Fra una decina di giorni l'editore Marsilio manderà in libreria l'ultimo, postumo, libro di Paolo Isotta, deceduto improvvisamente poco più di una settimana fa. Il titolo, già preannunciato dall'autore che evidentemente aveva già consegnato il testo all'editore, ed era solo in attesa della data di uscita, è San Totò, e dice, nel più breve spazio, della santificazione e glorificazione di Totò: perchè 'è un genio' - scrive Isotta - mentre Eduardo De Filippo, esaltato a discapito di Totò, è soltanto 'un grande attore' (stesso giudizio riservato da Isotta a Charlie Chaplin: 'grandissimo attore'); e argomenta a sufficienza.
Isotta, per tale ragione, se la prende con due presidenti della Repubblica: con Pertini che nominò Eduardo 'senatore a vita', quando avrebbe dovuto preferirgli, Salvo Randone e Giorgio Albertazzi, e con Saragat che avrebbe dovuto, ma non lo fece, nominare Totò 'senatore a vita'. E via dicendo.
Si avverte il lettore di San Totò che nel libro di Isotta troverà anche le schede dei 90 film del grande autore, ognuna delle quali "è al tempo stesso un riassunto della trama degno del miglior cronista intrecciato alla recensione mai banale del critico e alle erudite e piacevolissime digressioni dell'intellettuale" - conclude il recensore Carlo Vulpio, che chiede scusa a Isotta per il termine intellettuale: " perdonaci, Paolo, per questa espressione e intercedi per noi presso San Totò".
Adesso però Carlo Vulpio ci deve dar conto di una seconda glorificazione, dopo quella di Totò, ad opera di Isotta. Quella caldeggiata di Paolo Isotta, 'agli onori della musica', come sant'Isotta, o San Paolino.
Che egli così santifica: "Paolo Isotta è stato il più grande musicologo, storico della musica e critico musicale italiano ed europeo degli ultimi trent'anni". E, non contento dei miracoli attribuitigli, aggiunge: " Ma ha scritto e ragionato con genio e finezza anche di molto altro". Come nel caso di Totò, per il quale il libro di Isotta si pone come "una vera e propria perorazione per la sua beatificazione".
Isotta, "il più grande musicologo e storico della musica italiano ed europeo degli ultimi trent'anni" è affermazione fuori misura in ogni senso, sebbene ancor giovane, e dunque prima dei quarant'anni avesse prodotto un prezioso libretto sul Rossini, 'serio' o forse anche 'sacro' (Mosè in Egitto, Azione tragico sacra; Moise et Pharaon, opera en quatre acts; Mosè, Melodramma sacro in quattro atti. UTET, 1974). oltre 200 pagine di commenti e rilievi critici; ed anche ' Il ventriloquo di Dio. Thomas Mann:la musica nell'opera letteraria. Rizzoli 1983. Mentre negli ultimi anni della sua esistenza i libri, accolti con grande successo e da taluni magnificati, a noi di musicologico sono sembrati non avere proprio nulla. Naturalmente molto interessanti da leggere, soprattutto per contare quanti santi avesse gettato nella polvere - il più famoso di tutti Riccardo Muti, anche suo amico - e quanti dalla povere issasse di nuovo sull'altare - fra i quali alcuni direttori, o compositori dei quali aveva tante volte lui, magari solo lui, scritto mirabilie.
E infatti, ridimensionando il primo frammento delle affermazioni di Vulpio, quello relativo al musicologo e storico della musica, quello più controverso riguarda la sua attività di 'critico'.
Possiamo dire che mai, nel nostro piccolo, abbiamo condiviso i giudizi del critico Isotta? Ed anche di tanti nostri colleghi, perchè quasi mai un intervento di critica musicale aveva elementi in comune con ciò che anche noi sul medesimo concerto o melodramma avevamo scritto, al punto da domandarci se avevamo visto la stessa rappresentazione , ascoltato il medesimo concerto, giudicato i medesimi interpreti?
Analogo giudizio ha riguardato, quand'era in vita, uno stretto sodale di Isotta, ma a tempi alterni: Piero Buscaroli critico; mentre, a differenza che con Isotta, nessun dubbio abbiamo mai nutrito del Buscaroli 'musicologo', ma solo certezze: bastano i frutti prelibati che sono quei due voluminosi libri su Bach e Beethoven.
A dirla tutta, con il passare degli anni e con l'irrobustirsi della nostra esperienza in materia, siano divenuti sempre più diffidenti dei critici e del mestiere stesso del critico, che anche noi abbiamo svolto per decenni; apprezzando, invece, quello dello studioso, anche se non musicologo di genio. E, per questo, affezionandoci sempre più ai pochi studi da studioso che ci è capitato di condurre per nostra scelta e passione (su Telemann, Monteverdi, Savinio, Moravia) e dei quali andiamo orgogliosi più che di tutto il lunghissimo lavoro di critico che ha riempito pagine e pagine di quotidiani, settimanali e mensili.
Paolo Isotta certamente non ce ne vorrà; ma non ce ne voglia neanche Vulpio se abbiamo ridimensionato la portata dei miracoli veri o presunti che lui ascrive a Isotta, onde innalzarlo agli onori dell'altare della 'musica degli ultimi trent'anni'
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