martedì 5 novembre 2019

A meritare a Nicola Colabianchi la sovrintendenza del Teatro lirico di Cagliari è stata la precedente storica esperienza all'Opera di Roma per volontà di Alemanno, mentre ora il merito va tutto alla Meloni. Leggete qui



All'epoca dello sbarco all'Opera di Roma della coppia De Martino-Colabianchi (quest'ultimo come consulente alla direzione artistica),per volontà di Alemanno,  questo scrivevamo sul bimestrale, da noi diretto, Music@, in un articolo intitolato 'Opera di Roma Kaputt' ( P.A.)


A metà aprile 2009, Alemanno annuncia il commissariamento dell’Opera, e lui ne è il commissario. Provincia e Regione, soci fondatori del teatro, scalpitano, e scalpiteranno ancora di più quando uscirà anche Nicola Sani che è il loro fiore all’occhiello.Via Francesco Ernani che riceve alla sua uscita dal teatro un calorosissimo abbraccio da tutto il personale del teatro; via Nicola Sani che dichiara di lasciare al consulente appena nominato da Alemanno alla direzione artistica, Nicola Colabianchi, una stagione con i fiocchi. Colabianchi , a sua volta, tenta in tutti i modi di costruirsi una storia professionale che sinceramente non ha, con tutta la benevolenza possibile, mentre si attende il nuovo sovrintendente, la cui nomina viene continuamente annunciata e continuamente rimandata. Colpo di scena. La Regione punta i piedi, vuole che prima della nomina del nuovo sovrintendente venga ricostituito il Consiglio di amministrazione e che il Ministero, che ha commissariato il teatro, dica come ripianare il deficit, ammesso che sia così grande come Alemanno va dicendo e che non possa essere sanato con opportuni tagli come del resto già Ernani aveva subito provveduto a fare. Anche Alemanno dice di aver incontrato il ministro per domandargli risorse per ripianare il deficit e far uscire il teatro dal commissariamento. Altro colpo di scena. Il 12 giugno Alemanno nomina sovrintendente ad interim non Chiarot, il cui arrivo veniva dato ormai per certo ed imminente, ma Catello De Martino. Chi è costui? E’ direttore del personale del teatro dal 1 maggio 2009, proveniente con la medesima mansione dall’Accademia di Santa Cecilia, dove era arrivato dall’Italgas, ravvisandovi in lui , secondo quanto si legge nel decreto di nomina di Alemanno: “ la figura professionale in grado di assolvere con competenza ed esperienza le funzioni di Sovrintendente”. Non ci soffermiamo a sottolineare che in tale attestazione di competenza non c’è una sola riga che possa, verosimilmente, corrispondere al vero, se si riflette appena sul fatto che la sua funzione di direttore del personale non l’ha mai messo a parte della responsabilità di una istituzione che opera nel campo della musica, responsabilità che all’Accademia appartenevano a Cagli ed a Roberto Grossi, direttore generale ed ora nominato alla presidenza di Federculture. Il dott. De Martino non vanta competenza alcuna in tale campo, ed il M. Colabianchi, che lo affianca nella direzione artistica, ha un curriculum professionale di pochissimo valore, certamente ben lontano da quello che a chicchessia potrebbe  far meritare un simile incarico. Come si vede il Teatro della Capitale, un tempo glorioso, è finito nelle mani di persone assolutamente non all’altezza del compito, e le conseguenze si vedono già. Si dice che al M. Chung, che sarebbe dovuto ritornare la prossima stagione con un Simon Boccanegra, il teatro abbia proposto un Roberto Devereux e che la risposta del celebre direttore coreano sia stata di imbarazzo. E’ facile immaginare che più tempo resteranno ai lori rispettivi incarichi De Martino e Colabianchi e più il teatro subirà durissimi colpi nell’ immagine e, soprattutto, nella qualità. Insomma , siccome, a giudicare da queste due recenti nomine, il commissariamento non terminerà nei tempi previsti, e cioè il 3 luglio, c’è da temere che nel frattempo il teatro venga distrutto, per mano di colui che s’era autoproclamato salvatore del teatro. Siamo davvero stupiti! Mentre non siamo stupiti affatto, conoscendo da tempo l’indifferenza del mondo musicale, dell’assordante vergognoso silenzio del mondo musicale romano che , ufficialmente, è rimasto muto a guardare, contando forse sull’antico adagio latino: mors tua vita mea!

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