mercoledì 6 novembre 2019

Mario Brunello prima scala le montagne e poi cede al fascino dell'abisso del vulcano. Presentata a Roma una registrazione (per l'etichetta ARCANA) con le 'Sonate e Partite' per violino di Bach eseguite al violoncello piccolo

Le imprese festivaliere di Brunello sulle Dolomiti - che non ci hanno mai convinto - gli hanno permesso, a suo dire, di fare l'esperienza 'diretta' del suono mentre viene creato, senza passare attraverso l'ausilio di camere acustiche, di sale da concerto o di altro che necessariamente lo modificano prima di rimandarlo all'orecchio dell'esecutore. 

Dopo anni di scalate, però, per una nuova impresa esecutiva e discografica, che questa sera prende l'avvio con il primo dei quattro concerti presso l'Accademia di Santa Cecilia, Brunello ha chiesto aiuto ad una montagna particolare, non una montagna che svetta  luminosa come le Dolomiti, ma  ad una montagna che si forma man mano con il fuoco che viene dalle viscere della terra, e, depositandosi sulle pendici, dopo essersi  raffreddato ne ridisegna il profilo. Nel nostro caso dell'Etna, sulla quale ha voluto girare un filmato per raccontare questa sua nuova esperienza di cui è entusiasta: la musica per violino di Bach eseguita al violoncello 'piccolo'. 

Questa sera come nelle successive tre serate, distribuite nell'arco di due stagioni  all'Auditorium, intercalerà le Sonate e Partite per violino  di Bach con le Suites per violoncello, eseguendo le prime al violoncello 'piccolo', che è uno strumento di dimensioni più contenute rispetto allo strumento che tutti conosciamo;  e quello in suo possesso, copia perfetta di uno strumento 'Amati',  misura 7 cm. in meno.

Dell'esistenza e dell'uso di tale strumento ci sono infinite testimonianze; Bach medesimo lo adopera come strumento concertante in alcune cantate; nel qual caso - come si può constatare dalle partiture - la parte per violoncello 'piccolo' è scritta nel rigo  destinato al violino.

 Brunello ha raccontato - e lo ripeterà anche nei quattro concerti della serie, a cominciare da questa sera, al pubblico in sala - come Bach, fino a ieri gli abbia fatto un grande 'torto', precludendogli qualcosa di veramente grande, nonostante  egli da una quarantina d'anni frequenti - ed  abbia inciso più volte - le famose straordinarie Suites per violoncello , che da sole sarebbero bastate ad esaltare e riempire l'esistenza di un musicista; e cioè l'esperienza della musica per violino eseguita con il violoncello 'piccolo'. 

Brunello vuole nel tempo eseguirla e inciderla tutta la musica per violino di Bach,  comprendendovi anche i concerti  e le musiche scritte per due violini o per violino ed un altro strumento, nel qual caso, naturalmente, come ha già sperimentato in coppia con il violinista Carmignola, egli lascia a lui la prima parte e assume per sè  la seconda,  eseguendola al violoncello piccolo, 'creando così  spazi musicali inaspettati'. 

 Dunque il progetto concertistico che Brunello avvia questa sera, e che è stato già fissato in una prima uscita discografia per ARCANA, con la registrazione (doppio CD, con ricco libretto recante  scritti di Brunello,  dello studioso bachiano Peter Wollny e dell'amico Baricco, che ha voluto mettere per primo a parte del progetto) delle Sonate e Partite, non è nè semplice stravaganza - come spesso accade ad artisti all'apice della carriera, ma annoiati - nè puro arbitrio. 

Brunello ne è convinto, ha dalla sua numerose testimonianze sull'uso di tale strumento all'epoca di Bach, e sostiene che non solo in quell'epoca, ma in ogni tempo gli strumenti servono per far musica, e che  l'accentuazione delle diverse fisionomie  morfologiche ed anche sonore degli strumenti è figlia del Classicismo.

 Per convincere gli ascoltatori - che ovviamente ascolteranno le Sonate e Partite  non più  come cantate da un 'soprano'- il violino - ma da un 'tenore', quale può considerarsi il violoncello 'piccolo', Brunello  li invita a riflettere sul fatto che, ad esempio, noi da alcune decenni ascoltiamo la musica di Bach per clavicembalo, eseguita al pianoforte, senza più stupircene ( i due strumenti sono distanti un secolo uno dall'altro,  e il loro suono è diversissimo); ed anche sulle numerose trasposizioni da uno strumento all'altro che Bach stesso ha fatto di musiche sue e di altri: concerti vivaldiani riscritti per organo, ad esempio; e, non raramente, trasportando la musica da un'ottava ad un'altra,  nella trascrizione.
 Se ciò comporterà qualche problema tecnico da risolvere o qualche difficoltà in più , per la diversità dei due strumenti, che c'è e non può essere annullata, sono affari suoi, di Brunello. 

La musica per violino, così ricca, ineseguibile sul violoncello normale,  suonata sul violoncello 'piccolo', acquista nuova fascinosa veste e colore,  rivela una profondità inattesa - da qui l'immagine del vulcano, laddove il violino e la sua musica gli fanno pensare alle vette delle montagne alle quali pure egli è tanto affezionato e legato.

 Dunque la musica  ricca, luccicante e pirotecnica (anche in senso tecnico) per violino, acquista nuova identità: si fa più pensierosa, riflessiva, profonda, come è profondo un vulcano da cui sgorga nuova linfa, prima bruciante, e poi fonte di vita.

Michele dall'Ongaro che ha  affiancato Mario Brunello nella pres entazione del singolare progetto, ha ricordato come egli sia un musicista curioso, mai soddisfatto dei risultati raggiunti e sempre alla ricerca di nuove strade, quando avrebbe potuto, dopo la vittoria a Mosca, a metà degli anni Ottanta, godersi i frutti di quella vittoria girando il mondo con il tradizionale repertorio violoncellistico. 
 Avrebbe potuto, ma all'inizio non fu così.

 A dall'Ongaro ma soprattutto a Brunello - ammesso che l'abbia  dimenticato - vogliamo ricordare che  egli, tornato da Mosca, non ebbe in Italia l'accoglienza che meritava, neppure dall'Accademia di santa Cecilia, dove, ma solo dal 1997 siede fra gli 'accademici' e  dove suona praticamente in ogni stagione da parecchi anni. 

Fu allora,   che noi, meravigliati e sorpresi anche più dello stesso Brunello,  scrivemmo su Piano Time che dirigevamo, un editoriale in sua difesa, dicendo esattamente che le istituzioni italiane dovevano fidarsi del verdetto del celebre concorso Ciaikovskij ed aprire al giovane violoncellista le loro porte.  Come  poi fecero, ma senza fretta. Forse anche quel nostro editoriale gli fu in qualche modo utile.   

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