giovedì 25 aprile 2024

Due o tre cose che pensiamo dei direttori e delle orchestre

Un direttore deve essere giovane o maturo per assumere la responsabilità musicale di una orchestra?  Deve restare  a lungo o per poco a capo di una orchestra? Chi deve fare il direttore di un'orchestra 'giovanile': un giovane come gli orchestrali o un direttore navigato? Un direttore può avere contemporaneamente un incarico stabile in più orchestre? Quali punti a loro favore hanno i direttori cosiddetti 'specialisti' in determinati repertori? C'è una età per questo o quel repertorio, questo o quell'autore? E. alla fin fine, c'è proprio bisogno di un direttore?

 Queste e mille altre altre domande il critico musicale attento si pone ogni volta che va ad un concerto o apprende dei cambi al vertice di questa o quell'orchestra; le risposte se le dà dopo attenta valutazione ed esperienza - si spera.

Prendiamo alla larga la questione generale. Innanzitutto, l'età di un direttore che assume un incarico stabile in seno ad una orchestra. Deve essere maturo per essere in grado di far fare progressi all'orchestra. E se è giovane? Dipende dalla qualità dell'orchestra. Non si dice di tante orchestre, quelle più blasonate, che potrebbero suonare anche senza direttore?  A quelle forse una ventata di giovanile fantasia ed entusiasmo potrebbe giovare; ma non è detto che riesca sempre.

 Ci sono, è vero, dei giovani direttori dal forte carisma, geniali  ma pur sempre giovani, cooptati da orchestre notissime, e  che sembrano aver fatto niente male. Ma dopo un pò, come in certi ambiti commerciali, l'usato sicuro, un direttore di lunga carriera e grande esperienza , può giovare più del giovane. 

 L'etichetta di 'specialista' all'inizio fa piacere ed anzi può aprire tante porte, ma col tempo  si rivela una sorta di catena che il direttore per primo, dopo essersene giovato, desidera spezzarla. L'esempio di Pretre valga per tutti.

Il caso delle orchestre giovanili che hanno al vertice un direttore giovane è diverso. Siamo convinti che  ci deve essere almeno uno che ne sa più degli altri e che quindi non può essere giovane come tutti. L'esperienza richiede anni di esercizio della professione. L'idea, prevalente, che così crescono insieme, direttore e orchestra, non ha punti a suo favore, stando all'esperienza.

Per un altro caso,  saremmo del parere,  non da molti condiviso, che il tentativo di molti bravi solisti di salire sul podio  spesso frana miseramente. E, nonostante ciò, sembra impossibile dissuadere chi osa. Basterebbe che tutti pensassero a Pollini, pianista fra i massimi di ogni tempo, che per una volta a Pesaro, salì sul podio, per dirigere Rossini (La donna del lago) e che dopo quell'esperienza ne discese, per non più risalirvi.

E il repertorio? Quando ad un direttore giovane fu chiesto: non le fa paura cimentarsi con questo o quel capolavoro che mette pensiero a musicisti in carriera, la risposta fu: capita una volta nella vita questa opportunità. Perchè non approfittare?. Che non è una risposta, perchè non tiene nel giusto conto il rischio che si corre.

 Ma, dopo che un direttore ha avuto un incarico stabile in una orchestra per quanti anni deve  o può restarci? Non pochi, altrimenti rischia di non incidere; ma neanche molti, perchè ad un certo punto non si ha più nulla di nuovo da dire oltre quello che si è già detto. In medio, che non vuol dire 'nella mediocrità', stat virtus. Né pochi , ma neanche troppi.

 E in ogni stagione per quanto tempo?  Si legge  quasi sempre: per 8 settimane, che vuol dire all'incirca due mesi. Bastano? Non è facile decidere, anzi è impossibile, per direttori che corrono da una orchestra all'altra come pazzi (è il caso di Pappano che ora ha lasciato definitivamente Santa Cecilia, e, a breve, anche il Covent Garden, che ha retto contemporaneamente per una ventina d'anni), se sia salutare per la loro carriera e per la salute fisica e mentale.

 A proposito di salute fisica e mentale c'è anche chi ha avanzato che svolgere una professione parallela in un  campo diversissimo sia salutare, come nel caso di Harding che pilota di aerei di linea.

Perchè  tutte queste riflessioni  ora?  Perchè qualcuno,  più precisamente  un nostro collega, milanesissimo,  e chaillyano sfegatato, non dorme sonni tranquilli al solo pensiero che il suo beniamino debba lasciare l' incarico stabile alla Scala, e lancia frecciatine  sul prossimo direttore in pectore, il cui nome è orami noto, Daniele Gatti.

