Carlo era chiuso, e non eravamo ancora pronti ancora per il digitale, sul quale siamo partiti però a dicembre, con un lusinghiero risultato. Secondo appuntamento: il Don Giovanni, che avrebbe dovuto debuttare a febbraio. Con Chiara Muti ci siamo parlati già in autunno, mentre tutto era fermo, con un orizzonte profondamente incerto, e abbiamo avuto con lei un sereno e disteso confronto. Ci siamo detti: vogliamo davvero fare questa nuova produzione per l'8 febbraio, con il San Carlo che sarà ancora sprangato al pubblico? Così abbiamo deciso di rinviare: ma, ripeto, è stata una conclusione cui siamo giunti insieme, per naturale buon senso. Perché le condizioni per mettere in piedi una produzione totalmente nuova non c'erano".

E poi salta anche il grande appuntamento con Muti e i Wiener, a maggio, atteso da tanti: grande evento che avrebbe festeggiato uno dei più grandi direttori del mondo nella sua amata città.

"Guardi che ci tenevo tantissimo anche io. Ma vi erano due impedimenti insuperabili. Il primo direttamente collegato al Covid, perché certamente i teatri, se aperti, avranno capacità ridottissime. L'altro elemento è rappresentato dalla spesa. Ne abbiamo parlato anche con i Wiener per abbassare i costi. Ma i maestri dovevano andare in hotel a 5 stelle, per un tempo congruo alle prove e all'accoglienza, ed eravamo a 300mila euro: per una sola serata".

Troppo? Non per i bilanci, spesso in rosso, dei teatri lirici.

"Ma è quasi il costo di un allestimento totalmente nuovo. E, ripeto, se fossimo stati nell'era pre-Covid dei teatri a capienza massima, avremmo con gioia profuso ogni energia per questo evento. Ma siamo in un tempo diverso: non mi è sembrato etico confermare questo progetto a fronte di 100 precari che chiedono stabilizzazione, a fronte di difficoltà molto forti che gravano anche sullo stato d'animo dei nostri lavoratori tanto da aver chiesto la collaborazione di uno psicologo in teatro. E a dispetto di precise comunicazioni, anche del direttore generale Ninni Cutaia e del commissario Gianluca Sole che ci inducono al massimo rigore e al contenimento delle spese soprattutto riguardo il prossimo anno. Se mi permetto di spiegare i dettagli, non è per fare polemica con un grande direttore, ma perché ho il dovere di tutelare l'immagine di un teatro che resterà sempre legato a lui, e alla sua arte indiscussa".

Possibile non ci fosse un'opzione, per il maestro Muti?

"Certo, intanto gli avevamo chiesto di dirigere i nostri professori di orchestra. Che gli hanno scritto una lettera per ribadire questo desiderio. E poi abbiamo messo in conto di recuperare, nelle date o nel periodo che lui potrà indicarci, quegli appuntamenti saltati con i Wiener".

Lissner, scusi il dubbio. Non è che tra voi pesi ancora la vecchia ruggine di quello strappo alla Scala, quasi un ventennio fa?

"Confesso che in queste ore, dispiaciuto della sua amarezza, sono tornato a quei giorni di Milano. E devo pensare che quel 2 maggio 2005, giorno del mio arrivo alla Scala, sia stato l'inizio di una ferita che forse arriva fino a qui. Tutti abbiamo nella vita dei momenti ingiusti: il maestro aveva fatto al lirico di Milano un lavoro davvero straordinario, e fu ingiusto l'instaurarsi di quel clima in base al quale lui decise di lasciare. Però lui era andato via, era un momento difficilissimo. Ed io sono arrivato. Parliamo di 17 anni fa..."

I fantasmi dell'opera. 

"Forse è da 17 anni che lui ed io non ci parliamo davvero. Ne sono dispiaciuto, ho cercato sempre di incontrarlo. Ci provai già a Milano, a lungo, ma non è avvenuto per contesti e difficoltà che non dipendevano né da me né da lui.( ??????? ndr.) Tengo moltissimo al fatto che il maestro possa essere avvolto dall'affetto della sua città: ammiriamo tutti l'artista e l'uomo. E appena le condizioni miglioreranno, faremo anche la grande festa in suo onore: non solo con i Wiener, ma con i suoi amici, con tutti gli artisti che lo hanno accompagnato"

Sta lanciando un messaggio di pace?

"Di fermezza e di pace (!!!!!!, ndr.). Onestamente, non ho nulla da rinnegare. In un momento così duro per tante categorie, per la cultura in particolare, abbiamo il dovere della concordia, della solidarietà. La differenza tra me e lui è che lui è l'artista, io no. Perché io, da 40 anni, devo fare tutto ciò che posso per mettere i grandi artisti nelle condizioni migliori di lavorare. Desidererei farlo anche con lui. Lo ribadisca, per favore: le porte del San Carlo saranno sempre spalancate per il maestro Muti".

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