L'astutissima Paola Taverna (Cinque Stelle) ha trovato la soluzione: comprare prodotti italiani per risollevarci da soli, in latitanza dell'Europa, dal dissesto del coronavirus.
Ricorda quell'altro fulmine di Salvini, in sciopero della Nutella poiché è preparata con nocciole turche (poi gli spiegarono che alla Ferrero non basterebbero le nocciole dell'intera produzione italiana e la cosa finì lì).
Ora, secondo la dottrina Taverna, dovremmo dedicarci all'autarchia, per esempio rifornendoci di olio italiano. Poi magari le olive le abbiamo importate dalla Tunisia e parte dei soldi della spesa se ne va in Africa, ma son dettagli. Comunque: niente würstel e più mortadella, sebbene probabilmente abbiano usato maiali polacchi o ungheresi.
Taverna ignora che se acquista un Chianti è facile che la bottiglia sia stata fabbricata da una società dell'Illinois e il turacciolo con sughero portoghese. Poi, certo, la Coca cola è americana, ma imbottigliata a Catania o Verona da operai italiani. Vogliamo farli licenziare? Ok, niente Nike e ai piedi scarpe italiane, confezionate nel novantacinque per cento dei casi con pelli provenienti da Australia, Nuova Zelanda o Brasile. Mi raccomando, solo camiceria italiana, tessuta col cotone cinese.
Insomma non ci resta che affidarci, chessò, a pere del Veneto, indubbiamente del Veneto, magari contenute in vaschette di polistirolo lituane, avvolte in pellicola tedesca, distribuite da trasportatori rumeni in supermercati di proprietà francese e pagate a un cassiere vietnamita.
Purtroppo qui al cento per cento made in Italy ci sono soltanto alcuni cervelli.
Nessun commento:
Posta un commento