 Da quanto tempo Chailly è alla Scala? Una ventina d'anni circa. Non è lo stesso tempo, più o meno, di Abbado e Muti? Dunque salutare sarà il ricambio.

Tarmo Peltokoski, direttore finlandese, 24 anni, debutta a Roma, a Santa Cecilia. Parole tirate con le pinze. Intervista di Valerio Cappelli

 ...'Il programma non l'ho deciso io'.

...'Vediamo cosa succede. Lo scoprirò durante le prove. Mi hanno detto che la sala è molto grande e non so come risponde il suono, lo scoprirò lavorandoci'.

'...'Sarà interessante soprattutto per il Vaticano'.

... 'Sono finlandese. Parliamo poco e siamo sinceri. I film di Aki Kaurismaki sono un grande esempio'.

...'Io sono della generazione Youtube'.

...'Ho un enorme archivio interpretativo a disposizione'.

... 'Per rompere il ghiaccio. Alla fine siamo tutti felici. Mi piace essere divertente, ma il lavoro deve volgersi in serietà'.

...'Mai bevuta una birra al pub'.

...'Abbastanza normale'.

...'Wagner è la sintesi di tutte le arti'.

...' Partitura, partitura, partitura'.

...'Sono felice, è un onore':

...'Da professionista intende? Niente di speciale'.


                               *****

Queste pochissime righe, e solo queste, costituiscono il contenuto dell'intera intervista - ben oltre la mezza pagina - che Valerio Cappelli, per il Corriere della Sera, ha fatto al giovane direttore finlandese, uscito dalla ormai mitica scuola di Jorma Panula. 

Dalla quale sappiamo innanzitutto, dopo il soliloquio che il giornalista ha fatto con lui, che non ha tanta voglia di parlare. Che è di poche parole, e che parla quasi a monosillabi. Si potrebbe dire nello stile social che però è troppo sintetico per esprimere pensieri.

 Due sole cose abbiamo appreso da/di lui.

 Innanzitutto che possiede un enorme archivio di registrazioni musicali che costituisce, evidentemente, il suo laboratorio di studio.

 Secondo: che da Jorma Panula ha appreso che prima di tutto c'è la partitura. Un messaggio inviato ai fanatici dell'interpretazione.

C'era proprio bisogno di questa intervista, che è  come il tentativo abortito di tentare di cavare una parola dalla bocca di un muto? Perchè, allora, non rinunciare all'intervista e scrivere un pezzo utilizzando quei monosillabi? Per dimostrare che si è talmente bravi, da erigere un monumento senza materia?  ( P.A.)

Andrea Delogu. L'eccessiva esposizione, senza adeguata sostanza, può produrre mostruosità ( da Il Mattino)

 


Andrea Delogu, lo sfogo social: «Non posso sbroccare due volte a settimana ma...»

Andrea Delogu è molto attiva sui social, specie su Instagram dove pubblica diverse storie e post durante il giorno. 

La speaker radiofonica è davvero ironica e non teme il giudizio altrui, motivo per cui, la settimana scorsa ha criticato tutti i cantautori che si lamenterebbero del mercato musicale o del fatto che nessuna casa discografica proponga loro un contratto.

«Forse non è colpa di chi è del mestiere, ma vostra che non vi fate capire», aveva scritto così Andrea scatenando un dibattito accesissimo che, tuttavia, non l'aveva fatta tornare sui suoi passi... anzi. La speaker, dopo lo scambio di battute con i suoi fan e lo sfogo social, aveva aggiunto: «Mi dispiace lo scopriate così ma, sì, sono una st***».

Da questa controversia sono nate le storie pubblicate nelle scorse ore. 

La storia Instagram di Andrea Delogu

Andrea Delogu ha pubblicato una storia in cui è nello studio radiofonico di Rai Radio 2, indossa le cuffie e ha un'espressione un po' imbronciata e pensierosa. La speaker scrive: «Non posso sbroccare una volta a settimana ma... Posso guadare programmi come Ex on the beach divertendomi e non sconvolgere alcuni di voi che si sentono Sciascia o la Merini? Non è che se vi fate due risate ogni tanto, si annullano gli anni di studio eh...». 

Andrea continua: «Prima ti riempiono di lodi per come scrivi e per come la pensi, poi, appena c'è qualcosa di distonico rispetto al loro pensare, ecco il disastro. Addio, finito tutto». Infine, la speaker scrive: «Ora sto guardando un film di Moretti così facciamo pace». 

