venerdì 1 novembre 2019

AMARE e FINGERE. Opera di Alessandro Stradella. Teatro Torlonia, Roma, 31 ottobre 2019

Ieri sera, nell'ambito dello 'Stradella Young Project', si è ascoltata a Roma, nel Teatro di Villa Torlonia, l'opera di Alessandro Stradella AMARE E FINGERE, per 6 voci, 2 vl. e bc., ad opera di un ensemble strumentale ( 2 vl, tiorba, 2 vla.da gamba, contrab, org. e clav.) e vocale, diretti da Andrea De Carlo; regia di semplici movimenti entrate e uscite,  a cura di Pavel Paszta; ideazione scenica di Fabiano Pietrosanti e luci di Andrea Panichi Izotti (  e Trucco di Agnese Allega). 
L'opera, in trasferta a Roma, è stata presentata la prima volta  a metà settembre di quest'anno,  a Caprarola, Palazzo Farnese, nell'ambito del Festival 'Stradella di Nepi e Viterbo'.

Alla identificazione ed attribuzione dell'opera, finora sconosciuta, a Stradella è giunto Arnaldo Morelli, musicologo e studioso del Seicento romano.

Morelli ha pubblicato sul numero di Studi Musicali (2019) - rivista musicologica edita dall'Accademia di Santa Cecilia - come è giunto al rinvenimento ed alla attribuzione dell'opera. 

In sintesi. Il titolo dell'opera accompagnato dal nome del compositore figurava in un catalogo ( poco importa al nostro lettero sapere quale); il libretto dell'opera, prima della scoperta della musica, è stato rinvenuto a Siena, dove l'opera venne rappresentata la prima volta nel palazzo dei Chigi, nella tarda primavera del 1676; e poi è stata rinvenuta la musica che confrontata con il libretto e sostenuta da prove anche stilistiche, è stata definitivamente e con sicurezza attribuita, trascritta ed approntata per l'esecuzione affidata ad un interprete che da anni lavora sulla musica di Stradella, al punto da aver fondato un festival dedicatogli, e da licenziare con regolarità esecuzioni e registrazioni discografiche di sue opere, dagli oratori  alle cantate ai melodrammi, ovunque unanimemente apprezzate - e le registrazioni discografiche premiate. Il suo nome è Andrea De Carlo, musicista di gran classe e competenza, omonimo del più noto scrittore torinese.

 Gli studi e le realizzazioni  a firma De Carlo hanno trovato terreno fertile anche al Conservatorio dell'Aquila dove egli insegna ed in    seno al quale ha formato il primo nucleo di interpreti che talvolta  egli presenta con l'etichetta di 'Mare Nostrum' ensemble.

Il titolo dell'opera - su libretto di Giovanni Filippo Apolloni - si spiega con la messa in scena di 'intricate vicende amorose dei personaggi che mascherano  la loro vera identità, tra finzioni e sentimenti dissimulati', le quali si districano alla fine dell'opera con un doppio matrimonio ed il classico lieto fine.

La vicenda, come si comprende, non ha nulla di originale e di diverso da tante altre del melodramma seicentesco, altrettanto intricate per effetto di mascheramenti e finzioni. 

Ma la musica, di Stradella, che aveva allora 33 anni ed al quale ancora pochissimi - 6 ancora - resteranno da vivere, ci fa immergere in quel mondo musicale romano seicentesco, animato da corti e palazzi nobiliari, al quale la musicologia più recente si sta rivolgendo per stabilirne i punti fermi. 

La vocalità stradelliana, oggi più conosciuta di ieri, ha fascino e  bellezza, cui è impossibile resistere; giacché  anche un compositore dei nostri tempi fra i più noti: Salvatore Sciarrino, a Stradella ha dedicato attenzione e perfino un'opera, rappresentata alla Scala, un paio di stagioni fa.

 Le forme tipiche dell'opera - dalla ouverture (o sinfonia), al recitativo, all'aria, non sono ancora strutturate; vi domina il recitativo che  sfocia spesso nell'arioso'; arie poche ma ve ne sono, di carattere strofico, non lunghe, intervallate da ritornelli strumentali, brevi ma accattivanti, nella loro apodittica irresistibile bellezza; l'incipit è affidato a pochi passaggi  che sfociano senz'altro indugio in medias res - tanto per essere chiari: quello che farà Puccini in Toscaì'  - e duetti e pezzi di insieme ben caratterizzati ritmicamente, specie nelle situazioni che  si distinguono per colori strumentali.

L'opera di Stradella, come quella di Melani, ascoltata poche settimane fa, tenuta a battesimo a Roma pochi anni prima della nostra (1669, Palazzo Colonna in Borgo), ci fanno immergere in un mondo dove regna incontrastata la vocalità, con tutta la ricchezza di espressione immaginabile, la cura stilistica e la ricerca della bellezza, lontana dalla ricerca della 'verosimiglianza' verso cui il teatro musicale evolverà con altri, diversi esiti.
 Immergersi di tanto in tanto in quel mondo, fa bene non solo all'orecchio ed alla mente, ma anche allo spirito.

E l'immersione alla quale ci costringe Andrea De Carlo con il 'suo' Stradella, procura piacere  anche a riottosi e diffidenti. 


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