La minaccia di Marino di mettere in liquidazione l'Opera di Roma Capitale, è semplicemente uno spauracchio, agitato tanto per mettere paura. Figurati se quei navigati sindacalisti, più bravi come sindacalisti che nel resto, si fanno mettere in ginocchio. Si sa che è assai difficile, anzi impossibile, che si possano portare in tribunale i libri contabili dell'Opera di Roma per chiederne il fallimento. Le si è cambiato anche il nome, in 'Teatro dell'Opera di Roma Capitale', per renderla imperitura, quando si sa che di capitale in quel teatro non c'è molto altro, oltre Muti ed il volenteroso Fuortes. Resta il fatto che i sindacati stanno tirando troppo la corda, manifestando contro un piano industriale definito dal Sovrintendente, nel quale grandi traumi sono evitati.
Che dovrebbero dire i lavoratori di intere fabbriche che sono da mesi in cassa integrazione e senza speranze di trovare un lavoro futuro? Perché è questa la situazione, quei pochi scioperanti irresponsabili non possono far finta di non sapere. Dall'Opera andranno via una sessantina di dipendenti - l'Opera ne ha quasi 500 - a nessuno sarà tolto un soldo dallo stipendio, però tutti si devono mettere in testa che devono LAVORARE, più di quanto lavorano oggi. E' la condizione indispensabile per accedere al fondo 'salva teatri' del Ministero e ricominciare il cammino virtuoso del risanamento economico e della riscossa artistica, che ancora non è garantita, a dispetto della presenza di Muti, che va gridando ai quattro venti che la sua orchestra è oggi una delle migliori del mondo: bum!
Il piano Fuortes, che i sindacati conoscono bene anche se fanno finta del contrario, non è un piano 'lacrime & sangue', quale forse in teatro meriterebbero i molti che non hanno mai protestato per la finanza allegra della gestione De Martino. E se quel piano non accettano immediatamente, riprendendo a lavorare subito a Caracalla anche per la prossima replica di 'Bohème', e continuano invece a tirare la corda, può anche accadere che quella corda si spezzi.
E' inutile continuare a fare la 'faccia feroce', tanto torneranno a fare la 'faccia fessa' come hanno già fatto quando hanno minacciato lo sciopero della prima di Muti e poi l'hanno ritirato.
Meglio non esagerare. E che stiano esagerando lo deduciamo dal fatto che le loro condizioni contrattuali sono più che onorevoli - di questi tempi si può stare anche peggio.
Tornino, perciò, a lavorare, anzi a lavorare di più e poi, in seguito, chiedano di essere compensati per la mole e la qualità del lavoro raggiunte. Adesso rischiano di brutto, i sindacati CGIL e FIALS. Mentre i rispettivi capibastone hanno fatto il voto del silenzio.
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