Un direttore deve essere giovane o maturo per assumere la responsabilità musicale di una orchestra? Deve restare a lungo o per poco a capo di una orchestra? Chi deve fare il direttore di un'orchestra 'giovanile': un giovane come gli orchestrali o un direttore navigato? Un direttore può avere contemporaneamente un incarico stabile in più orchestre? Quali punti a loro favore hanno i direttori cosiddetti 'specialisti' in determinati repertori? C'è una età per questo o quel repertorio, questo o quell'autore? E. alla fin fine, c'è proprio bisogno di un direttore?
Queste e mille altre altre domande il critico musicale attento si pone ogni volta che va ad un concerto o apprende dei cambi al vertice di questa o quell'orchestra; le risposte se le dà dopo attenta valutazione ed esperienza - si spera.
Prendiamo alla larga la questione generale. Innanzitutto, l'età di un direttore che assume un incarico stabile in seno ad una orchestra. Deve essere maturo per essere in grado di far fare progressi all'orchestra. E se è giovane? Dipende dalla qualità dell'orchestra. Non si dice di tante orchestre, quelle più blasonate, che potrebbero suonare anche senza direttore? A quelle forse una ventata di giovanile fantasia ed entusiasmo potrebbe giovare; ma non è detto che riesca sempre.
Ci sono, è vero, dei giovani direttori dal forte carisma, geniali ma pur sempre giovani, cooptati da orchestre notissime, e che sembrano aver fatto niente male. Ma dopo un pò, come in certi ambiti commerciali, l'usato sicuro, un direttore di lunga carriera e grande esperienza , può giovare più del giovane.
L'etichetta di 'specialista' all'inizio fa piacere ed anzi può aprire tante porte, ma col tempo si rivela una sorta di catena che il direttore per primo, dopo essersene giovato, desidera spezzarla. L'esempio di Pretre valga per tutti.
Il caso delle orchestre giovanili che hanno al vertice un direttore giovane è diverso. Siamo convinti che ci deve essere almeno uno che ne sa più degli altri e che quindi non può essere giovane come tutti. L'esperienza richiede anni di esercizio della professione. L'idea, prevalente, che così crescono insieme, direttore e orchestra, non ha punti a suo favore, stando all'esperienza.
Per un altro caso, saremmo del parere, non da molti condiviso, che il tentativo di molti bravi solisti di salire sul podio spesso frana miseramente. E, nonostante ciò, sembra impossibile dissuadere chi osa. Basterebbe che tutti pensassero a Pollini, pianista fra i massimi di ogni tempo, che per una volta a Pesaro, salì sul podio, per dirigere Rossini (La donna del lago) e che dopo quell'esperienza ne discese, per non più risalirvi.
E il repertorio? Quando ad un direttore giovane fu chiesto: non le fa paura cimentarsi con questo o quel capolavoro che mette pensiero a musicisti in carriera, la risposta fu: capita una volta nella vita questa opportunità. Perchè non approfittare?. Che non è una risposta, perchè non tiene nel giusto conto il rischio che si corre.
Ma, dopo che un direttore ha avuto un incarico stabile in una orchestra per quanti anni deve o può restarci? Non pochi, altrimenti rischia di non incidere; ma neanche molti, perchè ad un certo punto non si ha più nulla di nuovo da dire oltre quello che si è già detto. In medio, che non vuol dire 'nella mediocrità', stat virtus. Né pochi , ma neanche troppi.
E in ogni stagione per quanto tempo? Si legge quasi sempre: per 8 settimane, che vuol dire all'incirca due mesi. Bastano? Non è facile decidere, anzi è impossibile, per direttori che corrono da una orchestra all'altra come pazzi (è il caso di Pappano che ora ha lasciato definitivamente Santa Cecilia, e, a breve, anche il Covent Garden, che ha retto contemporaneamente per una ventina d'anni), se sia salutare per la loro carriera e per la salute fisica e mentale.
A proposito di salute fisica e mentale c'è anche chi ha avanzato che svolgere una professione parallela in un campo diversissimo sia salutare, come nel caso di Harding che pilota di aerei di linea.
Perchè tutte queste riflessioni ora? Perchè qualcuno, più precisamente un nostro collega, milanesissimo, e chaillyano sfegatato, non dorme sonni tranquilli al solo pensiero che il suo beniamino debba lasciare l' incarico stabile alla Scala, e lancia frecciatine sul prossimo direttore in pectore, il cui nome è orami noto, Daniele Gatti.
Da quanto tempo Chailly è alla Scala? Una ventina d'anni circa. Non è lo stesso tempo, più o meno, di Abbado e Muti? Dunque salutare sarà il ricambio.
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