In una breve intervista a Paolo Boccacci di Repubblica la 'spalla' dell
'Orchestra dell'Opera di Roma, rispedisce al mittente le accuse di 'sfasciacarrozze' che da molte parti si sono levate contro i dipendenti del Teatro dell'Opera di Roma Capitale, artefici dello sciopero della Bohème a Caracalla,tuttora pendente. Nei giorni scorsi erano state smentite le cifre relative agli scioperanti che non sono il 30% dei dipendenti affiliati ai due sindacati contestatari, bensì il 50%. Come a dire che gli aderenti sono più numerosi, dunque devono avere più voce in capitolo, rappresentando quasi la metà dei dipendenti dell'Opera, mentre, a loro dire, Fuortes tiene fuori dagli incontri istituzionali che avvia con gli altri due sindacati, perchè va dicendo che numericamente, contano poco.
Ma Bolognese dice anche altro. Che lui sciopera non per avere più soldi- benchè guadagni meno di un usciere della Camera ( ma non dice se a fine carriera!) - ma per difendere la qualità. E la qualità vuol dire anche rimpinguare la piana organica dell'orchestra che oggi è a quota 90, mentre dovrebbe essere di 117, e per la cui mancanza ogni volta si scritturano temporaneamente strumentisti esterni.
Non siamo esperti di metri quadrati e di loro capienza, se relativi a strumentisti con strumenti, ma siamo certi che nella buca dell'Opera come di qualunque altro teatro, 117 strumentisti non c'entrerebbero neanche l'uno sull'altro. Forse, in questo caso, Bolognese non dice che per effetto di permessi, motivati e non, ogni volta l'orchestra è sotto organico, quello attuale, e perciò ricorre a contratti esterni. Se l'Opera producesse di più, se tutti i suoi lavoratori lavorassero di più, allora forse di 117 strumentisti, salvo rarissimi casi per strumenti poco usati e quindi non in organico, si sarebbe costretti a ricorrere a esterni.
E Bolognese dimentica forse di dire che l'appartenenza all'Orchestra dell'Opera non impedisce ai suoi strumentisti di svolgere attività esterna - forse qualche volta assentandosi dall'Opera? - attività sacrosanta ma che in nessun caso dovrebbe danneggiare e creare problemi all'impegno professionale principale. E così?
Forse qualche precisazione, perciò, meriterebbe la breve chiacchierata con Paolo Boccacci. Come quella letta proprio oggi, su alcuni giornali, e cioè che Bolognese nei primi sei mesi ha lavorato per 62 giorni complessivamente, ma ha percepito ogni mese lo stipendio per 26 giorni lavorativi. E gli altri quattro mesi che ha fatto? ha suonato nell'esercizio della libera professione? Bene ha fatto. Non è che si è messo a studiare quattro mesi per suonare 62 giorni. Le cose da chiarire sono molte. Come anche andrebbe spiegata e giustificata quell'aggiunta allo stipendio per la trasferta a Caracalla, all'aperto. Siamo pazzi?
Tempo fa una giovane violinista di Santa Cecilia, oggi promossa sul campo, ci mostrò la sua busta paga; allora lavorava con contratti a tempo determinato. Beh, il suo stipendio di allora era più alto del nostro, con una anzianità di quarant'anni di insegnamento in Conservatorio. Dunque sulle cifre che ogni tanto vengono sbandierate per dire a tutti che la vita di un orchestrale è davvero dura, andrebbe fatta una seria riflessione, perché nella maggior parte dei casi sono cifre false e bugiarde. Oggi, in Italia, e forse anche dappertutto, gli orchestrali si devono mettere in testa che il loro è un bel lavoro, affatto mal pagato, e che devono guadagnarselo lo stipendio lavorando di più e meglio. Perché il grande problema di oggi è che il lavoro non c'è anche in campo artistico, dunque chi ce l'ha deve tenerselo stretto e lavorare per meritarselo.
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