A Palazzo Chigi, col passar delle ore e con la lettura di giornali e siti, i dubbi sull’opportunità di salvare la poltrona di Gennaro Sangiuliano sono stati spazzati via da un vento di rabbia e di orgoglio. Nelle riunioni riservate con Giorgia Meloni e Giovanbattista Fazzolari l’intero staff presidenziale ha passato al setaccio i post di Maria Rosaria Boccia, i «presunti documenti riservati» che la dama bionda ha pubblicato su Instagram, gli articoli dei principali quotidiani.
E la linea che filtra è quella della resistenza: blindare il ministro innamorato, respingere la pressione delle opposizioni che ne invocano il passo indietro, scacciare l’accusa che Sangiuliano sia «sotto ricatto». E rilanciare con forza. Il come ancora non è chiaro e la tensione è palpabile, tanto che alle nove di sera Palazzo Chigi deve smentire la voce di un vertice d’urgenza Meloni-Salvini-Tajani. «Noi non giochiamo al gioco di chi vorrebbe far dimettere un ministro per una questione sentimentale», è uno degli avvertimenti che la premier affida ai suoi.
Perché di una cosa si vanno sempre più convincendo tra Palazzo Chigi e via della Scrofa e cioè che l’influencer di Pompei non può aver agito da sola. Il sospetto è che ci sia «una regia occulta» dietro le astutissime mosse di Boccia, definita «lucida» e «diabolica». E se qualcuno tra i dirigenti meloniani pensa che la donna si sia rivolta a un’agenzia di comunicazione di alto livello, i più si mostrano convinti che Sangiuliano sia rimasto vittima di una macchinazione, ordita da pezzi di opposizione e rilanciata da alcuni media.
«Perché i giornali non fanno l’elenco delle amanti dei ministri del passato? E per quale ragione Sangiuliano si dovrebbe dimettere? Per una relazione extraconiugale? — ecco l’aria che tira a Palazzo Chigi — È una persona onesta e questa è la grande novità rispetto a come il ministero della Cultura è stato gestito fino al nostro arrivo. È il primo ministro che non ha rubato un solo euro sui crediti del cinema». L’idea dei dirigenti di FdI, premier compresa, è che Sangiuliano «sta lavorando per smantellare un sistema consolidato negli anni del Pd». Per questo nei corridoi del Collegio Romano si sarebbe «fatto tanti nemici», che avrebbero strumentalizzato le ambizioni di Boccia con l’intento (politico) di danneggiare lui e il governo.
E adesso ai piani alti dell’esecutivo si studia il contrattacco. Prima mossa, denunciare «il malcostume ereditato dai governi precedenti, che si sono rubati tutto». A cominciare, insinuano i meloniani, «dalla chiave d’oro di Franceschini», anche se l’ex ministro l’ha restituita.
Da quando è arrivata a piazza Colonna, la premier sente di aver «scontentato tutti» e «rotto con coraggio meccanismi consolidati». In Europa si sente tutt’altro che emarginata, rivendica di aver fatto «volare l’economia» e se Sangiuliano è finito nel mirino, è la tesi, non può essere solo per la sua leggerezza. È vero, sulle prime voleva scaricarlo. E se ha trattenuto l’istinto di accompagnarlo alla porta è stato «per non prestare il fianco a chi complotta per buttarci giù». Difesa e attacco, attacco e difesa.
«C’è qualcosa sotto, una sorta di organizzazione — è l’impressione di un ministro —. Per questo Giorgia difende Gennaro». Temi come l’opportunità politica o il dettato costituzionale «disciplina e onore», sembrano destinati a passare in secondo piano. E dunque, se Maria Rosaria non tirerà fuori «cose clamorose» che provino il peculato, il ministro resterà al suo posto.
Nonostante la delusione furiosa della premier, l’imbarazzo che ha arrecato ai colleghi di governo e l’intervista fiume tutta scuse-e-lacrime al Tg1, che anche agli occhi della leader lo ha umiliato, indebolito e screditato.
Meloni ritiene insomma di non potersi permettere cedimenti e non solo perché «non possono essere i giornali e la sinistra a dettare le mie scelte», ma anche per evitare un rimpasto che può innescare la valanga. È decisa a resistere, fino al G7 della Cultura e oltre. La paura però c’è. Paura che la diga non regga, che Boccia continui con lo stillicidio di post, chat e carte potenzialmente compromettenti, paura che il ministro le abbia mentito e, ancora, che si gonfi l’onda di disagio che agita la base di FdI. A Palazzo Chigi non sfugge che la situazione può precipitare da un momento all’altro. «Sangiuliano — sostiene un altro dirigente di FdI — non può durare. Se Giorgia non lo ha sostituito è solo perché un nuovo ministro al G7 farebbe la figura del prestanome». Alla chiusura della Festa del Cinema Sangiuliano non ci sarà, ma dal suo staff sostengono che la passione per Boccia non c’entra: «A Venezia non andò nemmeno lo scorso anno...».
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