venerdì 1 novembre 2019

Cultura in Italia. Dal recente rapporto di FEDERCULTURE: aumenta il pubblico dei musei, diminuisce il numero di coloro che leggono libri

Federculture: in 2008-2018 persi 700 milioni di risorse pubbliche Italiani e cultura, più visite ai musei, calano teatro e libri.
 È stato presentato il quindicesimo rapporto annuale di Federculture, con il ministro per i Beni culturali Franceschin,i il 31 ottobre 2019.

Qual è lo stato di salute del settore della cultura in Italia?

A questa domanda risponde il Rapporto Annuale Federculture che nella quindicesima edizione - presentato nella Sala Spadolini del MiBACT alla presenza del Ministro Dario Franceschini -, oltre al consueto quadro di aggiornamento e analisi sui temi e sulle tendenze dell'ultimo anno, approfondisce in un focus statistico l'andamento dei principali indicatori negli ultimi dieci anni, 2008-2018, quelli che hanno visto l'inizio e l'acuirsi della crisi economica internazionale dalla quale il nostro Paese è uscito solo negli anni più recenti. 
Ma quanto ha inciso la crisi economica sulla cultura, sui consumi delle famiglie in questo ambito e su chi produce e investe nella cultura? 

Il settore culturale che ha subìto particolarmente i colpi della crisi, né è uscito e ha realmente invertito la tendenza verso una crescita più stabile e duratura? 

I dati raccolti nel Rapporto e aggregati in tre annualità significative - 2008, anno di avvio della grave crisi economica internazionale, 2013 (nuova crisi economica italiana) e 2018 - rivelano un settore che ha saputo recuperare molto del terreno perso ma che non in tutti gli ambiti ha superato problemi strutturali, accentuati dalla crisi. 

Sono tre i gruppi di indicatori analizzati: la spesa pubblica statale e locale; i consumi e la partecipazione culturale e il turismo. 

La spesa nella cultura di Stato, Comuni, Province e Regioni nel 2008 era di circa 6 miliardi e 550 milioni di euro, diventati 5 miliardi e 849 milioni nel 2017 (anno di confronto per disponibilità di dati). Non solo non è stata recuperata interamente la quota di spesa del 2008 (mancano ancora circa 700 milioni di euro) ma è anche cambiata profondamente: lo Stato è passato da 2.116 milioni a 2.428 milioni (dopo essere sceso sotto i due miliardi), i Comuni sono passati da 2.462 milioni a 1.896 milioni (in costante diminuzione), le Province sono pressoché sparite da 295 a 52 milioni, le Regioni, che pure hanno avuto un picco negativo nel 2013, stanno recuperando a fatica la quota 2008. A livello di risorse pubbliche bisogna, dunque, fare ancora molto per far recuperare posizioni all'Italia, anche nel confronto europeo (siamo quartultimi in Europa (0,8%) in rapporto al Pil e terzultimi (1,7%) in rapporto alla spesa pubblica totale). 

Sul fronte dei consumi culturali, messi a confronto con l'andamento del Pil e la spesa generale delle famiglie, i dati evidenziano che la spesa delle famiglie in ambito culturale ha inizialmente sofferto di più la crisi economica generale: dal 2008 al 2013 è scesa del 4,6% mentre i consumi complessivi si mantenevano su un +1% e il Pil diminuiva, negli stessi anni, dell'1,6%. Dal 2013 però la spesa in cultura delle famiglie è cresciuta maggiormente +13,4% a fronte di un incremento della spesa totale pari all'8,8% e del Pil del 9,9%. Ma questa crescita è diseguale, non solo fra aree del Paese come è facile immaginare, ma anche fra i settori della produzione culturale. E' il quadro che evidenziano i dati sulla partecipazione culturale degli italiani, che nei primi cinque anni dalla crisi (2008/2013) ha visto una contrazione in tutti gli ambiti: teatro -8,9%, cinema -4,4%, musei -7,5%, concerti -8,8%. Nei cinque anni successivi l'andamento dei settori si differenzia: gli italiani che frequentano i musei sono cresciuti del 23% (3,4 milioni in più) e quelli che visitano i siti archeologici del 33% (3,9 milioni in più), mentre quelli che vanno a teatro o al cinema sono aumentati del 4% circa. Il decennio (2008/2018) si chiude, quindi, con saldi molto diversi: il teatro non ha recuperato del tutto e anzi ha perso quasi 600mila fruitori (-4,8%); il cinema è in sostanziale equilibrio con circa 28 milioni di fruitori, -0,4% nei dieci anni, vanno bene i concerti di musica "leggera" con +2,8%. 

Ma il vero exploit è quello dei musei che nel decennio vedono crescere i propri fruitori del 14% e i siti archeologici e i monumenti dove si sono recati il 31% degli italiani in più (dati peraltro confermati anche nelle regioni del Sud del Paese). I dati sulla fruizione museale sono rafforzati anche da quelli sui visitatori dei musei statali che passano in dieci anni da 33 a 55 milioni, +67%, crescendo soprattutto però dal 2013 al 2018 con una performance da 38 a 55 milioni di visitatori, +44%. Gli ottimi risultati dei musei statali appaiono trainati dai musei dotati di autonomia speciale che solo nell'ultimo anno, 2018/2017, vedono aumentare i propri visitatori di quasi il 15%, con picchi molto più alti in alcune regioni come la Campania (+36%) e la Toscana (+46%). Dati che, pur considerando che fanno parte della categoria dei musei autonomi i maggiori attrattori culturali del Paese, confermano una correlazione diretta tra maggiore autonomia gestionale degli istituti museali e una più spiccata propensione al pubblico e al suo coinvolgimento, a vantaggio della valorizzazione e della fruizione complessiva dei beni. 

Di segno diverso l'andamento della lettura che rivela dati drammatici: dal 2008 al 2018 abbiamo una diminuzione di coloro che leggono un libro all'anno del 5,5% (1,3 milioni di lettori in meno su un già esiguo numero di italiani che leggono, circa 23 milioni nel 2018); coloro che leggono da uno a tre libri l'anno diminuiscono del 7,9% (-18,9% al Sud), crescono invece del 2,8% i lettori forti (con +8,4% al Nord Ovest e -15,6% nelle Isole). 

I dati del turismo vedono dal 2008 al 2018 una crescita del turismo internazionale (+52,2% mondo, +46,1% Europa) mentre l'Italia cresce di meno (+34% nel decennio, di cui +23,3% dal 2013 al 2018). La composizione di questa crescita deve far riflettere: si registra un aumento di arrivi internazionali del 51,2%, mentre gli arrivi nazionali crescono del 20,8%, con una debolezza quindi nel mercato interno.  

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