La simpatia di Andrea Delogu

Andrea Delogu è molto apprezzata su Instagram e, a parte qualche commento negativo, i suoi post riscuotono sempre grande successo tra i fan che amano il fatto che, alla fine dei suoi caroselli, posti sempre un estratto del suo cartone animato preferito: I Griffin. 

Roma.Sfregiata lapide che ricorda i caduti della Resistenza( da Leggo). I fascisti non cambieranno mai


Roma, sfregiata con spray rosso la lapide in ricordo dei martiri della Resistenza a Forte Bravetta

È stata sfregiata una lapide che commemora la Liberazione nel quartiere di Forte Bravetta, a Roma. Nella notte + comparsa una scritta con vernice rossa: «Partigiano stupratore assassino» sulla lapide. Ne danno notizia Elio Tomassetti, presidente del Municipio Roma XII e Daniela Cirulli, presidente dell Anpi XII.

«Inizia così il nostro 25 aprile - affermano - I fascisti, d'altronde non cambiano mai. Questo gesto dimostra l'attualità della lotta antifascista oggi e un motivo in più per essere tanti nei luoghi in cui deporremo le nostre corone in ricordo dei martiri della Resistenza, e per essere dalle 12.30 fino a sera a Forte Bravetta. Ringraziamo la Questura di Roma e il Servizio decoro di Roma Capitale che sono già a lavoro per coprire questo scempio»

Sfregiata lapide dei martiri della Resistenza a Forte Bravetta

«Lo sfregio alla lapide per il 25 aprile a Forte Bravetta dimostra quanto sia ancora importante testimoniare la centralità dei valori della libertà e dell'antifascismo». Così in una nota il sindaco di Roma Roberto Gualtieri. «Non dimenticheremo mai i tanti italiani - aggiunge - che si sono sacrificati per ridare dignità ad un Paese che era stato umiliato dalla dittatura. Naturalmente le squadre specializzate Ama si trovano già sul posto per ripristinare il decoro della lapide». 

Il Forte Bravetta è uno dei tanti forti militari che circondano Roma: al suo interno avvenivano le condanne a morte eseguite nella città di Roma dal 1932 fino al 1945. I condannati erano rinchiusi, prima di essere condotti al forte, nel carcere romano di Regina Coeli, e tutti poi fucilati alla schiena come traditori, come voleva il codice penale fascista. Le condanne considerate sono complessivamente centotrenta, delle quali cinquanta eseguite fino all'8 settembre 1943, su sentenze del Tribunale speciale per la Difesa dello Stato; settanta durante i nove mesi di occupazione tedesca, su ordine delle autorità tedesche e dieci dopo la Liberazione, su sentenze di tribunali italiani e angloamericani.

Vannacci, il generale: non mi dichiaro antifascista ed oggi vado con le mie figlie al mare, non scendo in piazza ( da Il Messaggero). Il generale, che Salvini candida alle Europee, lancia una sfida alla repubblica democratica!

 

Vannacci: «Non mi dichiaro antifascista e me ne vado al mare con le mie figlie, non in piazza»

Il generale Roberto Vannacci lo dice tranquillo mentre presenta il suo secondo libro: «Se mi dichiaro antifascista? No, perché non ha senso. È solo un pretesto fazioso per continuare a dividere la società su cose che sono successe ottanta anni fa».

Vannacci e l'antifascismo, cosa ha detto

 

Il generale non ha ancora sciolto la riserva sulla sua candidatura alle Europee con la Lega, ma intanto presenta il suo secondo libro: "Il coraggio vince", che sembra proprio uno slogan in vista delle elezioni. Ma Vannacci - riporta Repubblica - si sofferma anche sui temi caldi, come la celebrazione della Festa della Liberazione: «Non scendo in piazza, me ne vado al mare con le mie figlie. Non mi dichiaro antifascista perché sono cose successe ottanta anni fa. Questo è solo un pretesto fazioso per continuare a dividere la società».


L'arrivo di Vannacci crea tensioni, una decina di contestatori lo aspetta fuori dal salone delle feste a Bologna. A proteggerlo diverse auto e un cellulare dei carabinieri. E lui si dice vittima di censura. Poi Vannacci sdrammatizza sul monologo oscurato di Scurati e spiega: «Non so come funziona in Rai quindi non so dire cosa sia successo. Mi sembra strano si tratti di censura, perché gli antifascisti hanno tutte le piazze, a che serve censurare un minuto di monologo? Non avrebbe senso, ma se è successo è gravissimo».