Contrordine , il clima di guerra all'interno dei teatri romani non s'è dissolto, come ci avevano fatto intendere alcuni fatti dei giorni scorsi. Affatto. All'Opera i sindacati degli scioperanti, sia quelli che alla fine hanno firmato che quelli irriducibili - letteralmente 'una pulce' che vuol farsi sentire dalla maggioranza - hanno semplicemente rimandato la ripresa delle ostilità, a dopo che il piano industriale sarà approvato ( ?) e a settembre quando con Marino e Fuortes verrà discussa la pianta organica del teatro. Ora regna una pace finta e surreale, con la promessa (minaccia) che i fucili hanno sempre i colpi in canna. E loro se non soddisfatti daranno fuoco alle armi. Alla ripresa autunnale. In vacanza ci vanno tutti, scioperanti compresi.
Il ruolo di Marino nella soluzione di questa crisi è stato fondamentale, come abbiamo capito dai ringraziamenti che ha rivolto al consiglio di amministrazione che in questi giorni drammatici si è espresso più d'una volta con posizione decisa e passione, per la soluzione del caso. Ed anche quando ha annunciato che 'dall'autunno il melodramma sarà diffuso nelle periferie', da considerarsi a tutti gli effetti l'annuncio del secolo, anche se non abbiamo capito cosa volesse dire e che necessità avrebbero le periferie della diffusione nei loro territori del melodramma.
Ma dove il ruolo di Marino è stato decisivo su tutta la linea è nella storia del Teatro Valle, una sorta di porto franco dell'arte, pagata dagli altri, esterni. Occupato ormai da tre anni, in totale anarchia, nonostante la bontà dei progetti, con le spese di gestione che se li accolla il Comune, prima l'interventista Alemanno che però si è rannicchiato sotto la sua scrivania al Campidoglio ed ha gridato a chi lo cercava: ' qui comando io e sto dove mi pare; al Valle no, non ci vado, mi menano!', e poi Marino che da mesi promette una soluzione senza che questa arrivi mai, perchè anche quella di oggi, e cioè che entro domani il Valle deve essere liberato per lavori urgenti (o per sfrattare gli occupanti?), nonostante la mediazione degli amici Marinelli-Sinibaldi-Calbi, è stata respinta: "noi di qui non ce ne andremo, se vogliono facciano venire la polizia a prenderci, ci dovranno portar via dal palcoscenico". Dunque anche qui Marino ha fatto cilecca. Non gliene va bene una, perchè anche nel caso del Teatro Eliseo ( terzo caso non risolto, ma rimandato a settembre) chi ci è andato è stato Franceschini ed anche la Marinelli, Marino no.
Finalmente, invece, una buona notizia per Marino, che viene dal matrimonio di Franceschini con la Di Biase, presidente della commissione cultura del Campidoglio. Il ministero, ha detto Franceschini, entrerà nel Festival del Cinema di Roma, purchè resti una festa popolare e presti attenzione alle periferie'. Daje, ma quella delle periferie è una fissa! E solo su questa fissa ministro e sindaco, mediati dalla Di Biase, si trovano d'accordo. Inneggiamo ad un matrimonio fra persone per il bene del paese.
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