"L’assemblea delle giornaliste e dei giornalisti di Repubblica ha approvato a larga maggioranza (164 sì, 55 no, 35 astenuti) una mozione di sfiducia al direttore Maurizio Molinari e proclamato per 24 ore uno sciopero delle firme. Uno sciopero proclamato dal Comitato di redazione per denunciare la gravità dei fatti che hanno portato alla censura del servizio di apertura di Affari&Finanza nel numero dell’8 aprile", è quanto si legge nella nota del Cdr di Repubblica emessa l'8 aprile che prosegue: "Il direttore ha la potestà di decidere che cosa venga pubblicato o meno sul giornale che dirige, ma non di intervenire a conclusione di un lavoro di ricerca, di verifica dei fatti e di confronto con le fonti da parte di un collega, soprattutto se concordato con la redazione. In questo modo viene lesa l’autonomia di ogni singolo giornalista di Repubblica e ciò costituisce un precedente che mette in discussione, per il futuro, il valore del nostro lavoro. Il Cdr considera altrettanto grave che l’intervento abbia portato a bloccare la stampa del giornale, in particolare perché la direzione aveva già dato il via libera alla pubblicazione. È indice di una mancata organizzazione che espone ad arbitrarietà incontrollata il lavoro di tutti".
Prosegue il comunicato: "Il Cdr condanna lo spreco di tempo e di risorse per la ristampa di una parte di Affari&Finanza, in un momento in cui la redazione con l’ennesimo piano di prepensionamenti viene chiamata a nuovi sacrifici; segnala come l’accaduto esponga Repubblica in modo negativo di fronte ai suoi interlocutori esterni e di fronte ai lettori, non ultimo il fatto che per alcune ore sono circolate in rete le due aperture di Affari&Finanza, prima e dopo l’intervento della direzione. Quanto avvenuto è l'ultimo episodio di una serie di errori clamorosi originati dalle scelte della direzione che hanno messo in cattiva luce il lavoro collettivo di Repubblica. Le giornaliste e i giornalisti di Repubblica ritirano dal giornale e dal sito le proprie firme per 24 ore – firme mortificate dall'intervento della direzione – a tutela della propria dignità professionale e indipendenza. Per tutti i motivi sopra elencati il Cdr ha messo ai voti in assemblea la sfiducia al direttore Maurizio Molinari".
Il comunicato in particolare fa riferimento al seguente episodio: il numero dell’inserto economico Affari&Finanza già pronto per la distribuzione che avrebbe dovuto approdare nelle edicole l'8 aprile, all’ultimo è stato ritirato dalla direzione, inviato al macero, e sostituito da una nuova versione, a causa dell’articolo di copertina sugli intrecci economici tra Italia e Francia. L’articolo, firmato da un giornalista tra i più informati su questioni finanziarie, è stato pesantemente corretto e sostituito da un articolo sullo stesso argomento, ma con toni diversi, a firma del vicedirettore per il settore economia di Repubblica. Nella versione originale dell’articolo - circolata sul web - si parla esplicitamente della «consapevolezza raggiunta dalla premier Meloni che l’Italia e le aziende italiane sono state trattate negli ultimi vent’anni come terra di conquista» da governi e imprenditori francesi. «È perciò giunto il momento - scrive l’articolista censurato - di ribilanciare questo rapporto, piantando paletti e invocando reciprocità».
Va segnalato che nelle relazioni economiche fra Italia e Francia diversi capitoli riguardano Stellantis, la ex Fiat che Exor, la holding degli Agnelli-Elkann, ha di fatto svenduto a Peugeot e allo Stato francese. Va inoltre ricordato che a Exor fa capo il gruppo Gedi, cui fanno capo Stampa e Repubblica. Quanto a John Elkann, amministratore delegato di Exor, è pure presidente di Gedi.
Si segnala poi che il 28 marzo i cdr “superstiti” delle testate del gruppo Gedi hanno diffuso un documento critico sulla gestione editoriale, soprattutto in relazione alla cessione del settimanale l’Espresso e di tutti i quotidiani locali. Poche settimane prima, a febbraio, l’assemblea dei redattori di Repubblica ha giudicato «irricevibile» la riorganizzazione del giornale proposta da Molinari, basata sulla centralità del digitale. «A Repubblica è in atto una fuga di lettori superiore alla media di mercato». A dicembre, i circa 400 colleghi, insieme al cdr, avevano definito il loro quotidiano «una nave che affonda».
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