venerdì 19 febbraio 2021

La Comunità di Bose replica al silenzio di fra Enzo Bianchi , fondatore della comunità

 

La nota della Comunità di Bose​

Con profonda amarezza la Comunità ha dovuto prendere atto che fratel Enzo non si è recato a Cellole nei tempi indicatigli dal decreto del delegato pontificio dello scorso 4 gennaio.

Si trattava di una soluzione messa a punto in questi mesi con l’assenso ribadito per iscritto dallo stesso fratel Enzo e da alcuni fratelli e sorelle disposti a seguirlo per fornirgli tutta l’assistenza necessaria.
Come abbiamo spiegato nel darne notizia, la comunità ha dovuto rinunciare alla sua Fraternità di Cellole affinché fosse rispettata l’indicazione del decreto singolare approvato in forma specifica dal Papa che prevedeva per fratel Enzo un allontanamento da Bose e dalle sue Fraternità. Agendo così la Comunità aveva cercato una modalità di osservanza del decreto singolare che permettesse a fratel Enzo di andare a vivere in un luogo da lui amato, alla cui ristrutturazione aveva contribuito attivamente, arrivando a determinare anche la disposizione dei locali atti ad accoglierlo una volta dimessosi da priore. Con la soluzione indicata i fratelli extra domum avrebbero continuato a godere di tutti i diritti propri dei membri professi della Comunità, come la partecipazione ai consigli.

Al contempo, lo spostamento di fratel Enzo a Cellole avrebbe contribuito ad allentare la tensione e la sofferenza di tutti e avrebbe facilitato il lento cammino di riconciliazione e comprensione reciproca.
Per attuare tutto questo, da una settimana i fratelli già presenti a Cellole si sono spostati a Bose e altri due, tra quanti avevano dato la propria disponibilità, si sono recati a Cellole per predisporre al meglio l’arrivo di fratel Enzo.

Purtroppo la mano tesa non è stata accolta e ora la Comunità dovrà anche affrontare l’impegnativo onere di far ripartire la Fraternità di Cellole, poiché la sua chiusura avrebbe prodotto piena efficacia solo a partire dall’arrivo di fratel Enzo alla Pieve. La presenza di Bose in quel luogo, infatti, è un impegno nei confronti della diocesi e una responsabilità morale verso le tante persone che là avevano trovato un alimento per la loro vita spirituale e umana. Impegno e responsabilità che sono stati abbondantemente ricompensati dal grande dono dell’amicizia e della comunione fraterna.

Mentre ringraziamo la Santa Sede per come ci sta accompagnando e confermando, affidiamo ancora una volta il nostro cammino alle preghiere di amici e ospiti.

Ribadite le scuse per «aver dato scandalo»​

In questi mesi, in varie occasioni, la Comunità di Bose ha pubblicato sul proprio sito lunghe riflessioni su quanto capitato. Tra le altre considerazioni, la richiesta di perdono «per aver dato scandalo», ripetuta in due occasioni: la primavera scorsa, all’indomani del decreto della Segreteria di Stato Vaticana, e poi all’inizio dell’Avvento.

In quest’ultima occasione la Comunità ha parlato di un «cammino esigente e doloroso di rilettura della vicenda comunitaria, di presa di coscienza delle ferite e delle sofferenze» e ha ribadito l’«incapacità a vivere con serenità la prova che stiamo attraversando, dando così scandalo ai più piccoli e manifestando tutta la nostra inadeguatezza come discepoli del Signore».

L'intuizione che arrivò dal Concilio Vaticano II

1965 l’anno di fondazione della comunità di Bose. Nel 1968 ci furono i primi nuovi ingressi

2017 quattro anni fa Enzo Bianchi lasciò la guida di Bose. Al suo posto venne eletto Luciano Manicardi

6 le sedi. Oltre a Bose, ci sono Ostuni, Assisi, Cellole-San Gimignano, Civitella San Paolo, Gerusalemme


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